domenica 26 aprile 2020
Micro-recensioni 136-140: ottimo cinema ceco, estroso e fuori dagli schemi!
Dopo il lungo tour in Asia, torno in Europa con una cinquina di film molto particolari del periodo della Nouvelle Vague Ceca, fra la fine degli anni ’50 e inizio anni ’70. Tutti sono più che apprezzati dalla critica (notate i rating), ma per motivi completamente diversi: l’eccezionale fotografia in bianco e nero in formato panoramico che descrive una storia tragica e violenta del XIII secolo, la tecnica usata per parlare di morte e cremazione fra nazismo e buddismo, la follia di un narrazione cronologica sovrapposta a immagini proposte a ritroso, la combinazione (nel 1958) di animazione e disegni fra le parti con attori, un mix sperimentale fra surrealismo e viraggi in tanti colori.
Marketa Lazarová (Frantisek Vlácil, Cze, 1967)
IMDb 8,1 RT 100%
Veramente affascinante dal punto di vista fotografico! Eccellente descrizione dell’ambiente invernale, per lo più innevato, con alternanza di campi lunghi e particolari. La vita dell’epoca, anche con immagini abbastanza crude, viene proposta magistralmente, sia per quanto riguarda gli interni che gli esterni. Ciò è anche frutto dell’enorme lavoro di adattamento (4 anni circa) a partire dall’omonimo romanzo e delle pazienti riprese, distribuite su tre inverni (64-66). Oltretutto il regista, oserei dire abbastanza maniaco, per un lungo periodo fece vivere la troupe effettivamente nei boschi per calarsi nei loro personaggi e pretese che tutti i costumi fossero cuciti a mano.
Pur essendo stato acclamato a livello mondiale, Frantisek Vlácil si è sempre dichiarato insoddisfatto del risultato finale in quanto secondo lui si sente la mancanza degli almeno altri 30 minuti di riprese di interni. Infatti, la sua sceneggiatura prevedeva varie scene (definite “regie”) ambientate alla corte di Venceslao I, connesse con il momento storico e con i contrasti tra cristiani e pagani, e mai realizzate sia per questioni di budget sia per non oltrepassare le 3 ore di durata (la versione standard è di 2h45’). Questa la trovate in 720p su YouTube, sottotitolata in inglese ma, attenzione, i dialoghi sono abbastanza adattati al tempo e quindi non si tratta certo di un inglese moderno, con tanti vocaboli obsoleti o strettamente legati alla vita rutale medievale.
Suggerisco di approfondire su Wikipedia, nella pagina in inglese trovate la trama dettagliata.
Viene in genere considerato il miglior film ceco di tutti i tempi e fra i migliori del genere storico a livello mondiale.
The Cremator (Juraj Herz, Cze, 1969)
IMDb 8,0 RT 100%
Singolare per la trama e per come affronta il tema dell’arrivo del nazismo in Cecoslovacchia, conta su un’ottima tecnica cinematografica complessiva: regia, fotografia e montaggio. Tantissimi sono i primi piani e i primissimi piani, soprattutto di occhi e bocche, di umani ed animali; frequenti rapidi montaggi di scene di pochissimi fotogrammi; molto efficace il modo in cui vengono presentati gli incontri con il suo doppelgänger: grandangolo, sovraesposizione e ridotta profondità di campo …
La storia copre vari anni seguendo la carriera del “crematore”, il quale fornisce anche la voce narrante e pontifica senza sosta con una voce calma e suadente, filosofeggiando sulla vita e sulla morte, sulle miserie umane, sull’anima e la reincarnazione.
Pur sviluppandosi sostanzialmente fra il funebre e il macabro, non mancano frasi argute al limite della commedia nera (“Passiamo per il cimitero, è molto più piacevole” o “Ascoltiamo qualcosa di più allegro … la Danza macabra di Saint Saëns”).
Contenuti terribili e angoscianti sono proposti con tecnica sopraffina e sceneggiatura sagace, l’ottimo montaggio si avvale di pregevoli transizioni come quelle frequenti sui primi piani del protagonista usate anche per lo scorrere del tempo.
Nessun cinefilo dovrebbe perderselo.
Happy End (Oldrich Lipský, Cze, 1967)
IMDb 8,0
Film fra il geniale, lo sperimentale e il folle, conosciuto e apprezzato proprio per tali motivi. Viene proposto letteralmente al rovescio, vale a dire che comincia dalla fine e torna indietro nel tempo mostrando però anche le scene al contrario, quindi persone che camminano all'indietro, e a tavola levano il cibo dalla bocca e lo mettono nel piatto.
Ma ciò che lo rende ancor più particolare sono i dialoghi assolutamente geniali. Infatti, la voce narrante che parla della vita del protagonista cronologicamente a cominciare dalla sua nascita viene intercalata ai dialoghi delle varie scene che si ascoltano invece in ordine opposto. Questi non risultano semplici da seguire in quanto si ascoltano prima le risposte e poi le domande alle quali la risposta precedente può essere adattata e si trova sempre in contrapposizione alla logica o alla situazione.
Altrettanto brillante è il posizionamento dei vari commenti della voce fuori campo in quanto sono logici nella narrazione cronologica della vita del protagonista però possono essere facilmente associati, seppur in modo molto sottile e ironico, alle situazioni mostrate. Non nego che ci voglia un discreto sforzo mentale per combinare le varie azioni osservando prima i risultati e poi le cause, ascoltando i dialoghi come detto al contrario e quindi apparentemente privi di logica o hanno logica opposta ai fatti. Si sovrappongono e si confondono vita, morte, matrimonio e altre situazioni che possono essere interpretate in modo opposto, a seconda dei punti di vista (il matrimonio è la tomba dell'amore?).
Il film si trova in ottima definizione 1080p su YouTube, ma in ceco. Tuttavia, in rete è facile trovare sottotitoli in varie lingue.
Consigliatissimo, ma penso che lo si debba guardare più di una volta per apprezzarlo appieno.
La diabolica invenzione (Karel Zeman, Cze, 1958)
Karel Zeman è conosciuto in ambito cinefilo soprattutto per la sua serie di film (6, fra il 1955 e il 1970) nei quali combinò molto bene storie fantastiche e disegni, talvolta animati. Fu uno dei registi più ammirati da Terry Gilliam dei Monty Python che oltre 10 anni dopo utilizzò simile tecnica ma, a suo dire, senza raggiungere i livelli del regista ceco. Questi film a tecnica mista sono storie fantasy o sci-fi basati su adattamenti di romanzi di Verne o combinazioni di essi, ma uno fu anche la trasposizione de Il barone di Munchausen. In vari casi ha utilizzato le illustrazioni originali dei romanzi, come quelle famose di Dorè, ma anche disegni nuovi fortemente ispirati ad essi.
Anche se ufficialmente ispirato ad uno dei 54 romanzi della serie Voyages extraordinaires (il poco noto Di fronte alla bandiera, 1896), in questo film sono amalgamati elementi di altri romanzi di Verne più famosi come per esempio Ventimila leghe sotto i mari, visto che ci sono sottomarini, palombari e incontri ravvicinati con piovre.
Brillante e piacevole lavoro anche se sostanzialmente ingenuo; notevole per essere stato un antesignano di un genere.
Daisies (Vera Chytilová, Cze, 1966)
Surreale, sconclusionato, parte in b/n e parte a colori (e in questi casi molto colorato), immagini virate in più colori che cambiano rapidamente, scene da comiche mute fino alle torte in faccia, disegni, forbici che compaio continuamente, usate anche per tagliare di tutto, carta, stoffe, cetrioli sottaceto, salsicce, uova sode, banane, …
La trama quasi non c’è, nel frenetico susseguirsi di immagini (un mixaggio più che montaggio) traspare una critica alla società. La lunga scena finale nella quale le protagoniste fanno scempio di una tavola imbandita attirò l’attenzione della censura e ciò fa supporre che la frase “dedicato a quelle persone che si indignano solo per un petto di pollo calpestato”, sovrapposta a riprese reali di bombardamenti, sia stata aggiunta successivamente. Dopo questo film, la regista fu ostacolata in ogni modo pur senza essere inserita ufficialmente nella black list.
Certamente il più banale della cinquina, il più vicino allo stile dell’avanguardia dell’epoca.
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