sabato 25 gennaio 2020

Micro-recensioni 11-20 del 2020: film francesi poco conosciuti, con vari più che buoni

Ed eccoci la seconda decina, tutta francese, ma meno registi contando su 2 film Melville, 3 di Mihaileanu e 2 di Truffaut che però è anche al centro di uno dei due documentari del gruppo insieme con Hitchcock. Il rimanente è una nota commedia del 1939 di Renoir, un classico francese.
Come anticipato nel primo post cinematografico 2020, sono finalmente riuscito a mettere le mani tu una buona copia (restaurata) del primo film di Melville e nella stessa mediateca ho recuperato anche l'ultimo dei suoi film che mi mancava, completando così la visione dei suoi soli 13 film.
 
Le silence de la mer  (Jean-Pierre Melville, Fra, 1949) tit. it. “Il silenzio del mare” * con Howard Vernon, Nicole Stéphane, Jean-Marie Robain * IMDb 7,6 RT 100%
Deux hommes dans Manhattan (Jean-Pierre Melville, Fra, 1959) * con Pierre Grasset, Christiane Eudes, Ginger Hall * IMDb 6,7

Melville (“padrino” e “mentore” dei registi della Nouvelle Vague) e Clouzot sono i miei preferiti registi francesi di metà secolo scorso, soprattutto per i loro noir spesso esaltati da una ottima fotografia bianco e nero. Eppure, questo innovativo e indipendente regista minimalista girò Le silence de la mer con soli 27 giorni di effettive riprese, ma distribuiti nell’arco di numerosi mesi. Infatti, andava a girare solo dopo aver racimolato i franchi necessari (altro che milioni delle produzioni moderne!) per acquistare la pellicola e pagare i due tecnici e i tre attori e ciò gli creò qualche ovvi problemi di continuità … altri tempi!
I personaggi di questo adattamento dell’omonimo racconto di Vercors sono un anziano e sua nipote che vivono in un piccolo paesino e sono costretti ad ospitare un ufficiale nazista che si rivela essere ben diverso da ciò che comunemente ci si potrebbe aspettare. Ben girato, conta su interessanti riprese, belle inquadrature e buone interpretazioni ed è un cult francese non solo fra i cinefili, ma anche fra i cineasti.
Particolare anche Deux hommes dans Manhattan, titolo tradotto letteralmente in ogni altra lingua, ma in Italia a “Due uomini a Manhattan” si preferì “Le jene del quarto potere”! Ancora una volta, da indipendente qual era, oltre che regista e autore (sceneggiò 12 dei suoi 13 film) in questo caso Melville fu anche attore e primo protagonista e il cast comprendeva ben 15 debuttanti, per 7 dei quali quella fu la loro unica apparizione sullo schermo.  
Si tratta di un noir quasi on the road ambientato, come dice il titolo, a Manhattan e si svolge praticamente in una sola lunga nottata. La trama è molto semplice: il giornalista Moreau (Melville) viene incaricato di investigare in merito all’inattesa assenza di un delegato francese ad una importante seduta all’ONU. Accompagnato da un fotoreporter alcolizzato e senza scrupoli, vagherà fra night club, bar, abitazioni private, ospedali, seguito da una misteriosa auto.
Mi sono molto piaciuti entrambi, certamente non sono paragonabili ai classici americani del genere ma ciò non significa assolutamente che siano inferiori, li definirei piuttosto un’alternativa allo stile hollywoodiano.

Cercavo il film Train de vie (1998) di Radu Mihaileanu ma, non avendolo trovato ho ripiegato sui suoi tre film successivi, praticamente la metà della sua produzione complessiva che ammonta a soli 6 film, prodotti fra il 1993 e il 2016, dei quali è stato anche sceneggiatore. Questo regista rumeno, di origini ebraiche, emigrò in Francia nel 1980 (22enne) e lì iniziò la sua carriera cinematografica. Spesso le questioni etniche sotto state al centro dei suoi film, proponendole sotto varie forme, dalle più drammatiche alla commedia grottesca.

   
Va, vis et deviens (Radu Mihaileanu, Fra,2005) * con Yaël Abecassis, Roschdy Zem, Moshe Agazai * IMDb 7,9 RT 88% * 3 Premi a Berlino
Le concert (Radu Mihaileanu, Fra, 2009) * con Aleksey Guskov, Mélanie Laurent, Dmitriy Nazarov * IMDb 7,6 RT 71% * Nomination Golden Globe
La source des femmes (Radu Mihaileanu, Fra, 2011) * con Leïla Bekhti, Hafsia Herzi, Hiam Abbass * IMDb 7,3 RT 70%

Dei tre, il primo si è rivelato molto interessante storicamente e socialmente per occuparsi di una storia relativa all’Operazione Mosè (metà anni ’80, gestita da Mossad, CIA e NSA) con la quale Israele facilitò l’immigrazione di migliaia di falasha (etiopi di colore, di religione ebraica) fuggiti dal loro paese - dove erano perseguitati - verso il Sudan (per lo più islamico) dove sopravvivevano in campi profughi. Si seguono le vicissitudini di un ragazzino cristiano che riesce a fuggire facendosi passare per falasha.
Ovviamente, pur godendo di un a vita infinitamente migliore, l’inserimento nella società israeliana non sarà tutta rose e fiori. In particolare, colore della pelle e religione saranno le sue principali preoccupazioni. Argomenti difficili ma abbastanza ben trattati, per quel che mi è parso di capire senza grandi esagerazioni e quindi film non chiaramente schierato da alcun lato.
Il secondo è quello che mi è piaciuto di più essendo una graffiante commedia grottesca, ambientata fra ex musicisti del Bolshoi, radiati all’epoca di Breznev. Riusciranno ad avere la loro rivincita esibendosi a Parigi sotto mentite spoglie?
Mihaileanu non risparmia nessuno: i russi in generale, la vecchia guardia dai comunisti  di Breznev, il KGB, i nuovi comunisti, gli oligarchi del gas, gli ebrei, i gitani, i francesi e, dal punto di vista professionale, gli impresari teatrali.
Se si è amanti della musica sinfonica, in particolare del Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35 di Tchaikovsky (ai più il titolo non dirà niente ma sono certo che ognuno lo conosce per averlo sentito in più occasioni) il film piacerà ancor di più e nel lungo finale lo si ascolterà in gran parte mentre scorrono le immagini dell’esecuzione, alternate con quelle che mostrano ciò che avviene da un’altra parte e ciò che avverrà successivamente … senza dialoghi, solo musica!
Proponendo una rapida successione di eventi al limite del credibile, o addirittura palesemente incredibili, il film mantiene un ottimo ritmo con numerose sorprese delle quali solo poche sono prevedibili nei termini in cui avvengono. Più che positivo lo consiglio senz’altro.
Dopo queste due visioni, il terzo e ultimo in verità mi ha deluso. Ambientato in Marocco, parte male e si sviluppa peggio fra religione e femminismo. La particolare scenografia e i bei costumi certamente non bastano e le interpretazioni (in particolari quelle maschili) non sono di gran livello. Oltretutto, anche se non dichiarato nei credits, è un ennesimo adattamento della Lisistrata di Aristofane (411 a.C., oltre 24 secoli fa!).

   

Esauriti questi due blocchi passo al resto. 


Tirez sur le pianiste (François Truffaut, Fra,1960) * con Charles Aznavour, Marie Dubois, Nicole Berger * IMDb 7,5 RT 93%

La peau douce (François Truffaut, Fra,1964) * Jean Desailly, Françoise Dorléac, Nelly Benedetti * IMDb 7,5 RT 88%

Hitchcock/Truffaut (Kent Jones, Fra, 2015) * con Mathieu Amalric, Wes Anderson, Peter Bogdanovich * IMDb 7,4 RT 96%

Ho scritto due film e mezzo di Truffaut in quanto ai due interessanti da lui diretti (Tirez sur le pianiste e La peau douce, un quasi noir il primo, commedia sentimentale/drammatica il secondo) si aggiunge il ben noto documentario Hitchcock/Truffaut (di Kent Jones, 2015) che mette insieme parte delle riprese effettuate durante la famosa intervista/dialogo fra i due con spezzoni di interviste e commenti altri registi fra i quali ci sono Scorsese, Bogdanovich e Anderson.

  


La règle du jeu (Jean Renoir, Fra, 1939) * con Marcel Dalio, Nora Gregor, Paulette Dubost * IMDb 8,1 RT 98%

Le mystère Picasso (Henri-Georges Clouzot, Fra, 1959) * con Pablo Picasso, Henri-Georges Clouzot * IMDb 7,7 RT 86%
Questi ultimi due sono un altro documentario ben più difficile (e per me deludente) e una commedia, pietra miliare del cinema d’oltralpe. Clouzot (che apprezzo molto come regista di fiction) ottenne il permesso di filmare Picasso mentre disegnava e così realizzò Le mystère Picasso (1956). Pur contando su due geni artistici, il documentario non riesce a coinvolgere del tutto gli spettatori che, a meno che non siano effettivamente grandi intenditori di arte in particolare delle tecniche di Picasso, troveranno interessanti poche scene manoioso il film nella sua interezza.
La règle du jeu (1939) di Renoir è una commedia oserei dire “sociale”, che critica sia i comportamenti dei nobiltà, aristocratici e arricchiti francesi, sia quelli della numerosa servitù (da quella di casa ai guardiacaccia e ai battitori) presente nella enorme residenza di campagna nella quale si svolge la maggior parte della storia.
Le vicende si intrecceranno in questa commedia a tratti divertente, ma troppo spesso tendente al ridicolo. Comunque un film del girato.

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