330 The
Lighthouse (Robert Eggers, Can, 2019) * con Willem Dafoe e Robert Pattinson
* IMDb 8,3 RT 92% * Premio FIPRESCI a Cannes
Dramma in stile teatrale con solo due
attori: il sempre affidabile Willem Dafoe e il molto migliorato Robert
Pattinson, una sorpresa per chi, come me, se lo ricorda come licantropo
nella saga Twilight. I due vanno su uno scoglio (arduo definirlo
un’isola) a rilevare un’altra coppia di faristi con i quali non scambiano
neanche una parola. Ovviamente, il più anziano (Dafoe) è il responsabile,
l’altro è l’aiutante tuttofare, alla prima esperienza del genere. Dovendo rimanere
lì 4 settimane (che poi diventeranno di più a causa del maltempo) e avendo bei
caratterini la convivenza non sarà semplicissima. Se a questa precaria
situazione si aggiungono l’alcool e le allucinazioni del giovane, le cose non
possono che peggiorare.
La sceneggiatura è opera dello stesso
regista, insieme con suo fratello Max, e non è per niente banale, con forti
implicazioni psicologiche e richiami alla mitologia greca. In quanto alla parte
tecnica, Eggers ha fatto scelte ben precise utilizzando per le riprese
vecchie 35mm, un formato vecchissimo, quasi quadrato, 1,19:1, e pellicola b/n poco
sensibile ben diversa dai nitidissimi risultati dei b/m di ultima generazione.
Certamente in vari punti la storia mi è
apparsa esagerata, ma nel complesso regge più che bene ed è ben messa in scena.
L’ambientazione (sia gli interni, che il faro e l’inospitale isolotto roccioso)
è affascinante, i dettagli sono stati replicati da un faro di inizio ‘900,
compresa la lanterna Fresnel e la sirena antinebbia a vapore che suona
ritmicamente per decine di minuti.
Per specifica volontà degli Eggers,
Dafoe parla un gergo marinaro dell’epoca (fine ‘800) e Pattinson con un
particolare accento dei boscaioli del Maine; se guardate la versione originale
siete avvisati, nessuno dei due idiomi è un inglese normale …
Certamente non è un film per il grande
pubblico, ma ha molti meriti che evidentemente sono stati apprezzati a Cannes
dove ha vinto il Premio FIPRESCI.
Io lo consiglio, ma prima di andare a
guardarlo è bene che leggiate altre opinioni che comunuque, a giudicare dai
rating, sono positive sia da parte del pubblico che da parte dei critici.
326 What
we do in the shadows (Jemaine Clement, Taika Waititi, NZ, 2014) tit. it. "Vita da vampiro" * con Jemaine Clement,
Taika Waititi, Cori Gonzalez-Macuer * IMDb
7,7 RT 96%
Mockumentary-commedia demenziale che
vede protagonisti un gruppo di vampiri, amici da secoli (nel vero senso della
parola) che condividono una casa a Wellington, Nuova Zelanda. Ci sono anche
associazioni di streghe e zombie (con le quali sono associati), ma non mancano
i lupi mannari che fanno vita a sé pur essendo in essere rapporti di “buon
vicinato” (relativo).
Affascinante la grande magione,
ovviamente senza luce solare, ma con scantinati e ripostigli, arredata in modo
estremamente peculiari gli abbigliamenti, i disegni e gli arredamenti. Nella
versione originale il forzato finto accento Europa dell'est per il gruppo di
vampiri (immigrati) contrasta con l'accento neozelandese dei vampiri
moderni e delle loro vittime. Gran spargimento di sangue ma sempre porto in
modo sarcastico e divertente. Ottima anche la scelta dei tanti pezzi della
colonna sonora che comprende classica, rock, musiche orientali e brass band
balcaniche.
Film breve (86’) ma intenso, demenziale
ma arguto, ben girato, ben diretto e ben interpretato. I registi sono anche gli
sceneggiatori, nonché interpreti principali; budget 1,5 milioni di dollari.
Autorevole fonte mi dice che fu
distribuito in versione italiana; il film passò al Torino Film Festival,
ottenendo oltretutto il Premio della giuria. In effetti
è pluripremiato e, visto il successo dei personaggi, dal film ne è scaturita
una serie televisiva (molto apprezzata) giunta ora alla seconda stagione.
Consigliato.
329 Luce (Julius
Onah, USA, 2019) * con Naomi Watts, Kelvin Harrison Jr., Octavia Spencer, Tim
Roth * IMDb 6,9 RT 92%
Sottile dramma famigliare/scolastico, retto
da una interessante sceneggiatura scritta a quattro mani dal regista con J.C.
Lee (basata su un suo lavoro teatrale) e interpretato da un cast di tre
navigati e bravi attori e Kelvin Harrison Jr., promettente 25enne con
alle spalle una ventina di film. Esordì in 12 Years Slave, ha
partecipato a Birth of a Nation e Mudbound, questo
è uno dei 5 film di quest’anno, altri 3 sono già in postproduzione per le
uscite 2020 … sembra ben avviato.
Naomi Watts e Tim Roth sono genitori adottivi di uno studente
modello (eritreo, salvato dalla guerra), apprezzato da tutti, atleta di punta
della scuola, ma ad un certo punto si scatenano una serie di equivoci, mezze
bugie, sospetti, soprattutto a causa della troppo intrusiva insegnante Octavia
Spencer. I continui cambiamenti di atteggiamento dei coniugi (che
cominciano ad avere problemi anche fra loro), l’entrata in scena della sorella
(disturbata) dell’insegnante e di una ex di Luce, l’intervento del preside e
problemi razziali di fondo mantengono sempre alta la tensione. Anche i (soliti)
accesi diverbi, fra uno che vuole la “verità” (quella che viole sentire) e chi
si ostina a ripetere che è quella già detta, sono ben proposti. Più volte
veramente non si sa a chi credere essendo tutto basato su sospetti, voci e
coincidenze che sono tutt’altro che prove certe.
A metà strada fra film drammatico
basato sulla fiducia reciproca che quando viene a mancare è capace di spaccare
anche una (fin lì) unita famiglia e sui problemi di un ambiente multietnico,
con tante esternazioni in merito a guerre e politica, nonché razzismo, Luce
risulta essere un film più che apprezzabile nel quale si nota l’impostazione
teatrale, nel bene e nel male.
Consigliato.
327 Joker (Todd Phillips, USA, 2019) * con Joaquin
Phoenix, Robert De Niro, Zazie Beetz * IMDb
8,8 RT 69%
Todd Phillips, con trascorsi di regista
e sceneggiatore di commedie al limite del demenziale (la serie Hangover,
Old School, Due Date, Borat,
…), si cimenta in un genere completamente diverso, con alti e bassi. Piuttosto
pretenzioso, Joker si fa forte soprattutto dell’ottima interpretazione di Joaquin
Phoenix, che qui appare quasi come un trasformista, sia nell’abbigliamento che
nell’aspetto fisico e, ovviamente, nelle espressioni facciali.
La nascita del personaggio Joker viene
presentata come frutto di una combinazione di storie di prevaricazioni subite,
uno squilibrio generale, difficile situazione famigliare. Nel deludente finale
si vuole generalizzare il discorso facendolo diventare una quasi rivoluzione,
esaltando differenze e contrasti sociali. Poco chiaro e aperto a varie
interpretazioni è il rapporto fra il protagonista e Sophie che rimane un po’ a
margine della storia. Riferimenti a film di Scorsese quali Taxi
Driver e King of Comedy (entrambi con DeNiro
protagonista, presente anche in questo film) sono ripetuti più volte. Una
menzione di merito va invece all’ottimo e originale commento musicale e anche
la colonna sonora è più che appropriata.
Per quanto mi riguarda, certamente non
vale l’attuale rating IMDb (8,8 … ridicolo!), mentre mi sembra più appropriato,
anche se forse un po’ generoso, il 69% di RT e infatti il Metascore è solo 59.
In conclusione appena sufficiente.
328 Journal
64 (Christoffer Boe, Dan/Ger, 2018) * con Nikolaj Lie Kaas, Fares Fares,
Johanne Louise Schmidt * IMDb 7,4 RT 82%p
Poliziesco non brillantissimo e per lo
più abbastanza scontato, con troppi flash back, almeno più del necessario. Trama
molto forzata, adattata da un romanzo di Jussi Adler-Olsen, con avvenimenti
mostrati o narrati compresi fra il 1961 e il nuovo millennio, ovviamente con
alcuni protagonisti in comune.
Ho ritrovato Fares Fares, buon protagonista
in The Nile Hilton Incident (ambientato in Egitto ma prodotto in
Svezia) visto pochi giorni fa; libanese, attore dal 2000 in Svezia, esordì al
cinema nel 2012 in Safe house nel ruolo di un antagonista di Denzel
Washington … volto molto caratteristico.
Guardabile, ma nulla più.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
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