In questo gruppo domina un “film dell’anno”
americano (l’ultimo di Tarantino) che si distingue nettamente dagli altri,
4 film giapponesi (o tre, a seconda di come si voglia considerare quello di Mizoguchi)
di genere completamente diverso fra loro, anche se uno li comprende quasi tutti
...
325 Once Upon a Time in Hollywood (Quentin
Tarantino, USA, 2019) * con Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie *
IMDb 8,0
RT 85%
E per questo film si dovrebbe aprire un
discorso pressoché senza fine, dati i suoi tanti livelli di lettura, tanti
ottimi, alcuni un po’ eccessivi. Cercherò di essere stringato per quanto
possibile.
Senz’altro è diverso dai film
precedenti di Tarantino, non solo come contenuti ma come struttura in
quanto è più vicino a un collage che a una storia con una certa linearità … ma
non è che critichi la scelta. Ciò che ho trovato un po’ sovrabbondante è la quantità
di citazioni e non per immagini (come spesso accade) ma con tanti nomi di
attori, registi, cantanti che ovviamente non possono essere tutti conosciuti,
specialmente alle nuove generazioni. Oltretutto, molti si riferiscono a serie
TV americane di oltre mezzo secolo fa e i B-movie la fanno da padrone. Per
esempio, la parte “italiana” del film si riduce ad una serie di titoli e di
nomi, appare qualche poster e nulla più.
Detto di ciò che non ho apprezzato,
tutto il resto è di livello più che buono come era lecito aspettarsi da Quentin
Tarantino, secondo me un genio innovativo seppur legato alla classicità
della cinematografia. Leonardo DiCaprio e Brad Pitt offrono
ottime performance e sembrano trovarsi assolutamente a proprio agio in coppia.
Ho letto che in effetti anche loro hanno gradito e che sperano di lavorare di
nuovo insieme, qualcuno ha aggiunto potrebbero essere una nuova coppia in stile
Paul Newman – Robert Redford.
I volti noti sono tanti e non solo
quelli della solita gang di Tarantino, quasi tutti comunque ridotti ad apparire
in poche scene, ma in modo significativo. Per esempio Kurt Russel e Zoë
Bell sono qui partner e non più avversari mortali come in Death Proof
(2007, Tarantino), ma torniamo al cappello … bisogna saperlo. Al posto
di Bruce Dern ci sarebbe stato Burt Reynolds (se non fosse morto
prima dell’inizio delle riprese) e avremmo visto anche Tim Roth (se non avessero eliminato
la sua parte). I dialoghi sono spesso taglienti e la sceneggiatura per lo più
snella e divertente, ma il film prende il volo solo nell’ultima parte quando, dopo
tanta reverente venerazione per gli anni ’60 (non solo film e tv, ma anche abbigliamento,
auto e musica) esplode il Tarantino che conosciamo, in un crescendo di sorprese e colpi di scena (specialmente per chi conosce gli eventi legati al caso Tate/Manson),
suspense e violenza esagerata di puro genere splatter.
Quindi giudizio più che positivo, pur
essendo limitato da ciò che per la maggior parte degli spettatori è quasi
ermetismo, vale a dire tante citazioni sicuramente significative, divertenti e sarcastiche che si è certi che Tarantino abbia accuratamente scelto e inserito
al momento giusto (in questo campo non lascia niente al caso), ma che non tutti possono cogliere.
Potrei aggiungere qualche altro
commento, ma sarebbero degli spoiler.
Da non perdere.
323-4 The 47 Ronin - I e II (Kenji Mizoguchi,
Jap, 1941-1942) tit. or. “Genroku Chûshingura” * con Tetsurô Tanba, Gô Katô,
Kensaku Morita * IMDb 7,4 RT 82p%
Anche se in seguito furono proposti
come unico lungo film, si tratta di due film girati separatamente, usciti a
vari mesi di distanza ed è risaputo che Mizoguchi provvide ad alcuni
adattamenti, tenendo conto di alcune critiche ricevute in merito al primo. Si
tratta di una storia di onore e lealtà di samurai (divenuti ronin per non avere
più padrone), adattamento di lavori teatrali di Mayama Seika basati su eventi
reali.
I fatti si svolgono nei primi anni del
1700 ma, considerato il particolare periodo all’inizio della II Guerra
Mondiale, il film fu commissionato con finalità di propaganda morale. Appena
una settimana dopo la premiere della prima parte ci fu l’attacco giapponese
alla base americana di Pearl Harbour.
Film senz’altro ben realizzato ma, in
puro stile di Mizoguchi, molto lento, in particolare nella prima parte.
Al contrario di quanto molti possano pensare, non c’è alcun combattimento e
solo una spada viene sfoderata nelle circa quattro ore totali. Tutto si
sviluppa a livello di discussioni in merito a onore, giustizia, vendetta,
politica … e harakiri. Suggestivi gli interni dei palazzi, i costumi e i tipici
cerimoniali giapponesi.
Imperdibile per chi non abbia
idiosincrasia per questo genere di film … tutti gli altri lo troveranno noioso.
Film dalla costruzione molto interessante,
per la cui corretta interpretazione bisogna procedere abbastanza avanti nella
visione. Il preambolo propone un omicidio multiplo e poi subito si passa ad un
montaggio intrecciato di varie storie con giovani personaggi singolari e
diversi fra loro (ma in un certo senso simili). Quale sia il legame fra loro
non è chiaro, né si percepisce immediatamente se siano contemporanee o si tratti di flashback, né se,
come e quando confluiranno in una storia unica.
Sotto questo punto di vista, il film
risulta avvincente e mantiene sempre viva l’attenzione dello spettatore, anche
perché molti personaggi danno l’idea di mentire ma non è sempre così. Pur non
essendo un poliziesco vero e proprio (c’è molto spazio per amore e passione),
non mancano momenti di tensione e suspense.
Merita una visione.
322 The
Happiness of the Katakuris (Takashi Miike, Jap, 2001) tit. or. “Katakuri-ke
no kôfuku” * con Kenji Sawada, Keiko Matsuzaka, Shinji Takeda * IMDb 7,1
RT 66%
L’impareggiabile Jeannie, factotum del
Movie Museum che di solito raccomanda i film, stavolta mi aveva avvertito: “Questo
film è molto strano” … ed aveva ragione! Assolutamente indefinibile, parrebbe
una revisione di vari generi, fra parodia e surrealismo, personaggi
caricaturali che più volte interagiscono con figure di plastilina animate (claymation),
qualche pezzo in stile musical! Ovviamente, questa sua incredibile miscela ha
ricevuto plausi da alcuni (forse maggiori conoscitori dei sottogeneri
giapponesi) ma anche tantissime stroncature da parte di altri.
Personalmente,
ho apprezzato solo poche trovate che comunque non giustificano valutazioni
complessive positive ma, ripeto, potrebbe esserci tanto altro che i non
giapponesi non possono apprezzare. Non lo consiglio, anzi suggerisco di evitarlo.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire dal 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate su questo blog.
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