Questa cinquina si include i film guardati
durante il viaggio: un capolavoro di Tarkovski, due classici americani e due
candidati (secondari) agli Oscar di un paio di mesi fa.
Anticipo che nelle prossime settimane le mie
pubblicazioni saranno più frequenti con molti titoli poco noti, prime visioni e
classici di qualità che vedrò alla Cineteca Nacional Mexico nell'ambito della
66 Muestra Internacional de Cine, di una ottima retrospettiva della Gaumont (la
più longeva casa di produzione, attiva dal 1895, 124 anni di cinema), oltre a numerose prime
visioni latine.
Aspettatevi molte novità e, spero, varie
buone sorprese. Stay tuned.
128 L’infanzia di Ivan (Andrei Tarkovski, URSS, 1962) tit. or.
“Ivanovo detstvo” * con Nikolay Burlyaev, Valentin
Zubkov, Evgeniy Zharikov * IMDb 8,1 RT 100%
* Leone d’Oro a Venezia
Molti
conoscitori di Tarkovski giudicano senza
esitazione L’infanzia di Ivan il
suo miglior film; io non saprei proprio stilare una classifica per avere, nella
pur limitata produzione dell'ottimo regista/artista russo (appena 10 film),
molti validissimi concorrenti. Inoltre, questi sono di genere, durata, stile
troppo diversi per essere veramente comparati.
Tuttavia,
alcuni elementi ricorrenti come le ambientazioni nella natura e le riprese di
acqua e fuoco, nonché quelle dei riflessi sono ancora una volta di qualità
oserei dire sublime, tanto che la pur interessante e ben interpretata trama
passa quasi in secondo piano.
Bando alle
chiacchiere, guardatelo ... anche nel caso lo abbiate già fatto in passato.
127 Elmer
Gantry (Richard Brooks,
USA, 1960) tit. it. “Il figlio di Giuda” *
con Burt Lancaster, Jean Simmons, Arthur Kennedy, Shirley Jones *
IMDb 7,8
RT 97% * 3 Oscar (Burt Lancaster protagonista, Shirley Jones non protagonista,
sceneggiatura) e 2 Nomination (Miglior film e colonna sonora)
Ennesima piacevole
scoperta questa di Elmer gantry con una superba interpretazione di Burt Lancaster.
Premetto
che, al di là della qualità di questo film, sono sempre affascinato dai
"predicatori", di qualunque genere, persone che sanno sempre
scegliere le parole più adatte alla platea che li ascolta, inserire "frasi
a pompa" nel momento opportuno, interpretare magnificamente il loro ruolo
sia con sapienti variazioni del tono di voce che con la gestualità. Elmer Gantry è un rappresentate
di commercio di scarso successo a dispetto delle sue innegabili doti oratorie,
un parolaio, un venditore di fumo, uno sempre pronto a intrattenere i possibili
acquirenti con storielle e con battute sempre pronte. In un momento
particolarmente negativo coglie alvolo l'opportunità di mettere la sua
parlantina al servizio di una carovana itinerante di "revivalisti",
capeggiata da Sharon (Jean Simmons).
Forse troppo apocalittica la conclusione, ma senza dubbio i dialoghi, gli
eventi e i personaggi dai caratteri molto contrastanti delle prime due ore sono
di gran qualità.
Suggerisco
la visione, possibilmente in versione originale in quanto i toni di voce di Burt Lancaster predicatore non sono
doppiabili così come la sonorità dell'americano in confronto all'italiano, non
migliore o peggiore, semplicemente diversa.
126 Giant (George Stevens, USA, 1956) tit. it. “Gigante” * con Elizabeth Taylor, Rock Hudson, James Dean * IMDb 7,7 RT 95% * Oscar per la miglio regia e 9 Nomination (miglior film, Rock Hudson e James Dean protagonisti, Mercedes McCambridge non protagonista, sceneggiatura, scenografia, montaggio, costumi, musica)
Qualcuno
certamente non sarà d'accordo, ma penso che questo kolossal di 3h20' con grandi
nomi nel cast sia nel complesso sopravvalutato .. e non sono neanche d’accordo in
quanto alla Nomination di James Dean
che, secondo me e seppur con la giustificazione di essere giovane e senza
grande esperienza, grande attore non fu. La fama successiva (come avviene in
molti campi) è probabilmente attribuibile alla sua morte prematura, a 24 anni,
con soli 3 veri film all'attivo (nei primi 4 fu uncredited); questo il suo
ultimo dopo La valle dell’Eden
e Gioventù bruciata, entrambi
del 1955.
Un altro
appunto che mi sento di muovere è una pecca comune a molti film che pretendono
di raccontare vari momenti della vita dei protagonisti, spaziando in vari
decenni, senza cambiare attori ... spesso il trucco non basta.
C’è tanta
America in questo film, dal mantenimento delle tradizioni alla corsa al petrolio, dalla guerra al razzismo, dall'appartenenza alla famiglia al sogno americano e mettendo troppa carne a cuocere
si sa che si finisce per essere banali.
Senz’altro è
di buona qualità ma, ripeto, sopravvalutato.
130 Can You
Ever Forgive Me? (Marielle Heller, USA, 2018) tit. it. “Copia
originale” * con Melissa McCarthy, Richard E. Grant, Dolly Wells *
IMDb 7,2
RT 98% * 3 Nomination (Melissa McCarthy protagonista, Richard E. Grant non protagonista,
sceneggiatura)
Sembra che questo film sia passato quasi inosservato nonostante le 3
nomination Oscar, ma ciò, a parte le pochissime eccellenze della scadente
edizione 2019, è successo anche ad altri come If Beale Street Could Talk e The Ballad of Buster Scruggs (questo per essere reperibile
quasi esclusivamente online, come Roma)
tanto per citarne un paio.
La trama (basata su una storia vera) è interessante ma un po’
ripetitiva, Copia originale (ennesimo titolo italiano estemporaneo) si regge
praticamente solo sulle interpretazioni di Melissa
McCarthy e Richard E. Grant,
entrambe più che apprezzabili e ripagate con Nomination.
Guardabile, ma niente di particolarmente interessante.
129 At
Eternity’s Gate (Julian Schnabel, Irl, 2018) tit. it. “Van Gogh - Sulla
soglia dell'eternità” * con Willem Dafoe, Rupert Friend,
Oscar Isaac * IMDb 6,9 RT 80% * Nomination per Willem Dafoe
protagonista
Mi ha molto deluso, pur avendo già ricevuto varie informazioni non
proprio incoraggianti. Poca a zione e pochi dialoghi, lunghe scene caratterizzate
solo da un ritmato sottofondo musicale seguendo Van Gogh che va in giro a piedi fra i campi della Provenza e
Camargue o mostrando la sua mano che dipinge. Per di più, il pur bravo Willem Dafoe (attore che apprezzo
molto) è assolutamente inadatto al ruolo essendo chiaramente troppo in là con
gli anni (63enne) per interpretare l’artista che morì a 37 anni.on
Avendo guardato da poco Lust
for Life (1956, Brama di vivere, Kirk Douglas e Anthony Quinn,
Nomination al primo e Oscar al secondo) è stato inevitabile il confronto e
questo film Schnabel ne esce perdente sotto tutti gli aspetti. Non mi è piaciuto né il modo
in cui è girato (troppa camera a spalla e ripetute evidenti sfocature delle
quali non sono riuscito a immaginare un motivo), né la scelta dei momenti della
vita dell'artista, né quella delle sue opere, né la superficialità con la quale
sono trattati il fratello Theo e Gaugin e, infine, l’ennesima interpretazione
del “suicidio” (?).
Della ventina di film che si sono occupati di Van Gogh, questo certamente è fra i meno interessanti.
Le oltre 1.400 precedenti micro-recensioni dei film visti a partire da gennaio 2016 sono sul mio sito www.giovis.com; le nuove continueranno ad essere pubblicate, in gruppi di 5, su questo blog.
Can u ever forgive me mi dà la pregiudiziale sensazione di essere un "polpettone" già dalla sinossi. Non riesco a vederlo. Forse quando arriverà su Sky ci proverò.
RispondiEliminaMi stupisco di At Eternity's gate che ho perso e mi è dispiaciuto. Non è quella meraviglia di cui mi hanno parlato, dunque. Posso attendere, pare.