Trattandosi di serie televisiva e non di film, avendola guardata tutta nell'arco di 10 serate e volendo scrivere questo relativamente breve commento onnicomprensivo, ho scelto di inserirlo in questo blog e non semplicemente in Google+.
249-258 * “Tintin”
(Stéphane Bernasconi, Can, 1991-92) * animazione
La serie consta di 21 storie create
da Hergé, divise in 39 puntate (18 in 2 parti + 3 episodi singoli) di una
ventina di minuti ciascuna , per una durata complessiva di circa 14 ore.
Gi eventi sono riportati in modo pedissequo, utilizzando
perfino alcuni inserti di disegni originali, punto di inizio dell’animazione
della scena successiva.
Pur restando fedele allo spirito del personaggio dei
fumetti, Stéphane Bernasconi e gli sceneggiatori hanno dovuto edulcorare un po’ le trame eliminando buona parte della violenza e dell’uso di armi, oltre alla quasi
scomparsa del fumo e del bere (in poche occasioni si vede Haddock, noto beone,
ubriaco).
I protagonisti sempre presenti al fianco di Tintin
sono il Captian Haddock e il fido cane Snowy (Milou), un fox terrier
stranamente tutto bianco, uno dei cani più accettabili, simpatici e “umani” (ma
non umanizzato) dello schermo, che non viene presentato come un genio infallibile
ed è sempre pronto a farsi distrarre da un qualunque osso (anche se di solito ci
ripensa e si comporta come ci si aspetta). Nella maggior parte delle storie
compaiono anche il Prof. Calculus (Professeur Tournesol, geniale, ma abbastanza
distratto e sordo come una campana) e gli ineffabili detective Thompson e
Thomson (Dupont et Dupond), fonte inesauribile di danni, equivoci, incidenti e
incomprensioni, un po’ arroganti e sempre ripetitivi, con un classico accento
inglese che contrasta con il più “americanizzato” tono di Tintin e di tutti gli
altri con forti caratterizzazioni di diverse etnie.
Altri personaggi compaiono di tanto in tanto in ruoli
importanti, mentre in altri casi la loro presenza si limita a brevi incontri.
Fra loro ce ne sono di “buoni” come l’insopportabile soprano Bianca Castafiore
(“l’usignolo milanese”), alcuni un po’ equivoci come il Generale Alcazar, ma
soprattutto di cattivissimi come Rastapopoulos e Doctor J.W. Müller, criminali internazionali dediti a
ogni tipo di azioni e imprese scellerate, dal contrabbando, alle rivoluzioni,
allo spionaggio industriale, alla tratta di esseri umani, puntualmente smascherati
e sconfitti da Tintin.
Anche chi avesse poca familiarità con questa famosa
serie di fumetti avrà senz’altro capito dai nomi che ognuno dei suddetti
personaggi di contorno (similmente a quelli che compaiono in un solo episodio)
è legato ad un paese diverso e quindi a vari stereotipi, resi tuttavia con
garbo e ironia. Tintin è un reporter ed è sempre pronto a partire, qualunque
sia la destinazione, in particolar modo se il motivo è aiutare o soccorrere un
amico e infatti il tema dell’amicizia è l’asse portante di gran parte delle
storie.
La professione di Tintin (reporter) e la sua disponibilità
a viaggiare fanno sì che le storie siano ambientate nei posti più diversi, dalle
giungle ai deserti, dagli oceani alle vette tibetane, dai paesi arabi a quelli
dell’America Latina e finanche sulla luna.
Il disegni sono essenziali, l’espressività facciale
si basa soprattutto sulle sottili linee (sempre di forme diverse) che
rappresentano le sopracciglia, i colori pastello di sfondi e particolari
rendono piacevole e “leggera” la visione, le sequenze di immagini (spesso
abbastanza rapide) sono significative e di tipo cinematografico classico. Quasi
ogni episodio potrebbe essere preso come storyboard di un noir, un film di
avventura o di spionaggio.
In generale ho trovato tutti gli episodi molto
piacevoli, ben costruiti, pieni di colpi di scena, coinvolgenti con la sola eccezione,
forse, degli ultimi episodi nei quali c’è un po’ meno azione e più “filosofia”.
La serie nel suo complesso è consigliata,
consigliata, consigliata.
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