lunedì 30 gennaio 2017

Ritorno a Honolulu (introduzione) ... ma che odissea!

Dopo poco più di “sole” 56 ore (2 giorni e 8h) dal momento in cui sono uscito di casa in Italia, eccomi nella casa che mi ospiterà durante le prossime 9 settimane. Il viaggio e stato più lungo del previsto con una serie di intoppi (niente di serio, per fortuna) che tuttavia hanno allungato a dismisura i tempi. A quanto già accennato nel post precedente (3h di ritardo in partenza da Francoforte) se ne sono aggiunte due di sosta in pista dopo l'imbarco, uno scalo intermedio non previsto a Chicago, la protesta anti-Trump all'aeroporto di San Francisco, l'inevitabile pernottamento (solo 4 ore effettive) nei pressi dell'aeroporto e infine un’ora e mezza di ritardo nella partenza dell’ultimo volo a causa di turbolenze lungo la rotta. Praticamente non mi sono fatto mancare niente! Cosa avrei potuto desiderare di più?
Koko Crater (all'interno c'è uno dei 5 Orti Botanici)
Già non sono uno che si lamenta e quindi meno che mai lo farò in questo caso, all’inizio di questo nuovo svernamento (seppur parziale) quasi lungo il meridiano opposto a quello di casa (oltre 172° sui 180° possibili), una ventina di paralleli più a sud, in una delle mie situazioni preferite: isola vulcanica, clima tropicale stabile, natura e cultura. Per la (mia) perfezione manca solo il buon cibo tradizionale (qui c'è poca varietà, condizionata ovviamente dall’isolamento), ma sopperirò egregiamente frequentando i tanti posti dove mangiare buon cibo a Chinatown, non solo cinese, ma anche giapponese, coreano, vietnamita, filippino. 
In effetti queste cucine sono quelle che si potrebbero considerare locali in quanto gli asiatici rappresentano oltre il 41% della popolazione con predominanza di giapponesi e filippini, i “bianchi” sono solo il 24%, i polinesiani (inclusi gli hawaiani) sono meno del 10% e gli afroamericani e nativi americani 2%. Gli altri, poco meno di un quarto della popolazione complessiva di circa 1,2 milioni, sono di sangue misto. Al di là dei meri numeri, ciò aiuta anche a capire quale diversità culturale si incontra considerando solo i residenti e non i turisti, quasi tutti nordamericani, che comunque si concentrano in poche ben determinate località.
Visto che saranno vari i post relativi alle mie prossime attività sull’isola, ecco una succintissima presentazione delle Hawaii e di Honolulu, giusto per dare un'idea della realtà, abbastanza differente ma non per questo peggiore, di quella dell'immaginario collettivo.
L’arcipelago si trova "sperduto nell'Oceano Pacifico, a quasi 4.000km dalla California e oltre 6.000 dal Giappone ed è composto da numerosi isolotti e da 8 isole di dimensioni maggiori molto varie, le più famose delle quali (per turismo) sono Maui e Kawai, quella di gran lunga più grande, Hawaii, dà il nome all’intero gruppo e per evitare possibili confusioni è chiamata anche Big Island (isola grande), la più popolata, con aeroporto internazionale, è Oahu che viene identificata con la sua capitale Honolulu.
Questa è una città molto ben organizzata, con un ottimo sistema di trasporto pubblico che si estende su tutta l’isola, teatro lirico con orchestra propria di riconosciuta qualità, ottimi musei e giardini botanici. Le luoghi più frequentati dai turisti sono il Pearl Harbour Memorial e la famosa spiaggia di Waikiki, che non rientra nei miei progetti. Anche nei 5 mesi di permanenza a cavallo fra 2007 e 2008, ci passai solo una volta vicino e non ho alcuna intenzione di tornarci. 
   
Al contrario, lunedì domani mattina andrò a incontrare lo staff degli Honolulu Botanical Gardens (ben 5, ognuno con caratteristiche diverse) con i quali collaborerò per buona parte del tempo, mercoledì ho in programma la prima escursione con gli amici Solemates mentre domenica potrei andare in giro con i miei vecchi consoci dell'Hawaiian Trail & Mountain Club (HTMC). Come si può immaginare anche dalla mappa ci sono due sistemi montuosi ben distinti, quello a NW molto arido e il più recente crinale di chiara origine vulcanica che corre parallelo e vicino alla costa NE. Su quel versante si trova anche la valle che è stata set di tanti famosi film fra i quali tutti quelli della serie di “Jurassic Park”,  
Ad Oahu si può veramente scegliere fra tante interessanti attività sportive (oltre all’escursionismo, importantissimi sono il golf e il surf, ma si pratica anche diving, snorkeling e tanto altro) e numerose culturali molte delle quali organizzate dall’ottimo Honolulu Art Museum e dal già citato Teatro.
Per quanto mi riguarda, dividerò il mio tempo fra attività all’aperto quali le mie solite escursioni e la collaborazione con gli Orti Botanici e al chiuso delle sale cinematografiche (del Movie Museum, del Doris Duke Theatre e commerciali) non disdegnando qualche andata in spiaggia e gli abituali party con gli amici escursionisti (quasi ogni settimana).
Nelle prossime settimane aspettatevi quindi foto scattate nel corso delle escursioni, immagini di piante, fiori e alberi tropicali, tante recensioni di film (buona parte dei quali non giungeranno mai in Italia) e vari post relativi alla cultura polinesiana in generale, hawaiana in particolare.

sabato 28 gennaio 2017

Meglio prendersela allegramente, innervosirsi non migliora la situazione

Ciò è vero, secondo me, nella maggior parte dei casi. 
Breve cronaca delle ultime 10 ore e previsioni.
Un nuovo utile servizio (sulla carta), una positiva esperienza (mancata) e altri intoppi. Meglio affrontarli tutti e subito e poi avere la strada spianata per il resto del viaggio ... speranza da ottimista quale sono. Sarà certamente così.
Dovendo partire praticamente all'alba e vivendo a oltre un'ora (nella migliore delle ipotesi) dall'aeroporto, ho deciso di andare a dormire nei pressi dello stesso. Per mia fortuna, proprio un paio di settimane ero venuto a conoscenza dell’apertura di una nuovissima struttura - pare sia la prima del genere in Italia - nei pressi del Terminal 2, a poche centinaia di metri dall’ingresso partenze dell'1. Sui giornali l'hanno chiamato capsule hotel e in altri modi dando talvolta l'idea che si trattasse di quei tipi di strutture ad alveare nelle quali si dorme o semplicemente si riposa per poche ore in spazi più che angusti che somigliano tanto a dei loculi o “tubi” per TAC o risonanza.
esempio di capsule hotel, non è quello di Napoli

Uno così l'avrei scartato ma, essendomi informato e avendo scorso le foto mi sono convinto che si trattava di tutt'altra cosa e che comunque offriva veri letti in stanze, piccole, ma stanze (2x2m), tutte fornite di wifi e il cliente ha a disposizione un bagno con doccia, esterno, ma ad suo uso esclusivo.
Per mia sfortuna l'avviamento del sito e del sistema di prenotazioni online si è rivelato un po' più complicato del previsto e così, giunto all’ingresso, l’ho trovato chiuso!!! Quanto scritto dai giornali si è rivelato essere solo la presentazione alla stampa e non la tanto sbandierata “inaugurazione”.
Con la cortesissima assistenza del titolare di una vicina attività sono comunque riuscito a trovare un altro posto ... peccato. Mi sarebbe piaciuto mettere al corrente i miei “colleghi”viaggiatori di questo tipo di servizio che, una volte attivo, potrà essere di grande aiuto e sollievo a chi deve partire prestissimo e chi ha lunghe attese. L’idea è senz’altro apprezzabile anche se non nuovissima, spero di poterne usufruire in una prossima occasione.
BTW - mi hanno offerto un pernottamento omaggio (... quando sarà aperto)
Il servizio sveglia dell’albergo non ha funzionato, ma per fortuna mi sono svegliato a tempo.

Poco dopo è arrivato un SMS con l’annuncio di un ritardo di 3 ore su un volo intermedio, il che significa che certamente perderò il successivo ... forse riuscirò a stabilire il mio nuovo record di “viaggio più lungo”.

martedì 24 gennaio 2017

Da domenica 29 sarò in grandissime difficoltà ... cinefile

Avendo la fortuna di viaggiare in un paese cinematograficamente civile, avrò la possibilità di guardare al cinema ed in versione originale tanti ottimi film, ad appena un paio di km dalla mia residenza temporanea. Chiaramente non mi lamento di questo problema di abbondanza, anzi sono più che contento di doverlo affrontare, anche se penso che dovrò fare gli straordinari e vedere più di una volta un paio di film al giorno.
Nelle prossime settimane spero quindi di fornire almeno buone dritte a miei simili (nel senso di appassionati di cinema dalla mente aperta) i quali possono avere già ora un’anticipazione di ciò che mi prefiggo di guardare visitando la mia pagina Coming Soon
  
Ecco la parte interessante del cartellone del vicino multisala:
  • La La Land (14 Nomination Oscar 2017) regia di Damien Chazelle, con Emma Stone Ryan Gosling
  • Lion  (6 Nomination Oscar 2017) regia di Garth Davis, con Nicole Kidman and David Wenham
  • Manchester by the Sea (6 Nomination Oscar 2017) regia di Kenneth Lonergan Casey Affleck, Kyle Chandler, Lucas Hedges
  • Hidden Figures  (3 Nomination Oscar 2017, miglior film, Octavia Spencer non protagonista, sceneggiatura) regia di Theodore Melfi, con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe
  • 20th Century Women (Nomination Oscar 2017 per miglior sceneggiatura orginale) regia di Mike Mills, con Annette Bening, Greta Gerwig, Elle Fanning e Lucas Jade Zumann
  • Elle  (Nomination Oscar 2017 per Isabelle Huppert attrice protagonista) regia di Paul Verhoeven, con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny
E non pensiate che ci siano 20 sale ... sono solo 8. Inoltre, questa programmazione era annunciata ancor prima della odierna comunicazione delle Nomination, a dimostrazione che questo livello di qualità è prassi. Ma non finisce qui, in quanto poche centinaia di metri più in là c’è anche il Movie Museum (del quale ho già parlato varie volte) che in effetti è una mini-sala con una ventina di poltrone reclinabili nella quale si proiettano due film di qualità al giorno, 5 giorni alla settimana, per solo 5 dollari a ingresso. A fine mese sarà pubblicato il programma di febbraio.
Infine, ci si mette anche il Museo d’Arte che nella sua sala organizza rassegne internazionali di grande spessore e fra quelle già annunciate ci sono l’African American Film Festival e Women in Film che comprende 13th (Nomination Oscar e Bafta) e The Eagle Huntress (Nomination Bafta). E come se non bastasse fra un programma e l’altro (fra qualche giorno si conclude il Bollywood Festival) ci sono altri film come l’iraniano The Salesman (Nomination Oscar 2017 miglior film straniero) e tre serate dedicate agli Short Films candidati agli Oscar nelle sezioni animazione, live action e documentari.
  
Tutto ciò non in una metropoli di milioni di abitanti, ma di una con meno di 400.00 residenti. Questo dimostra (ma lascia il tempo che trova) che si possono anche proporre buone programmazioni e riempire le sale, tant’è che spesso è opportuno prenotare se si vuole essere certi di trovare posto.
  • Perché gestori di sale e distributori italiani si ostinano a proporre solo un 20-30% di buoni film (per essere ottimisti) riempiendo il resto del cartellone con prodotti di scarso livello? 
  • Quando si potrà sperare di vedere un’inversione di tendenza? 
Mi sembra lapalissiano che se non si cominciano a proiettare film di qualità, anche se sconosciuti, il pubblico non potrà mai cominciare ad abituarsi a pellicole che non siano quelle di cassetta o quelle che i gestori possono noleggiare per pochi euro.
Di conseguenza, a noi cinefili non resta che aspettare i buoni film che talvolta passano in TV a orari impossibili, andare a qualche Festival, trovare qualcosa di buono in rete (dove per fortuna c’è tanto) o sperare nelle programmazioni dei cineclub e cineforum, purtroppo non tutte di livello accettabile.

A volte la mia cinefilia, forse esagerata, mi fa sentire un emarginato ... quasi un reietto. Capita anche a voi?

venerdì 20 gennaio 2017

Ed ecco a voi il Presidente Trump

Post apparentemente politico, insolito per questo blog, ma in effetti è più una sommaria analisi dell’irrazionalità di certi comportamenti che un presa di posizione pro o contro Trump e/o i suoi oppositori. Fra poche ore sarà effettivamente in carica e, pur non essendoci alcun margine per evitarlo, sono ancora tanti quelli che (secondo me irrazionalmente) protestano.

Certo non mi voglio atteggiare a commentatore politico, ma se uno come me aveva previsto o almeno messo in conto come possibili alcuni eventi, non vedo su quali basi persone che si definiscono “democratiche” da vari mesi stiano organizzando manifestazioni di protesta, talvolta sfociate anche nella violenza.
Per rinfrescarvi le idee, nel post del 16 settembre 2015 La lunga corsa verso la Casa Bianca scrissi:
Un paio di situazioni inusuali hanno caratterizzato questa primissima fase elettorale: la discesa in campo di Donald Trump (miliardario che non risponde alle seppur poche direttive del GOP e si vanta di non essere ricattabile dalle lobby in quanto va avanti con soldi suoi) e l’inaspettata perdita di popolarità di Hillary Clinton che fino a qualche mese fa sembrava non avere rivali. ... Che la si voglia vedere come politica seria, in quanto innegabilmente influenzerà mercati e politica internazionale, o come telenovela, sono sicuro che questa corsa alla Casa Bianca sarà piena di  sorprese. Seguitela ...
Sono convinto che i fuochi d'artificio debbano ancora cominciare e man mano che ci si avvicina alle convention per le investiture ufficiali le scorrettezze, i colpi bassi e gli insulti aumenteranno esponenzialmente. A ciò seguiranno i dibattiti fra i 2 candidati che saranno senz'altro uno spettacolo da non perdere se uno dei due contendenti sarà Trump (cosa molto probabile).... Nel corso del mio recente soggiorno statunitense, ho avuto occasione di "intervistare" molti americani che, pur non costituendo assolutamente un campione statistico affidabile, hanno confermato l'idea che mi ero fatto e che ora che la stampa sta allentando il suo assedio a Trump sta venendo fuori....  ritenendo ormai quasi inevitabile che Trump sarà il candidato repubblicano, molti sono convinti che per il già citato criterio di votare contro e non pro, Sanders avrebbe maggiori possibilità di Hillary.

Come sottolineato dai grandi esperti, analisti e politologi (ma solo a posteriori) chi ha perso veramente è stato il sistema politico americano nel suo complesso. I Repubblicani, pur vincendo, si ritrovano con un presidente non di partito che non dà alcun ascolto ai vertici del gruppo, mentre i Democratici inopinatamente sono riusciti perdere un vantaggio oggettivo e quindi la continuità dopo a presidenza Obama
Ecco alcune domande - oziose - che già da tempo mi pongo:
  • perché i Democratici non hanno protestato prima portando avanti la candidatura di Sanders invece di quella di Hillary visto che tutti concordavano che l’anziano senatore avrebbe avuto maggiori possibilità contro Trump (ampiamente ed erroneamente sottovalutato)?
  • perché i Democratici hanno perso tempo a criticare e disturbare in modo ridicolo e inutile i comizi di Trump invece di migliorare la loro campagna?
  • come possono accusare Trump di brogli se non ammettendo che la sicurezza del sistema elettorale controllato dal governo (Democratico) era assolutamente insufficiente? 
  • capisco accusare di brogli un partito in carica e che vince avendo il potere e il controllo, ma in questo caso?
A quanto ne sappia, il concetto di "democrazia" include il criterio che chi viene eletto ha diritto di governare a prescindere dalle diverse idee della minoranza che potrà opporsi in sedi e modi appropriati, con migliori risultati rispetto alle manifestazioni di piazza. Probabilmente molti di quelli che si lamentano non sono neanche andati a votare e partecipano alle proteste per altri motivi.
Infine, in particolare in merito a quanto si conosce a mezzo stampa, c’è da dire che la maggior parte delle testate si sono schierate contro Trump e tutt’oggi continuano a ipotizzare scenari apocalittici, ma al momento non hanno indovinato una sola previsione! Basti pensare al panico che diffusero nei giorni dell’elezione dicendo che in caso di vittoria di Trump "il dollaro si sarebbe svalutato e la borsa sarebbe crollata" ... ebbene il dollaro ha guadagnato circa il 5% e la borsa sta galoppando, in su!
Ripeto, questo non è un post pro Trump, ma solo contro quelli che continuano a fare previsioni sbagliate, contro i partiti (entrambi) che non hanno saputo gestire la situazione e si trovano con un Presidente che nessuno vuole, contro quelli che fanno ridicole manifestazioni e dichiarazioni a cominciare da cantanti e “artisti” che spesso lo fanno solo per vedere il loro nome sul giornale, contro Hillary che con la sua arroganza e superficialità è riuscita a non farsi eleggere, contro il genio della candidata indipendente (dei verdi) Jill Stein che dopo aver sottratto voti a Hillary facendole perdere almeno un paio di stati determinanti ha poi inscenando l’inutile farsa del riconteggio, e via discorrendo. 
Nessuno fa mea culpa?
Penso che sia evidente la mia poca stima e fiducia nella stampa e nel sistema politico in generale, ma soprattutto in quello dei partiti comandati da lobby o burattinai sconosciuti.
Prima di parlare di Trump presidente non potrebbe essere opportuno (e giusto) aspettare qualche mese prima di sparare a zero? Prima si vede che combina effettivamente (ha già dimostrato di cambiare spesso idea) e poi si combatte.

lunedì 16 gennaio 2017

Spontaneità e passione: suonare, ballare e cantare con sentimento

Mi affascinano, commuovono, stregano, entusiasmano ed emozionano quelli che hanno una passione, coltivano un hobby solitario o lo praticano con amici e si divertono con (apparentemente) molto poco. In particolare quelli che non mirano ad essere “i migliori” e neanche semplicemente migliori degli altri, ma godono nell’esercitare la loro attività preferita senza preoccuparsi più di tanto della propria abilità, né dell’aspetto, né degli anni che passano.
   
Tutto ciò si esalta soprattutto nella musica tradizionale, cantata o solo strumentale, accompagnata o meno da ballo o danza. Come foto di apertura ho scelto queste affascinanti ballerine del Carnevale di Santa Cruz de Tenerife ... e non vuole assolutamente essere una presa in giro, ma il riconoscimento di come ci si possa divertire senza crearsi inutili e immotivati complessi. Oltretutto ballavano molto meglio di tante altre “giovani in perfetta forma” che però sapevano fare poco o niente e certamente “soffrivano” per essere relegate in seconda, terza o quarta fila, precedute dalle leggiadre e ammiratissime colleghe.
Nella cultura popolare sono sempre state tante le occasioni nelle quali feste, musica e balli si univano ma, in particolare in alcune di esse, ancora oggi ogni giorno e ogni luogo sono adatti per cantare e suonare.
Ai primi posti di questa lista pongo senz’altro quelle latine, forse perché le conosco meglio, ma sono certo che in tanti riconosceranno il valore sociale, oltre che artistico, del flamenco, del fado, delle rancheras messicane.
Dimenticate retiros e tascas per turisti a Lisbona e i tanti tablao de flamenco in Andalusia ed in altre località turistiche spagnole e, se potete, immergetevi nei barrios storici e seguite il vostro udito. Di sera senz’altro udrete musica e canti giungere da qualche cortile, casa o piccolo bar dove un paio di musicisti accompagnano chiunque abbia voglia di cantare ...
Si tratta del cosiddetto fado vadio in Portogallo e del flamenco bohemio e delle juergas flamencas in Spagna e vi posso assicurare che lì ci si diverte, nessuno si vergogna e, al contrario, viene incoraggiato dagli astanti, fra petiscos e tapas, vino e birra.
In Messico e in tutta l’America centrale invece è ancora comune riunirsi in piazza, al parque o alameda a fine giornata, verso il tramonto, dove si trovano sempre almeno un paio di suonatori di marimba, qualche chitarrista e forse un violinista o fisarmonicista che accompagnano i “cantanti” mentre altri ballano attorno al templete (cassa armonica). In questo video vedete ciò che succede ogni sera nel Parque de la Marimba di Tuxla GutierrezChiapas (Mexico), aperto 24h su 24, 365 giorni l’anno.
Oltre ciò c’erano un’infinità di gruppi mariachi che, al contrario nei nostri “posteggiatori” che vivono di offerte o oboli, suonano e cantano a richiesta. Nella maggior parte dei casi chi paga per la canzone canta insieme a loro, il più delle volte stonando anche a causa dei troppi tequila già ingollati, o comunque li accompagna con i classici Ay! Ay! Ay! e fra fiumi di lacrime se il tema è triste. 
Ricordo come se fosse ieri una splendida serata di fine febbraio del 1996 passata in una cantina di León, Nicaragua, nella quale era in corso una sfida (musicale) fra due piccoli gruppi di mariachi, uno pagato da una coppia matura e l'altro sponsorizzato da una coppia di giovani che si disperavano, già completamente ubriachi, e piangevano a calde lacrime. Uno dei due cantanti, un giovane mulatto alto e magro, aveva una voce veramente incredibile!

giovedì 12 gennaio 2017

Un gioiello visuale di Dalì & Disney che molti non conoscono

Dall’incontro di un vero genio delle arti visive e di un artista dell’animazione, pur lontani per ambiente estrazione ed idee, si formò l’embrione di Destino. Si tratta di un corto di 6 minuti e mezzo, il cui progetto fu ideato nel 1945 da Salvador Dalì e Walt Disney, abbandonato nel ’46, ritrovato dal nipote di Disney nel 2000, portato a compimento dai Disney Studios Paris nel 2003 con la regia del francese Dominique Monféry
Una gestazione interrotta sul nascere per questioni economiche e poi durata quasi 60 anni.
Non è parlato, ma ha sottofondo musicale del compositore messicano Armando Dominguez e comprende anche una canzone con lo stesso titolo del corto cantata da Dora Luz.
Nomination Oscar 2004 come miglior corto di animazione
Vidi questo filmato in una delle poche occasioni di proiezione pubblica, nell’ambito dell’esposizione “Dalì”  al Centre Georges Pompidou a Parigi nel 2012 e già allora era di dominio pubblico, quindi lo potete guardare o scaricarlo, fino a 1080p, su YouTube (clip in alto) ma anche da altre fonti. 
L’idea, in gran parte realizzata con successo, era quella di dare vita a una serie di disegni e opere di Dalì e tramite animazione, movimenti di macchina e montaggio unirli in una storia. Si tratta di un lavoro spettacolare ed è incredibile come siano riusciti a collegare in modo estremamente fluido figure completamente diverse. 
Nel fotogramma in alto, per esempio, il corpo della ballerina si forma fra i due profili sorridenti (notare a destra il baffetto alla Dalì) e si unisce ad una pallina che va a rappresentarne la testa. 
  
E ci sono anche le formiche che, dopo essere uscite dal palmo di una mano come in Un chien Andalou (foto a sx, Buñuel, 1929, sceneggiatura di Dalì e Buñuel) si trasformano in tanti Dalì-ciclisti.
La trama è molto semplice, si tratta di una storia d’amore impossibile fra Crono (il tempo) ed una ballerina. Il tempo è rappresentato dai tanti orologi che appaiono più volte, in varie forme.
Dalì era pressoché ossessionato dal passare del tempo e i suoi orologi molli non sono solo quelli famosi del dipinto La persistenza della memoria (1931, foto in alto) ma ce ne sono tanti altri fra i quali serie in bronzo che ho visto al Museo Soumaya di Ciudad de Mexico.
   
Indipendentemente dalla vostra conoscenza delle opere di Dalì, vale la pena di osservare (più che guardare semplicemente) Destino più volte in quanto ad ogni visione successiva si colgono più particolari.

domenica 8 gennaio 2017

Il mio amico Harvey ... e altri attori sottovalutati


Stasera, guardando The Piano (Lezioni di piano, di Jane Campion, NZ, 1993), mi è tornato in mente il mio incontro con Harvey, ovviamente mi riferisco a H. Keitel (come avrete già intuito dalla foto) e non al mitico coniglio gigante amico di James Stewart (vedi foto in basso, non vi perdete il film se vi capita a tiro), ma prima di parlare di lui come attore vi racconto un breve aneddoto, vissuto in prima persona.  

Museo della Carta, Amalfi, un venerdì del 2002
All'ingresso, dove c'è il Museum Shop, quel venerdì non ero il solo a cercare di ingannare il tempo ... oltre me, in attesa del mio gruppo affidato temporaneamente alle cure della guida del museo, c'era Harvey Keitel il quale, con evidente insofferenza, aspettava che la sua compagna terminasse di fare shopping. Così cominciammo a parlare del più e del meno e, avendo capito che ero una guida, soprattutto di quello che c'era da fare, da vedere e ... "da mangiare" in Costiera. Non essendo uno di quelli che assilla persone note sottoponendole ad un fuoco di fila di domande banali riguardanti la loro attività, solo poco prima di salutarci gli chiesi se fosse proprio lui e, avutane conferma, approfittai dell'occasione per chiedere l'esatta pronuncia del suo cognome: né Kèitel né Kàitel, bensì Kaitèl (ora lo sapete anche voi).
Harvey (Henry Koster, 1950) con James Stewart (Nomination) e Josephine Hull (Oscar)
Scavi di Pompei, due giorni dopo
Primo giorno del nuovo tour ... e chi trovo nei pressi della biglietteria? Harvey Keitel. Con grande nonchalance gli faccio un cenno di saluto dicendo "Hi, Harvey!" e lui, con enorme stupore dei clienti, mi risponde "Hi, Giovanni!" (ricordava anche il mio nome, forse aiutato dal mio biglietto da visita che si era fatto dare ... just in case). Quasi all’unisono molti chiesero "Conosci Harvey Keitel???", "Sì, siamo vecchi amici ..." (innocente bugia) e per tutta la settimana, in particolare le signore, mi guardarono quasi come un idolo.
 
Penso che Harvey (ovviamente ci diamo del tu ...) sia stato fra gli attori più sottovalutati di fine secolo scorso, mentre varie inespressive patate lesse come Richard Gere, Nicholas Cage e Mickey Rourke avevano miglior fortuna, ovviamente di breve durata considerata la loro inconsistenza. 
Quanto vale per Keitel è vero anche per altri miei prediletti come Robert Duvall (sopra a sx in Apocalypse Now, 1979, F. F. Coppola), Warren Oates (sopra a dx in Voglio la testa di Garcia, 1974, Sam Peckinpah) e Jeff Bridges (a sx in True Grit, J. Coen & E. Coen, 2010) che solo con gli anni sta riuscendo ad avere qualche ruolo di maggior rilievo, non ultimo quello nell'indipendente Hell or High Water (David Mackenzie, 2016) del quale ho scritto una breve recensione a fine anno e che potrebbe addirittura portargli una Nomination Oscar.
   
Harvey Keitel cominciò nel giro giusto visto che ebbe ruoli abbastanza importanti in ben 4 dei primi 5 film di Scorsese (“saltò” solo il suo secondo, Boxcar Bertha) ed in Mean Streets (foto a sx) e Taxi Driver (foto a dx) recitò al fianco di Robert De Niro che presto divenne l'attore preferito del regista che lo ha voluto come protagonista in 8 dei suoi film e per il 2018 ne è previsto un nono: The Irishman (nel quale comparirà anche "il mio amico Harvey").
   
Nella piena espansione del nuovo cinema americano evidentemente perse il treno giusto anche se quasi tenne a battesimo altri astri nascenti come Ridley Scott (che poi lo volle anche in Thelma & Louise) con I duellanti (foto a sx) e Quentin Tarantino con i suoi primi due veri film: Reservoir Dogs (foto a dx) e Pulp Fiction. Fra questi ultimi due fu protagonista in The Piano (tit. it. Lezioni di piano), ma successivamente ha avuto poche occasioni di dimostrare il suo talento in ruoli significativi.
Gli anni 91-92 avrebbero potuto rappresentare la svolta visto che in rapida successione prese parte a film di successo come Thelma & Louise (1 Oscar), Bugsy (2 Oscar e lui ottenne l’unica Nomination della carriera), Reservoir Dogs (57° nella classifica dei migliori film di sempre) e The Bad Lieutenant di Abel Ferrara che non ottenne grandi riconoscimenti, ma solo buone recensioni.
Oggi, a quasi 80 anni e dopo oltre 110 film, continua a lavorare ed ha in programma o in post-produzione ben 6 film (2017-2018). 
Si deve sperare che non faccia la fine di Robert De Niro il quale negli ultimi anni è apparso in film sempre più scadenti e si sta “rovinando la reputazione”. 
Purtroppo il più recente film di Keitel pronto ad arrivare in sala (The Comedian, del quale si parla già abbastanza male) lo vede in un cast di “vecchie glorie”, al fianco di Danny DeVito e Billy Crystal avendo  proprio il suddetto De Niro come protagonista e, come detto poc'anzi, i due si ritroveranno in The Irishman ... 
Riuscirà Scorsese a mettere le cose a posto? Ci spero, ma sono un po' scettico a tal riguardo ...

sabato 7 gennaio 2017

Los Reyes a Puerto de la Cruz (cfr post precedente)


Giovedì sera sono andato ad appostarmi per tempo nei pressi del Castillo de San Felipe, dove il corteo si sarebbe formato e quindi partito alla volta del centro di Puerto.
La sfilata era aperta da due ragazze vestite da comete e una mezza dozzina da angeli, tutte distribuivano stelle di carta dorata su bastoncini e corone di cartoncino adatte a tutti, dai poppanti agli adulti, in quanto regolabili al momento di montarle. Sono state all’opera, e ben indaffarate, già mezz'ora prima che il il primo carro (ovviamente quello con la cometa) iniziasse la sua lenta marcia.
   
Altro elemento che non poteva mancare (vedi post precedente) era la scarpa che era seguita a ruota da uno dei gruppi e carri con altri temi, una notevole zucca-carrozza di Cenerentola al fianco della quale si vedeva anche una Biancaneve.
 
Ma, essendo tuttavia la vigilia, c'era ancora tempo per richieste last minute e così sfilavano anche tre buche postali nelle quali le postine imbucavano le lettere raccolte dalle mani dei bambini, di solito destinate ad un determinato Re.
 
Seguiva un’indispensabile banda di arzilli giovanotti (anche loro in costumi orientaleggianti) e subito dopo arrivava un treno a vapore ... perché? Nel tender trasportava ovviamente tanto carbone (dolce) ben guardato da un gruppo di macchinisti con la faccia sporca di fuliggine.
   
Ogni Re aveva un nutrito proprio seguito con i suoi colori (azzurro per Melchor, verde per Baltasar e rosso per Gaspar) e il suo dono era trasportato su un grande cuscino da 4 paggi, seguiti da un cammello e un carro carichi di doni in enormi pacchi con il nome dei destinatari. 
Ciò provocava strilli di gioia da parte dei più piccoli che leggevano il proprio nome e di quelli ancora più piccoli quando fratelli maggiori o genitori (incautamente) dicevano loro che il pacco era per loro ... (notate il dito nella foto sotto a sinistra).
   
I bambini,  gridavano il nome di ciascun Re al suo passaggio, appoggiati e incitati dai genitori con il risultato di un tifo da stadio e venivano ricompensati con lanci di una quantità impressionante di caramelle (quindi ho capito il motivo delle tante buste di plastica, spesso rette dai genitori in modo che i bambini avessero entrambe le mani libere).