Negli ultimi quattro giorni ho avuto modo di guardare 3 dei
cinque candidati all'Oscar 2016 in questa categoria, fra i quali il vincitore Son
of Saul, e dato il breve intervallo di tempo è quasi impossibile non fare
paragoni e classifica anche se i film non sono comparabili.
Da quanto ho potuto
apprezzare la pellicola ungherese ha senz'altro pienamente meritato la sua statuetta seppur con beneficio
del dubbio in quanto ai due che non visto, vale a dire Theeb (Giordania) e
A
War (Danimarca) .
Come ebbi già modo di scrivere un paio di giorni fa nella raccolta Un film al giorno, questo
film magiaro è davvero ottimo, girato e montato con tecnica sopraffina.
“Nulla da eccepire per questo Oscar che, al di là della storia, è un ottimo prodotto cinematografico, al contrario (secondo me) di Spotlight che si basa su un inchiesta meritevole aver vinto il Pulitzer (premio di giornalismo) ma lo stesso soggetto non dovrebbe essere sufficiente per vincere un Oscar come miglior film. Camera a spalla, riprese da dietro, poca profondità di campo, fuoco su un personaggio per volta, conseguenti sfondi spesso sfuocati e infine la scelta del formato 1,37:1 che quasi costringe a concentrare l’interesse sull’azione e sul movimento del protagonista in luoghi affollati da disperati e soldati, il tutto accompagnato dalla “colonna sonora” delle grida di dolore e paura dei primi e di comando e minaccia dei secondi.Al contrario Géza Röhrig, attore protagonista, non parla quasi mai essendo solo concentrato a sopravvivere ed a portare a termine il suo pio compito, anche a costo della propria vita. Ripeto ottimo Film, con la “F” maiuscola.”
Le riprese quasi ossessive inseguono il protagonista che si
fa largo fra folle vocianti mentre viene spinto, minacciato, ricacciato, sempre
con l’espressione di chi vuole isolarsi da ciò che lo circonda ma che allo
stesso tempo concentrato nel perseguire il suo obiettivo, al limite dell’ossessione.
I film di questa categoria degli Oscar sono di provenienza,
struttura, ambientazione temporale e geografica assolutamente diverse e come
spesso accade, per affrontare trattare temi fuori dell'ordinario in ambienti
estranei al pubblico ed avere interpreti assolutamente sconosciuti, sono
snobbati dai distributori e di conseguenza non si riescono a vedere. Quest'anno
3 su 5 sono di produzione europea e quindi più persone dovrebbero poter avere
il piacere di vederli, ma sembra che di A War e Theeb non ci sia traccia nelle sale.
Veniamo agli altri due. El abrazo de la serpiente mi sembra
un'occasione mancata, un ottimo soggetto con due storie quasi parallele distanti
40 anni, proposte intrecciandole fra loro in fase di narrazione. L'alternanza di
discorsi seri, fra il filosofico e religioso, con alcuni più triviali non giova
al film, così come mi sono sembrati eccessivi i troppi riferimenti a caucheros
e assolutamente superfluo l’incontro con l'invasato brasiliano che si crede figlio di Dio. L’arrivo alla missione e lo scontro con il cappuccino che domina la sua comunità di bambini è forse la sola attinente alla storia nel complesso, quella nella quale si percepisce di più l’aggressività e l'invasività (territoriale e umana) degli occidentali nell’area amazzonica.
Soffre di qualche pecca tecnica in particolare durante quasi tutte le scene
in piroga che spesso appare ferma mentre in controcampo si vede invece in
movimento mentre i protagonisti pagaiano. Infine, non c'è controprova per
sapere se la scelta di girare in bianco e nero sia stata giusta o meno. Belle
riprese, ma non le definirei memorabili.
Infine Mustang. La storia la conoscono
probabilmente tutti, moderna, attuale, eppure ci mostra retaggi e tradizioni
quasi medioevali, purtroppo ancora radicati in parecchie regioni del mondo.
Dei
tre questo è senz'altro il più vivace e il più vario, passando in pochi istanti dal
dramma alla commedia, a un certo punto con tocco di Bollywood, ma la storia
appare raffazzonata, mal descritta temporalmente e con troppe incongruenze, al
limite del non plausibile.
Come è possibile credere che le cinque ragazze cresciute in un piccolo villaggio turco, condizionato da una mentalità bigotta
seppur tradizionale, possano essere tanto disinibite e quasi non mostrare cambiamenti nei tanti mesi di prigionia? Alcune scene sono veramente risibili e ridicole come quella del tentativo di passare attraverso uno stretto buco nel muro invece si saltarlo (cosa che fanno poco dopo molto facilmente ...). Il tutto è veramente difficile da mandare giù.
I loro atteggiamenti, la
loro biancheria intima che viene esibita quasi costantemente, il loro stesso aspetto
estremamente curato non possono essere compatibili con 5 ragazze segregate in
casa per lungo tempo, alcune molestate dallo zio, senza contatti con l’esterno.
Forse anche in quanto mi aspettavo francamente di più l’ho trovato veramente
mediocre, appena sufficiente.
Mi sembra che troppe volte nei Festival, ma lo si legge
anche nei commenti, si dia troppo valore all’argomento trascurando assolutamente
la cinematografia che tuttavia, per fortuna, è talvolta anche di notevole o eccellente livello come per
esempio il potente Son of Saul che non è un film sul nazismo, sull’olocausto o sui
campi di concentramento è la storia di un individuo che vive fra camere a gas e
forni crematori.
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