martedì 29 giugno 2021

Micro-recensioni 136-140: altri 5 Hitchcock, 4 da guardare, 1 evitabile

Anche questo gruppo (anni 1949-54) comprende un flop, ma due sono più che buoni, anche se poco noti al grande pubblico italiano, e gli ultimi due sono ottimi e relativamente famosi. Dividendoli per genere, due vedono innocenti accusati di omicidio volontario da menti perverse e anche se si conosce dall’inizio il vero colpevole non sarà facile arrivare a smascherarlo, un film in costume certamente trascurabile. Si deve anche notare che, anche se Hitchcock lavorava ormai da anni per Hollywood, era ancora molto legato alla madre patria e quindi non c’è da meravigliarsi se solo uno della cinquina è ambientato in USA, mentre gli altri 4 nel Commonwealth (2 in UK, uno in Canada e uno in Australia) il che comporta anche l’utilizzo di molti attori inglesi. Comincio, ovviamente, con gli ottimi.

 
Dial M for Murder (1954) (Il delitto perfetto)

Una chiave, come quella co-protagonista in Notorius, in questo film è protagonista assoluta, dall'inizio alla fine, muovendosi fra tasche (non sempre quelle giuste), borse, borsellini e sotto gli zerbini. Un delitto ben pianificato, seppur dopo aver valutato e curato tanti particolari, va a monte per un dettaglio assolutamente imprevedibile. In questo caso, l’ingegnoso autore del piano riesce a modificarlo in corso d’opera con grande abilità e creatività, ma l’imponderabile è sempre in agguato. Questa la sostanza di un vero thriller, basato su particolari e tempistica. Ottimi i tempi e i dialoghi che si svolgono a turno fra i tre uomini: il marito dell’accusata, il suo amico e l’ispettore. Fu il primo dei tre film che Grace Kelly interpretò diretta da Hitchcock, immediatamente seguito da Rear Window lo stesso anno (1954) e da To Catch a Thief (1955). Assolutamente da non perdere.

Strangers on a Train (1951) (L'altro uomo o Delitto per delitto)

La situazione proposta potrebbe apparire un po’ surreale, ma ha una sua logica ed è certamente affascinante e singolare comportando, di conseguenza, l’indispensabile presenza di un protagonista un può fuori di testa. I suoi singolari comportamenti, che includono l’abbigliamento, sono molto ben descritti da Hitchcock fin dalle prime scene attraverso tanti dettagli. C’è quindi anche spazio per inserire situazioni e personaggi fra l’ironico e il comico, come le ricchissime anziane ingioiellate che flirtano con il protagonista, il bambino sulla giostra e l’operaio che tenta di fermarla. Fra i tanti colpi piccoli ostacoli e colpi di scena distribuiti ad arte nel corso dell’intero film, ce n’è però uno secondo me troppo forzato e tirato per le lunghe, oltre che poco credibile; ciò non pregiudica assolutamente la qualità del film nel suo complesso, ciò grazie anche a quanti collaborarono alla sua realizzazione.  Infatti, il soggetto è tratto da un romanzo di Patricia Highsmith (successivamente diventata una apprezzatissima autrice di polizieschi) e alla sceneggiatura collaborò Raymond Chandler (il creatore del personaggio di Philip Marlowe); direttore della fotografia fu Robert Burks che, a partire da questa sua prima collaborazione, praticamente ebbe l’esclusiva con Hitchcock con 12 film su 13 (fino a Marnie, 1964, saltando solo Psycho, 1960), ottenendo l’Oscar per To Catch a Thief (1954) e Nomination per questo Strangers on a Train (1951) e Rear Window (1954).

   
I confess (1953) (Io confesso)

Questo è fra i film meno conosciuti del periodo americano di Hitchcock, e non ne comprendo il motivo ... l’ho trovato ottimo e certamente migliore di altri ben più famosi. Sembra un misto di vari generi, tuttavia perfettamente miscelati: court movie, dramma romantico, thriller, noir e anche altro. Buon cast anche se pare che Hitchcock non gradì molto le scelte della produzione, avendo diverse richiesto altri interpreti. La trama si dipana in modo abbastanza lineare, ma il pregio sta nel non lasciar prevedere se, come, quando e da chi sarà smascherato l’assassino, non per bravura di chi investiga (l’ispettore cocciuto e prevenuto interpretato da Karl Malden), ma per la rottura del muro di silenzio che - per motivi molto diversi - si è creato intorno all’omicidio con il quale si apre il film. Montgomery Clift interpreta il sacerdote ingiustamente accusato, ma Hitchcock non calca assolutamente la mano sull’argomento religioso (in particolare sul segreto della confessione) puntando esclusivamente sul dilemma: parlerà o non parlerà? In più momenti ricorda lo stile di Orson Welles … se non lo avete visto, vi suggerisco di recuperarlo ... ne vale la pena!

Stage Fright (1950) (Paura in palcoscenico)

Trama abbastanza intricata, piena di sorprese, protagonisti e colpii di scena per permettere a Hitchcock di esibirsi nel creare tante situazioni di suspense, senza neanche risparmiarsi sulle scene e personaggi più che umoristici (l’uomo del pub, la donna alla fiera, ...). Il padre della protagonista (Jane Wyman), interpretato dall’ineffabile Alastair Simm, appena venuto a conoscenza dei problemi e preoccupazioni della figlia, pronuncia una frase emblematica (purtroppo vera sempre ed in assoluto) che spiega come è arrivata a quel punto (e altro deve ancora accadere): “la stupidità è contagiosa!”.
Pur non essendo un’opera maestra, è un film molto ben congegnato, diretto e interpretato, dallo sviluppo molto rapido, senza pause di sorta. Più si procede e più intrecciati divengono i rapporti fra i protagonisti, vari dei quali si spacciano per quelli che non sono, per le tante bugie che ovviamente tentano di coprire con ulteriori menzogne. Perfetta Marlene Dietrich (con la Wyman le sole presenze non inglesi del cast) nel ruolo della perfida e cinica femme fatale, ma anche tutto il resto del cast è scelto opportunamente e offre egregie interpretazioni. Senz’altro lo si può classificare come un piacevole thriller “leggero”, fra il divertente e l’avvincente, e quindi meritevole di una visione.

Under Capricorn (1949) (Il peccato di Lady Considine o Sotto il Capricorno)

Una specie di melodramma ambientato in Australia nell’800, non molto riuscito. Terza e ultima apparizione di Ingrid Bergman nei film di Hitchcock, affiancata dal ben più solido Joseph Cotten, secondo me generalmente sottovalutato nonostante le ottime interpretazioni in Shadow of a Doubt (unico altro film con Hitchcock), The Third Man (1949, Carol Reed) e Citizen Kane (1941, Orson Welles). Visione non strettamente necessaria.

sabato 26 giugno 2021

Micro-recensioni 131-135: Hitchcock, ora con film, o parti di essi, indimenticabili

In questi anni (1944-48) Hitchcock aveva più credito, più voce in capitolo, più libertà e di conseguenza il livello medio dei suoi film fu sempre molto alto.

 
Notorius (1946)

Penso che questo sia il più conosciuto di questo gruppo, ma a dire il vero prende quota e corpo solo nella seconda metà, quando la tensione sale alle stelle fra sospetti e intrighi internazionali. La serie di scene che ruota attorno alla chiave della cantina che passa di mano in mano e che infine dovrebbe tornare al proprio posto è nel suo complesso un vero indimenticabile capolavoro della suspense. Nei panni dell’infido Alex Sebastian si distingue Claud Rains (il Capitano Louis Renault in Casablanca, 1942) in una delle sue migliori interpretazioni, che gli valse una delle due Nomination Oscar di questo film, l’altra fu per la sceneggiatura. Cary Grant fa la sua brava parte (stavolta drammatica), meno convincente la prova di Ingrid Bergman che, come ebbi già modo di dire, sembra che abbia avuto successo più per l’aspetto che per le interpretazioni (come tante altre, del resto).

A proposito della famosa chiave UNICA, ho letto questo curioso seguito. Terminate le riprese Cary Grant volle tenere la chiave per sé e pochi anni dopo la regalò alla sua co-protagonista Ingrid Bergman, dicendole che a lui aveva portato fortuna e sperava che ciò si avverasse anche per lei. Molti anni più tardi, in occasione di un tributo a Hitchcock, l’attrice consegnò la chiave al regista con grande gioia e sorpresa di quest’ultimo. Aggiungo che ciò dimostra che anche un piccolo, semplice, comune oggetto - se utilizzato a dovere - può fare la fortuna di un film, senza bisogno di ricorrere agli abusati moderni effetti speciali.

Rope (1948)

Apprezzato per vari motivi: la sceneggiatura derivata da un dramma teatrale, la prima delle 4 collaborazioni di James Stewart con Hitchcock, l’ottimo adattamento dei testi dall’originale inglese ai dialoghi americani a causa della diversa sensibilità rispetto all’omosessualità e alle classi sociali, il particolarissimo montaggio. In quanto a quest’ultimo, c’è da notare che il film è costruito con meno di una decina di piani sequenza anche se alcuni sono ottenuti con l’artificio di una dissolvenza su elementi scuri (dorsi di giacche e coperchio panca), scelta obbligata in quanto all’epoca la bobina di pellicola durava solo una decina di minuti. I dialoghi sono pieni di allusioni e doppi sensi, frasi normalmente innocue ma che, volendo, possono essere interpretate diversamente, quasi in termini minacciosi. Non mancano le battute argute e divertenti affidate soprattutto alla svampita zia del morto, alla governante e al protagonista Rupert. Un’altra particolarità risiede nel trailer nel quale si mostra l’antefatto che non viene poi riproposto nel film; dopo l’arrivederci della vittima alla fidanzata James Stewart commenta “e quella fu l’ultima volta che lo vide …”. Pare che il soggetto del singolare delitto si riferisca vagamente ad un avvenimento reale degli anni ’20, ripreso poi più fedelmente nell’ottimo Compulsion (1959, di Richard Fleischer, con Orson Welles – recuperatelo se potete).

  

Lifeboat
 (1944) * 3 Nomination Oscar (regia, sceneggiatura e fotografia)

Tutto il film si svolge su una scialuppa di salvataggio sulla quale, a seguito dell’affondamento di una nave silurata da un sottomarino tedesco (anch’esso colato a picco), salgono alla spicciolata 9 naufraghi di provenienze e professioni molto diverse. Nei giorni che passeranno più o meno alla deriva chiaramente la convivenza diventerà sempre più difficile ed il gruppo inevitabilmente si assottiglierà. Come è facile intendere, il canovaccio è ben diverso dai soliti e, date le limitate dimensioni della barca, Hitchcock si trova quindi a dirigere un film drammatico con un set quasi teatrale nel quale, ovviamente, si deve contare molto sugli attori. Ciononostante riesce ad inserire vari tocchi di commedia e il suo solito cameo ma, considerato l’ambiente e periodo bellico (1944) era inevitabile che ci fosse anche tanta propaganda accompagnata da luoghi comuni, come del resto molti dei suoi film dell’epoca. Alla sceneggiatura collaborò John Steinbeck, autore anche del soggetto. Non fra i migliori del regista (anche per i suddetti oggettivi limiti), certamente non fra i più famosi, Lifeboat resta tuttavia un prodotto d’autore che merita una visione.

Spellbound (1945) 

Non è fra i titoli più famosi, probabilmente anche grazie a quello pessimo italiano Io ti salverò (spellbound = incantato, ammaliato, affascinato). Il film viene comunque ricordato per essere il primo dei tre che vedono protagonista Ingrid Bergman - gli altri due sono l’immediatamente successivo Notorius (1946) e Under Capricorn (1949, nella prossima cinquina) – e, soprattutto, per la rappresentazione del sogno/incubo del protagonista (interpretato da Gregory Peck) con i disegni di Salvador Dalì (guarda il video in basso). Film di tema psichiatrico non del tutto avvincente ed in vari avvenimenti abbastanza scontato. Oltretutto, ancora una volta Hitchcock non convince nelle scene dinamiche come quelle in mare e in questo caso nella discesa con gli sci … le sue specialità (apprezzatissime) restano invece gli interni, le ombre, i particolari e i dettagli e, soprattutto i tempi giusti che creano suspense.

Oscar per la musica e 5 Nomination (miglior film, regia, Michael Chekhov non protagonista, fotografia ed effetti speciali … candidatura chiaramente legata ai disegni di Dalì)

The Paradine Case (1947)

Si tratta del film meno interessante di questo gruppo. Annunciata nei titoli di testa come la nuova Selznick star la protagonista è Valli (questo fu il suo nome artistico, scritto sempre in corsivo, di Alida Valli in USA, dove interpretò anche il film che più la rese famosa a livello mondiale The Third Man (1947, di Carol Reed, al fianco di Orson Welles e Joseph Cotten). 

L’omicidio (o suicidio?) c’è già stato e non viene mai mostrato, il film si dipana fra una quasi love story e un processo, restando a dir poco sotto tono sia nel genere court room movie sia in quello romantico. Inoltre, avendo ben poco da dire e scarsa suspense, le quasi due ore di durata risultano eccessive. Nomination per Ethel Barrymore non protagonista.

mercoledì 23 giugno 2021

Micro-recensioni 126-130: Hitchcock comincia a fare veramente sul serio

In questo gruppo (anni 1940-43) troviamo una commedia pura e 4 thriller, ma di generi abbastanza diversi, due sono costruiti su un sospetto, tema che utilizzato anche successivamente da Hitchcock, come il famoso Notorius (1946). Seppur non impeccabili, i 4 meritano senz’altro una visione.

 
Suspicion (1941)

Già il titolo anticipa il contenuto, ma il sospetto monta lentamente, dopo un inizio da commedia romantica. Infatti, a lungo andare la frivolezza e le bugie di Cary Grant instillano dubbi sempre più concreti nella mente della moglie, interpretata da Joan Fontaine, già protagonista in Rebecca, primo film americano Hitchcock. In questo film è inserita la famosa scena del bicchiere latte; in un ambiente abbastanza scuro si vede Grant che lo porta alla moglie sull’orlo di una crisi di nervi. L’attenzione degli spettatori è diretta sul bicchiere che spicca nella semioscurità grazie ad una lampadina nascosta nel latte … impossibile non seguire la lenta ascesa e sospettare che il liquido sia avvelenato.

Shadow of a Doubt (1943)

E anche il questo caso il titolo anticipa il tipo di thriller, ma in questo caso non si tratta di una coppia e la costruzione è ben differente in quanto fin dall’inizio si sa che Joseph Cotten è un criminale, inizialmente idolatrato dalla nipote Charlie, sua omonima, interpretata da Teresa Wright. Anche se inizialmente stenta a crederci, i sospetti della ragazza si dimostrano sempre più concreti. Nel dubbio, non volendo danneggiare lo zio, tenterà in ogni modo di allontanarlo … cii riuscirà? ci sarà una reazione? A questo filo conduttore si affianca la parte di commedia con la logorroica e saputella sorella minore e il sempre inopportuno vicino che, con il padrone di casa, ha instaurato una sfida per pianificare un (ipotetico) omicidio perfetto.

  
Ai due thriller basati sui sospetti in famiglia, se ne contrappongono ancora una volta incentrati su società segrete e intrighi internazionali, genere già frequentemente trattato da Hitchcock durante il suo periodo inglese (The Man Who Knew Too Much, 39 Steps, ...).

Saboteur (1942)

Da non confondere con Sabotage, questo inizia con un innocente che viene accusato di un atto di sabotaggio certamente non commesso da lui. Fra mille peripezie, un paio di fughe dalla polizia e l’immancabile love story con la bella di turno (Priscilla Lane) anche se inizialmente il rapporto è a dir poco burrascoso, il protagonista dovrà attraversare gli Stati Uniti dalla California a New York (le famose scene finali si svolgono in cima alla Statua della Libertà) nel tentativo di trovare il colpevole e dimostrare la sua innocenza.

Foreign correspondent (1940)

Anche dopo essersi trasferito oltreoceano Hitchcock continuo a dirigere film ambientati in Europa, all’inizio della II Guerra Mondiale, in questo caso fra Olanda e Londra, per poi finire in mezzo al mare. Un intraprendente giornalista americano si trova invischiato in una storia di rapimenti e sostituzione di persona e, ovviamente, non gli sarà per niente facile venire a capo della situazione; anche qui non manca la love story, stavolta fra Joel McCrea e Laraine Day. Non molto convincente, in particolare le scene finali.

Mr. & Ms. Smith (1941)

Commedia nuda e cruda, esagerata, della quale Hitchcock non si dichiarò molto sodisfatto, ma sembra che la diresse per amicizia con Carole Lombard e per cominciare ad entrare nel giro della RKO, lavorando per la quale sperava di avere maggiore potere decisionale. Certo non uno dei suoi migliori film; anche nell’ambito delle commedie ne ha dirette di migliori, come The Farmer's Wife (1928) e The Trouble with Harry (1955).

venerdì 18 giugno 2021

Micro-recensioni 121-125: ultimi film di Hitchcock in UK e primo USA

Con questi film concludo anche il gruppo UK parlato e metto mano a quello più conosciuto, il periodo americano con il suo esordio oltreoceano: Rebecca (1940). Ma urge sottolineare che tranne il suo ultimo in terra di Albione, la chiusura europea fu più che notevole. Su RottenTomatoes dei tre film Sabotage (1936) e Young and Innocent (1937) raccolgono solo recensioni positive e The Lady vanishes (1938) si ferma al 98% (44 contro 1), ma questo è il più quotato su IMDb: un notevole 7,8. Ancora una volta Hitchcock propone storie di intrighi internazionali con Sabotage e The Lady Vanishes mentre Young and Innocent si basa sul solito tema dell’innocente perseguito dalla legge, in fuga e con il proposito di dimostrare la propria estraneità ai fatti. Il primo ha perle di commedia, la prima parte del secondo è una commedia, il terzo è quasi completamente commedia seppur crime e suspense aleggiano in quasi ogni scena. Fin qui, nel complesso, dai primi muti a Jamaica Inn, trovo assolutamente vera l’affermazione del regista in merito al suo stile prevalentemente indirizzato alla comedy.

Quest’ultimo film è ambientato a inizio ‘800 e vede protagonisti un gruppo di “pirati terrestri” che causano naufragi per saccheggiare le imbarcazioni dopo aver ucciso tutti i membri dell’equipaggio. Le scene dei naufragi sono abbastanza raffazzonate, ma non è che il resto sia stato messo in scena molto meglio; eppure ne sono stati prodotti 2 remake nel 1983 e nel 2014. Avrete capito che non dirò molto di Jamaica Inn, che mette quasi tutti d’accordo nel giudicarlo uno scadente addio all’Europa.

 
Tornando ai primi 3 UK citati in questo post, Sabotage (1936) è secondo me il più interessante con tanti personaggi singolari a un rapido montaggio, specialmente nel viaggio del ragazzino con le pizze (rotoli di pellicola cinematografica …). Una vera corsa contro il tempo, piena di imprevisti, intervallata da immagini di lancette di orologio che avanzano inesorabilmente. Perfino in questo film, drammatico per gli attentati, Hitchcock riesce a farci sorridere con scene e battute ironiche.

Come detto, anche The Lady Vanishes ha contenuto politico /complottistico, ma si svolge all’estero e non a Londra e si è meritato ben 3 remake nel 1979, 2012 e 2013 che, come al solito e specialmente in questo caso in confronto a Hitchcock, non sono neanche lontanamente comparabili con l’originale. La prima parte, oltre ad essere trattata come commedia, presenta tanti interrogativi apparentemente irrisolvibili e solo successivamente, uno per volta, altri personaggi danno credito o confermano il racconto della ragazza, fino a quel momento considerata visionaria. Il finale, seppur pieno di colpi di scena e di ritmo più rapido, mi sembra un po’ forzato e in buona parte scontato.

In quanto a Young and Innocent lo si potrebbe anche definire solo commedia in quanto c’è poco mistero ma gli spettatori sono senz’altro presi dalle incredibili peripezie del presunto assassino in fuga con la perplessa e sempre esitante, poiché inesperta, figlia del comandante della polizia … il titolo si riferisce indubbiamente a lei. Anche in questo caso, situazioni e personaggi (a cominciare dai poliziotti incapaci e paurosi) sono di taglio decisamente ironico.

  
Infine Rebecca (1940), primo film americano di Hitchcock, portato a Hollywood con tutta la famiglia dal famoso produttore David O. Selznick. La sceneggiatura è tratta dal romanzo omonimo di Daphne du Maurier, nota scrittrice inglese dell’epoca (1907-1989) autrice anche dei testi che fornirono il soggetto per Jamaica Inn e, incredibilmente, anche di The Birds (Gli uccelli, nel quale la protagonista non è un’eroina come negli altri casi). Questo film ha struttura un po’ anomala in quanto la parte crime è limitata al finale, la defunta (Rebecca) non si vedrà mai e il resto del film è un vero e proprio dramma psicologico, con almeno tre personaggi con evidenti problemi, ma non manca qualche personaggio divertente come la coppia Lacy, con il marito interpretato da Nigel Bruce, famoso per le sue interpretazioni del dr. Watson in oltre una dozzina di Sherlock Holmes. Gli attori protagonisti Lawrence Olivier e Joan Fontaine (sorella minore di Olivia de Havilland) mantengono alto il livello, ma forse ancor migliore è la prova di Judith Anderson nei panni della governante Mrs. Danvers.

Le mie preferenze sono quindi, nell'ordine:

  • Sabotage (1936)
  • The Lady vanishes (1938)
  • Young and innocent (1937)

mercoledì 16 giugno 2021

Micro-recensioni 116-120: Hitchcock comincia a fare veramente sul serio

Consiglio: recuperate almeno The Man Who Knew Too Much e The 39 Steps

 
Come anticipato nel post precedente, nel 1932 Hitchcock lasciò la BFI per passare alla Gaumont British e, dopo l’interludio di Waltzes from Vienna (commedia ben realizzata, ma del tutto trascurabile), iniziò a dirigere film dei suoi generi preferiti, con tutt’altri risultati. Infatti, fra gli ultimi film del suo periodo inglese ci sono non solo i noti The Man Who Knew Too Much (1934, del quale poi lui stesso diresse un remake nel 1955) e The 39 Steps (1935) compresi in questo gruppo, ma anche e l’ottimo seppur meno conosciuto Sabotage (1936), Young and innocent (1937) e The Lady vanishes (1938) che fanno parte del prossimo. In questo gruppo:

  • Rich and Strange (1932)  
  • Waltzes from Vienna (1933)  
  • The Man Who Knew Too Much (1934)  
  • The 39 Steps (1935)  
  • Secret Agent (1936)

Tralasciando i commenti in merito all’insulsa commedia Rich and Strange (1932) e al già citato Waltzes from Vienna, passo quindi a parlare degli altri 3 di questo gruppo che hanno base comune gli intrighi internazionali ma, tranne che in Secret Agent i protagonisti sono comuni cittadini che si trovano coinvolti loro malgrado fornendo così infiniti spunti a Hitchcock per creare suspense. Infatti, se da professionisti si sa spesso cosa aspettarsi, per le persone impaurite, minacciate e/o accusate ingiustamente le loro reazioni non sono facilmente prevedibili e così al lavoro sui tempi per creare l’attesa, si somma quello di non sapere cosa succederà! Per questi motivi Secret Agent è quello dei tre che mi piace di meno mentre gli altri due sono, secondo me di gran lunga superiori. 

  
In The 39 Steps c’è però da dire che le scene finali sono un po’ troppo lunghe, monotone, non troppo credibili e senza un vero coinvolgimento dei protagonisti, ma la vedo come unica minore pecca di un gran bel thriller/mistery, con trama molto singolare, ben due personaggi “comuni” che si trovano invischiati nelle pericolose vicende (e non vanno per niente d’accordo), sviluppi pieni di twist e ambientazioni molto varie. Questo, oltre ad essere il mio preferito del gruppo, evidenzia ancora una volta quanta commedia Hitchcock riesca a mettere anche nelle situazioni più drammatiche (vedi citazione “commedie” post precedente).

Per The Man Who Knew Too Much volle Peter Lorre, divenuto improvvisamente famoso per il suo ruolo di killer pedofilo in M - Il mostro di Düsseldorf (1931, Fritz Lang, 91° miglior film di sempre) dopo aver lavorato in teatro per una decina di anni, diretto anche da Bertold Brecht. Lo riutilizzò per il successivo Secret Agent (1936), facendolo tornare apposta dagli USA dove si era già trasferito e dove avrebbe continuato la sua carriera da ottimo caratterista spaziando dai noir Il falcone maltese (1941, John Huston) e Casablanca (1942, Michael Curtiz) alle commedie come Arsenico e vecchi merletti (1943, Frank Capra), essendo apprezzatissimo dai grandi registi dell’epoca. In quanto al cast c’è da segnalare anche la presenza della quasi esordiente 14enne Nova Pilbeam nei panni dell’insopportabile figlia dei protagonisti che fra i suoi soli 14 film conta però un’altra collaborazione con Hitchcock (stavolta da protagonista) in Young and innocent (1937), ma direi che il mondo del cinema non ha perso molto.

domenica 13 giugno 2021

micro-recensioni 111-115: nei primi anni '30 Hitchcock non aveva potere

Proprio così, doveva subire le scelte (spesso infelici) dei produttori. In questo gruppo si salvano Murder! (1930) e Mary che però, in pratica, sono lo stesso film. E sì, perché il secondo altro non è che la versione tedesca del primo. Questa era operazione non certo comunissima, ma già praticata varie volte in diversi paesi. Si giravano le scene tante volte quante erano le versioni richieste (sono noti casi in cui ne furono prodotte perfino 9!) utilizzando cast completamente differenti (madrelingua e noti nel paese nel quale il film doveva essere distribuito) con le stesse scenografie … praticamente usciva una troupe e ne entrava un’altra. Mary, arrivò nelle sale europee un anno dopo Murder! ed essendo la versione tedesca fu distribuito solo in Austria, Germania e Cecoslovacchia e durava una ventina di minuti in meno.

 
Un paio di osservazioni di segno opposto: la prima drammatica parte anticipa di un quarto di secolo la situazione portante dell’acclamatissimo 12 Angry Men (1957, Sidney Lumet, 5° miglior film di sempre secondo IMDb) mentre nella seconda, fra le varie situazioni di taglio ironico, si assiste ad una relativamente lunga scena a dir poco esilarante. L’investigazione che Sir John ha deciso di intraprendere lo porta a passare una notte in una stanza d’affitto dove al mattino verrà svegliato dalla proprietaria, accompagnata dalla sua orda di figli piccoli e un gatto (inizia a 1:07:00 circa, non vi perdete questa scena). Tornando al tema dell’ironia di Hitchcock, riporto che, una volta gli fu chiesto perché non dirigesse commedie (affermazione oltretutto non vera), rispose: “Ma ogni film che ho fatto è una commedia!”.

Anche gli altri tre film di questa cinquina hanno ciascuno le proprie particolarità. Number Seventeen  (1932) era un film che Hitchcock non avrebbe voluto girare ma gli fu imposto, mentre quello al quale ambiva (London Wall) fu affidato a John Maxwell che invece sperava di dirigere Number Seventeen. Approfittando della caotica sceneggiatura il regista si divertì ancora una volta a produrre un film dissacrante, breve ma con infiniti colpi di scena, con una decina di personaggi la maggior parte dei quali non sono chi dicono di essere e si confrontano in varie combinazioni prima in una casa disabitata e poi in una folle corsa verso il porto dell’intero gruppo su un treno fuori controllo, tranne uno che li insegue su un bus dirottato. Con il senno di poi si apprezzano il montaggio e le rapide sequenze, ma non certo la qualità delle movimentate azioni assemblate fra studio e risibili modellini di treni e bus. Nella biografia scritta da Donald Spoto si legge che Hitchcock con sua moglie Alma Reville e Rodney Ackland si divertirono moltissimo a scrivere l’assurda sceneggiatura (che il pubblico però non gradì). Questo fu l’ultimo film di Hitchcock prodotto dalla BFI a giungere nelle sale, anche se fu girato prima del successivo Rich and Strange, terminando così un rapporto di lavoro travagliato che non apportò niente di memorabile nella sua ricca filmografia.

 
Altro discorso The Skin Game (1931) che soffre dell’origine teatrale del dramma basato su avidità, perdita di ogni senso morale ed un ricatto che porterà alla rovina le due famiglie che si affrontano senza esclusione di colpi. Seppur ben interpretato, resta sostanzialmente statico e poco cinematografico.

Infine, altro film di derivazione teatrale (al quale i più attribuiscono il poco ambito titolo di peggior film di Hitchcock) è Juno and the Paycock (1930) del quale lo stesso regista disse a Truffaut: “Non ha niente a che vedere con il cinema”. La storia è ambientata a Dublino al tempo della dichiarazione d’indipendenza dell’Irlanda (1922).

Come ripetuto già più volte, spesso agli inizi della sua carriera fu praticamente costretto a accettare lavori non suoi, dei quali non era assolutamente entusiasta.

sabato 12 giugno 2021

Fra pochi giorni procuratevi le noci per il nocillo

Breve discettazione in merito ad un particolare aspetto della ricetta campana di questo ottimo liquore (quindi nocillo e non nocino) senza assolutamente pretendere di dirimere la questione in quanto, come tutte le “vere ricette tradizionali e originali”, non esiste certezza poiché ogni famiglia tramanda la propria (vedi ragù, pastiera, casatiello, lasagna, …).

Ieri sera, attorno a un tavolo al quale sedevano note mastrechef (purtroppo mancava il mastrochef per antonomasia), si è accesa una diatriba in merito a dove debba conservarsi l’infusione nei giorni successivi alla preparazione: al sole o al buio? Ecco il risultato (meramente statistico, riportando quanto scritto nelle prime dieci ricette affidabili trovate su Google) che vede una netta prevalenza di “al sole”, seguito da “zona soleggiata” e solo uno sostiene che debba restare “al buio”:

  • … infusione per 40 giorni, possibilmente in luogo assolato.
  • … infusione e affinamento vanno effettuati al buio.
  • … infusione per 40 giorni al sole agitando la bottiglia settimanalmente.
  • … tenetelo in zona soleggiata per 2 giorni, poi esposto al sole almeno per metà giornata.
  • … in infusione per 40 giorni in un luogo in cui ci sia il sole.
  • … per circa un mese il barattolo deve essere esposto alla luce del sole.
  • … per due mesi posizionare il vaso al sole.
  • … barattolo alla luce parziale del sole per 60 giorni.
  • … recipiente ed esponetelo al sole per 40 giorni.
  • … la bottiglia all’aria aperta ed al sole per 40 giorni.

A chi gradisce la propria ricetta consiglio di non modificarla, ma se siete intraprendenti avrete infinite possibilità di provare nuove combinazioni fra durata di infusione, ingredienti aromatici, numero di noci, periodo d’infusione, quantità di zucchero e di acqua. Da tempo quest’ultima (ml di acqua per litro di alcool) ha dato luogo ad accesi dibattiti nel nostro ristretto gruppo di mastre e mastrichef. Molti si sorprendevano del solo bicchiere d’acqua utilizzato da Maria, ma la maggior parte degli assaggiatori ammettevano che il suo nocillo era ottimo e non eccessivamente forte. Approfittando di questa rapida ricerca sole/buio, ho dato uno sguardo anche alle quantità d’acqua scoprendo che in più ricette si suggeriscono 150ml (+ o – un bicchiere …), quindi congruenti con quanto affermato da Maria (e messo in dubbio da alcuni).

Restando in argomento liquidi che vanno a comporre il nocillo, aggiungo che nelle introduzioni delle ricette ho trovato citata più volte anche la interessante tradizione che vorrebbe che le noci si cogliessero la sera del 23 giugno e fossero lasciate tutta la notte di San Giovanni (quando passano le janare e ‘o trave ‘e fuoco care a mareall’aperto, per trovarsi bagnate di rugiada all’alba del 24. Quindi oltre al bicchiere d’acqua e gli umori contenuti nelle noci fresche anche la rugiada della magica notte dovrebbe contribuire a diluire l’alcool e quindi abbassare la gradazione finale.

Probabilmente avrò creato solo ulteriori dubbi fra quelli che lo producono autonomamente, ma spero di aver anche pungolato qualcuno a sperimentare varianti della ricetta di casa o altri a iniziare a cimentarsi nella produzione di nocillo!

venerdì 11 giugno 2021

micro-recensioni 106-110: gli altri 4 muti di Hitchcock e il suo primo sonoro

Comincio con un breve commento in merito a quelli che (in questo gruppo) ho più apprezzato, sia alla prima visione molti anni fa, sia in questa serie cronologia: The Manxman (1929, il suo ultimo muto) e Blackmail (1929, il primo sonoro inglese in assoluto). Il primo è molto ben diretto e mostra come Hitchcock si trovi a suo agio anche girando in esterni naturali; veramente avvincenti le immagini delle coste e del villaggio dell’isola di Man (manxman = abitante dell’isola di Man). Blackmail è in effetti il secondo crime/thriller dopo The Lodger e lo si potrebbe etichettare quasi come un noir ante litteram; solo successivamente, in particolare nel periodo americano, si dedicò quasi esclusivamente a crimini di vario genere e suspense. In questo caso si tratta di un omicidio (casuale) e di un ricatto altrettanto occasionale. Viene citato come uno dei pochi film nel quale già si conosce l’assassino e la suspense resta nel se, come e quando verrà smascherato. Entrambi sono da non perdere, e non solo per i cinefili più incalliti.

 
Anche gli altri 3 silent di questo gruppo sono di genere molto diverso, spaziando da un dramma con al centro una donna contesa fra due pugili e che dovrà scegliere fra l’innamorato sincero e il campione di successo - The Ring (1927, mediamente il più quotato di questo gruppo, ma io dissento) - alla commedia romantica ambientata nella campagna inglese del secolo precedente - The Farmer's Wife (1928), datato ma molto ben congegnato, a tratti ricorda il teatro di Eduardo de Filippo – e ad un’altra commedia, di livello ben inferiore, che vede protagonisti ricchissimi contemporanei che viaggiano in areo (privato) - Champagne (1928).

Aggiungo che ho notato che in questi primi 9 film (gli 8 muti ed il primo sonoro) solo in The Farmer’s Wife non si trova un tradimento o quasi-tradimento, non solo in quanto a relazioni di coppia ma anche nel campo dell’amicizia. Inoltre, il passaggio dal muto al sonoro è legato anche alla presenza di Anny Ondra, famosa attrice e poi produttrice mitteleuropea, protagonista sia in The Manxman che il Blackmail, uniche sue due collaborazioni con Hitchcock.

  
Cosa risulta comunque ben chiaro dopo la visione dei muti di Hitchcock a nostra disposizione? Fin dagli inizi la sua tecnica è sopraffina nel raccontare storie e descrivere personaggi anche se banali o se inseriti nel film semplicemente per distrarre gli spettatori (è noto che fosse un grande osservatore di umanità). Per di più, oltre alle sue esperienze precedenti nel campo cinematografico, contava su approfonditi studi di quelli che erano i maestri del cinema di allora (e molti lo sono ancora oggi), in particolare quelli delle scuole russa e tedesca. Con immagini di oggetti, primi piani, una parte per il tutto, messaggi scritti o vere e proprie lettere, manifesti e insegne che scorrono velocemente Hitchcock riesce a narrare in modo chiaro anche senza l’ausilio dei cartelli (ai quali ricorre solo quando sia indispensabile) o della parola nel caso del primo parlato. Ciò dimostra che il regista era assolutamente sincero e credeva fermamente in ciò che faceva, tanto che fra le sue più famose citazioni in merito al suo stile troviamo:

  • I film muti erano la forma di cinema più pura
  • Quando filmiamo una storia dovremmo ricorrere al dialogo solo quando è impossibile fare altrimenti.
  • Se un film è buono, anche senza audio il pubblico avrebbe un’idea perfettamente chiara di ciò che succede.

lunedì 7 giugno 2021

I primi 4 muti di Alfred Hitchcock

Come da programma, ecco poche righe in merito agli inizi di Hitchcock nelle vesti di regista. Sì, perché era già entrato nel mondo del cinema nel 1919 proponendo suoi bozzetti di titoli alla casa di produzione americana Paramount (che aveva appena aperto una succursale a Londra). 
Fu assunto praticamente come tirocinante il che gli consentì di affiancare i vari specialisti d'oltreoceano facendo così esperienza in quasi tutti i campi. Nel 1922 gli americani se ne andarono e gli stessi studi furono occupati dalla Gainsborough Pictures lui non perse il posto anzi cominciò ad avere maggiori responsabilità tanto che l'anno seguente gli furono affidati i compiti di scenografo, sceneggiatore e produttore di Woman to Woman e in tale occasione conobbe Alma Reville che sarebbe poi stata sua consigliera e collaboratrice, nonché moglie, fino alla fine dei suoi giorni. 
I primi tentativi di realizzare un film fallirono ma, finalmente, nel 1926, Hitchcock portò a termine The Pleasure Garden nel quale già si nota l'attenzione del regista alle scenografie, alle inquadrature e, soprattutto, al montaggio. Ad un occhio attento non sfuggono altresì le influenze dell'espressionismo tedesco (era stato per un certo tempo in Germania ed aveva assistito alla produzione di L'ultima risata (Der Letzte Mann, 1924, di F.W. Murnau), nonché dei cineasti russi che crearono le basi del cinema, tutt'oggi valide, vale a dire Eisenstiein, Vertov e Pudovkin. In quanto al montaggio, al quale Hitchcock ha sempre dedicato particolare importanza e cura, vale la pena guardare questo breve filmato nel quale il regista illustra vari modi di utilizzarlo.

Penso abbiate già intuito che non entrerò nei dettagli dei 4 film di questo gruppo, né dirò altro del documentario / intervista Hitchcock / Truffaut (2015, Kent Jones, Fra/USA) in quanto reputo sufficiente l'introduzione scritta nel post precedente ... si deve solo guardare e ascoltare, non si può raccontare. I film visti sono:

  • 1925 The Pleasure Garden (Il labirinto della passione)
  • 1927 The Lodger - A Story of London Fog (L'inquilino)
  • 1927 Downhill - When a Boy Leave Home (Il declino)
  • 1927 Easy Virtue (Fragile virtù)

  

The Pleasure Garden è una dramedy molto movimentata e articolata, che portò il regista a girare in Germania, Francia ed in Italia (Riviera ligure e Lago di Como). Pur essendo il primo per data di produzione, fu distribuito solo dopo l'ottima accoglienza avuta dal successivo The Lodger. Furono apprezzati in particolare lo stile moderno ed il rapido e significativo montaggio. 

The Lodger è il primo film del quale Hitchcock fu regista e sceneggiatore (anche se uncredited nella seconda veste) ed è anche individuato da tutti come il primo thriller/suspense, il genere che lo renderà famoso. 

Downhill non è al livello del primo in quanto a tecnica né di interesse simile al secondo; tuttavia è certamente sopra la sufficienza.

Easy Virtue è uno dei meno quotati nella produzione complessiva del regista (purtroppo si troverà di peggio), ma molti vedono questo film come un dispetto fatto alla Gainsborough (passerà alla BIP - British Int. Pictures) e ridicolizzare il lavoro teatrale di Coward da cui è tratto (veramente banale) che comporta, come spesso accade, tante scene statiche, poca azione e più cartelli (specialmente se comparati ai pochissimi di The Lodger).  

Nel complesso, tutti tranne l'ultimo sono interessanti e meritano di essere guardati, specialmente nell'ottica dello sviluppo dello stile del regista durante i suoi oltre 50 anni di attività cinematografica. Singolare sono le inclusioni di alcuni personaggi di contorno caricaturali e situazioni divertenti (come quella dei bambini nel negozio di dolci in Downhill) che poco o niente hanno a che vedere con la trama. 

Infine, in The Lodger si registra la prima apparizione / cameo di Hitchcock (in effetti sono due) e la ragione di ciò, che poi divenne un vezzo, fu la necessità di sostituire una comparsa nella sala stampa ...

venerdì 4 giugno 2021

Tutto Hitchcock … visione dei suoi 53 lungometraggi esistenti

Come anticipato nel precedente post, ricomincio a guardare film con la solita frequenza (mediamente almeno uno al giorno) e mi sono riproposto di affrontare l’intera filmografia di Alfred Hitchcock, già vista alla rinfusa negli anni passati, stavolta in rigoroso ordine cronologico. 

La farò però precedere dalla visione del documentario basato sullo “storico” confronto (non furono certo interviste nel vero senso della parola) fra il maestro della suspense e Truffaut; una settimana di scambi di idee sulla regia che furono la base del famoso libro del regista francese. Nel 2015 Kent Jones ha montato parte delle suddette discussioni, intercalandole con spezzoni di interviste a tanti altri famosi cineasti, da Paul Schrader a Martin Scorsese, da Wes Anderson a Peter Bogdanovich, da Kiyoshi Kurosawa a Richard Linklater, ed in immagini d’archivio appaiono anche Jean-Luc Godard, Claude Chabrol, Vera Miles (Psycho e The Wrong Man) e Anny Ondra (The Manxman and Blackmail, ultimo muto e primo sonoro). Ci sono vari interessantissimi stralci nei quali mostrano spezzoni di loro film e ne valutano l'approccio e la realizzazione. Il documentario originale (in inglese e francese, questo sottotitolato in inglese) è disponibile online su diversi siti, questo è un esempio di streaming.

Un altro sostanziale supporto a questa piacevole ed interessante impresa cinefila sarà fornita dal libro Alfred Hitchcock (2018, 450 pagg., Cineteca Nacional Mexico), compilato dal regista messicano Guillermo del Toro, altro suo grande ammiratore.
Scrivo “compilato” in quanto è una precisa raccolta di schede che, in ordine cronologico, trattano di tutti i film del maestro, complete di credits, dati tecnici, trama e commenti di lunghezza molto variabile a seconda della qualità e notorietà, curiosità e perfino indicazione della scena nella quale compare il regista (i cameo erano il suo noto marchio di fabbrica). Oltre a questi, divisi nelle tre classiche sezioni (UK silent, UK sound, USA), ce n'è anche una quarta che raccoglie i telefilm.
Le schede possono portare all'attenzione del lettore particolari facilmente che altrimenti non sarebbero notati e specifiche dichiarazioni dello stesso regista in merito alla sua valutazione dei risultati. A conclusione di numerose schede si trovano anche citazioni di rispettatissimi cineasti come André Bazin, Marlene Dietrich, Truffaut, Del Toro e dello stesso Hitchcock come, per esempio:
  • Forbici che non luccicano sono come asparagi senza condimento (Dial M for Murder, 1953)
  • Diciamo che la prima versione (1934, n.d.r.) è il lavoro di un talentuoso dilettante e la seconda è realizzata da un professionista (The Man Who Knew Too Much, 1955)

Nel prossimo post scriverò quindi della prima metà del gruppo dei muti - da The Pleasure Garden a Easy Virtue e del documentario di Kent Jones. Questi è l’elenco dei silent movies di Hitchcock, nel quale ho incluso anche il primo (incompiuto) e quello disperso.

  • 1922 Number 13 (incompiuto)
  • 1925 The Pleasure Garden (Il labirinto della passione)
  • 1926 The Mountain Eagle (Aquila della Montagna) (scomparso)
  • 1926 The Lodger - A Story of London Fog (L'inquilino)
  • 1927 Downhill - When a Boy Leave Home (Il declino)
  • 1927 Easy Virtue (Fragile virtù)
  • 1927 The Ring (Vinci per me!)
  • 1928 The Farmer's Wife (La moglie del fattore)
  • 1928 Champagne (Tabarin di lusso)
  • 1929 The Manxman (L'isola del peccato)

Se qualche altro cinefilo (oltre ai mio solito sparuto gruppo di sodali) volesse partecipare (via Skype) alle chiacchierate informali successive alle visioni mi può contattare via blog o via email.

PS - da notare che già negli anni '20 si praticava la traduzione selvaggia dei titoli!