mercoledì 30 novembre 2016

Feste molto rumorose al suono di "cacharros"

* Fiesta de los cacharros (Valle de La Orotava, Tenerife, Canarias) 
* Arrastre de latas (Algeciras, Andalucia)

Due feste infantili simili, di origini incerte e comunque diverse, legate a due località molto distanti fra loro.
La prima si celebra (almeno nella versione attuale) la sera del 29 novembre, vigilia della festa di Sant'Andrea, patrono di Icod de los VinosQui e in altri centri del Valle c'è la tradizione di mettere insieme una quantità di latte, lattine e scatole di banda stagnata creando soprattutto "serpenti" più o meno lunghi, ma i più creativi le uniscono nelle forme più strane. 
Cacharro significa piccolo recipiente, ma anche coccio o una cosa vecchia in genere. Ragazzi e bambini nei giorni precedenti si procurano non solo barattoli e latte ma addirittura bagnarole e piccoli elettrodomestici, insomma qualunque cosa che, trascinata per strada, faccia rumore.
L’origine, come detto, non è certa. Oltre ad una teoria che la lega al mettere in fuga le streghe con il gran fracasso, tutte le altre sono connesse con Sant’Adrea e il vino. Una leggenda vuole che San Andrés zoppicasse, ma non si sa se per malformazione o per essere ubriaco e comunque los cacharros gli sarebbero stati legati ai vestiti da bambini impertinenti. Più o meno simile quella che narra che i bambini svegliano il santo al suono di cacharros per non farlo arrivare tardi alla sua festa, qui legata al vino (apertura delle cantine) che viene accompagnato da castagne arrostite nelle classiche "fornacelle" tronco-coniche. Oltre un paio di settimane di ritardo rispetto all’italica tradizione secondo la quale "a San Martino ogni mosto è vino" (11 novembre), ma qui siamo alle Canarie.
   
Il 29 era anche il giorno in cui si usava andare in riva al mare a lavare botti e barili con acqua salata prima di travasare il vino e a ciò è connessa una ulteriore ipotesi cioè che i padroni delle cantine, andando a lavare i fusti e le botti in riva al mare trascinavano cacharros per annunciare che il vino era pronto..
«Hoy es día 29,/ víspera de San Andrés./ Las castañas están al fuego,/ el vino ya está en el jarro/ y en el Puerto de la Cruz/ todos ruedan el cacharro».
Oggi è 29, vigilia di Sant’Andrea. Le castagne sono sul fuoco, il vino nel boccale  a Puerto de la Cruz tutti “ruedan el cacharro”.
Fino agli anni ’80 è stata una gran festa, poi cadde quasi nell’oblio per poi tornare di moda nei luoghi di produzione (La Orotava, Icod de los Vinos, ecc.) e a Puerto de la Cruz dove venivano lavati i barili.
   
La seconda, detta anche Cabalgata de las latas, è invece connessa con l'epifania, festa molto sentita in tutta la Spagna in quanto è allora che i bambini ricevono i loro regali più importanti. Alla festività ci si riferisce come Los Reyes "("I Re", ovviamente Magi).
Anche in questo caso le ipotesi in merito all'origine e significato sono molteplici. I bambini il 5 gennaio devono farsi sentire dai Magi poiché il malvagio " gigante de Botafuego" in quel giorno crea una coltre di nubi o fumo che oscura le luci della città e di conseguenza Los Reyes passano oltre senza lasciare alcun dono. Più semplicemente altri sostengono che anticamente i bambini univano tutti i giocattoli rotti o vecchi (un tempo per lo più di latta) per ricordare ai Magi che avevano bisogno di riceverne di nuovi.
   
Pur essendo caratteristica di Algeciras (alle cui spalle si trova Botafuego) , attualmente feste simili si svolgono anche a Tarifa e Cadice entrambe a pochi km di distanza, lungo la costa della parte più meridionale della penisola iberica. La sfilata rientra nella ben più importante Cabalgata de los Reyes.
Il termine cabalgata non significa solo “cavalcata” (sebbene sia l'origine della parola), ma una sfilata in genere, con o senza cavalli, spesso con carri, persone in costume, ecc. 

domenica 27 novembre 2016

"BAR BAHAR" donne palestino-israeliane di nuova generazione

Tre giovani donne palestino-israeliane evolute si scontrano con gli effimeri e spesso falsi venti di libertà e progresso. In Bar Bahar la giovane regista Maysaloun Hamoud offre agli spettatori uno spaccato della vita di alcune donne palestinesi dei nostri giorni, molto diverso da luoghi comuni e stereotipi. 
Come in ogni altra società, i modi di vita di tre co-inquiline (molto diversi fra loro) non possono certo rappresentare quelli di tutte le donne e meno che mai in questo caso, tuttavia è importante che si sappia che esistono anche quei tipi di problemi che, in fin dei conti, sono simili a quelli occidentali, di quell’Europa alla quale più volte fanno riferimento.
In un moderno appartamento di Tel Aviv (Israele) alla cristiana lesbica con piercing e tatuaggi, aspirante DJ, e all’avvocatessa disinibita e dall’abbigliamento stravagante e provocatorio, gran fumatrice e facente uso di droghe, inaspettatamente si aggiunge una studentessa di informatica, musulmana osservante, con tanto di hiyab.
Tutte e tre si troveranno ad avere a che fare con possibili (improbabili) partner e con le loro famiglie che non accettano i loro stili di vita e che, al di là della facciata di liberalismo e progresso, ostacolano per quanto possono la loro libertà scelta. Nel breve periodo descritto nel corso del film Laila, Salma e Nour riusciranno solo a prendere coscienza delle loro idee e a stringere un solido legame di rispetto e amicizia, a dispetto delle loro diversità.
   
Ovviamente non può né vuole essere esaustivo, ma in tutta l’inaspettata modernità quasi si fondono la tolleranza nei confronti degli omosessuali (un loro amico a dichiaratamente gay), alcool, droga, ecc. e i vincoli dettati dalle famiglie patriarcali e dalle religioni.  
Trailer con sottotitoli in inglese, se li preferite in spagnolo ecco il link
Sono quasi certo che il film ha ottenuto tutti i premi ai quali concorreva in tre festival diversi (3 a San Sebastian, 2 a Haifa e uno a Toronto) proprio per il fatto di descrivere queste giovani che non accettano “l’obbligo” di dover rimanere in casa ad occuparsi solo della cucina e dei figli, ma con la chiara volontà di raggiungere l’emancipazione e l’autodeterminazione. Storie inaspettate e quasi sorprendenti per chi conosce quelle realtà solo attraverso le immagini violente che vengono propinate dalle tv e avvenimenti tragici raccontati dai giornali, eppure storie vere e reali. 
Come ho più volte scritto, i film stranieri seri di paesi di cui si sa poco o niente, al di là della loro qualità tecnica e artistica, sono fondamentali per aprirci la mente, per comprendere alcuni aspetti della vita quotidiana in altre culture, e Bar Bahar non fa eccezione.
Questo è il primo lungometraggio della regista palestinese la quale, oltre a dirigerlo, ne ha anche scritto la sceneggiatura e questa è una lunga intervista (in spagnolo) rilasciata durante il Festival di San Sebastián di settembre scorso. Al termine della stessa Maysaloun Hamoud (seconda da sinistra nella foto) afferma che nelle sue intenzioni Bar Bahar dovrebbe il primo di una trilogia, il secondo si chiamerà Bar (Terra) e il terzo Bahar (Mare).
Il film è appena giunto nelle sale esordendo in Spagna (25 novembre), al momento non ci sono anticipazioni di uscite in altri paesi, se non quella in Israele a gennaio 2017. Se siete interessati, ogni tanto fate una ricerca ricordando che il titolo è quello originale in arabo, ma in ebreo è Lo Po, Lo Sham, quello internazionale per ora è In between, in spagnolo è stato aggiunto Entre dos mundos, chissà come sarà in italiano, se mai verrà distribuito nel “bèl paése”.
   
Per vostra conoscenza, i palestinesi israeliani sono circa 2 milioni, poco meno del 20% della popolazione complessiva di Israele. Non sono tutti musulmani e tantomeno terroristi, molti sono cristiani. Molte giovani sono assolutamente indipendenti, professioniste e cercano di vivere in stile più occidentale ma, nonostante molte conquiste e miglioramenti rispetto al passato, il percorso sembra essere ancora molto lungo.
 
361° film del 2016: un film al giorno (366, essendo bisestile)
Bar Bahar” (Maysaloun Hamoud, Israele, 2016) 
con Mouna Hawa, Sana Jammelieh, Shaden Kanboura
Film molto interessante anche se non di eccelsa qualità, notevole anche la colonna sonora ... consigliato.

giovedì 24 novembre 2016

Ottimo, fortunato e creativo restauro di un film

Le prime di Lost Horizon (quello originale di Frank Capra e non il remake 1973) si tennero contemporaneamente a Los Angeles e San Francisco il 2 marzo 1937 ed il giorno successivo a New York e per alcuni anni identiche pellicole della durata di 132 minuti furono proiettate in tutto il mondo (tit. it. Orizzonte perduto). Questa mega-produzione della Columbia ebbe un notevole successo anche in conseguenza dei 2 Oscar vinti e delle 5 Nomination.
Nel corso degli anni, probabilmente per motivi commerciali, furono tagliate varie scene per un totale di una ventina di minuti. Dopo 30 anni si scoprì che il negativo originale era deteriorato a tal punto da risultare inservibile e non si era a conoscenza di alcuna copia originale completa.
Finalmente, nel 1973, The American Film Institute (AFI) decise di condurre una minuziosa indagine in tutti gli archivi del mondo per identificare le versioni del film sopravvissute. Il risultato fu in parte abbastanza soddisfacente in quanto furono trovati quasi tutte le parti tagliate (seppur di qualità variabile da eccellente a scadente), tuttavia mancavano ancora sette minuti. Ma la buona, ottima notizia, una vera sorpresa, fu il ritrovamento di una colonna sonora originale completa.
Così fu possibile mettere mano al restauro vero e proprio da parte della Sony Pictures Entertainment, UCLA Film e Television Archive che utilizzarono moderne tecnologie digitali per ottenere la miglior qualità possibile dalle scene esistenti la cui durata complessiva restava comunque di 7 minuti più breve della colonna sonora.
   
A questo punto, oserei dire con un colpo di genio, fu deciso di non accorciare quest’ultima sincronizzandola con le immagini  disponibili, ma di “riempire”  le parti mancanti con fotogrammi a disposizione e con foto di scena originali, a mo’ di fotoromanzo. In vari dialoghi furono associati i primi piani di chi parlava (con espressioni adeguate), in altri scene di gruppo o comunque più ampie.
Il più lungo spezzone riprodotto con questa tecnica è quello in cui il paleontologo Lovett racconta la storia dei tre orsetti nella scuola all’aperto, con gran divertimento dei bambini ma con Barnard che lo interrompe e lo prende in giro.
   
Il risultato complessivo è eccellente in quanto non si perde praticamente niente della sceneggiatura, lasciando il ritmo del film fluido e piacevole.
Chissà se altri hanno utilizzato la stessa tecnica ... ovviamente avendo la fortuna di avere a disposizione la colonna sonora originale.

martedì 22 novembre 2016

Wifi gratis e socialità

Stamane, su un giornale online straniero, ho letto uno stimolante articolo a riguardo dei cambiamenti sostanziali già intervenuti in molti bar, caffetterie e simili che mettono a disposizione dei loro clienti la connessione gratuita ad internet. L’ambiente e clientela stanno cambiando, da luoghi di incontro per una chiacchierata, scambi di opinioni o brevi incontri di affari, i suddetti tipi di locali si stanno trasformando in spazi di studio o lavoro online.
Di conseguenza in alcuni di essi, specialmente in alcune fasce orarie, è cambiata completamente l'atmosfera, al suono caratteristico di un mix di voci, risate, e tintinnare di tazze, bicchieri e cucchiaini si è sostituito un deprimente silenzio quasi assoluto e addirittura chi "osa parlare non sussurrando" viene ripreso da chi è immerso nel mondo virtuale.
Non sto parlando di quelli che semplicemente consultano email, FB, Twitter ecc., ma di quelli che piazzano il loro laptop sul tavolino, scegliendo quello con una presa elettrica a distanza di cavo, comprano una bottiglietta d'acqua o un caffè e stanno lì per ore. Gli stessi esercenti che fino a un certo punto hanno attirato clienti offrendo wifi gratuito ora stanno studiando come contrastare questa cattiva abitudine. C'è chi ha pensato di richiedere al minimo una consumazione per ora o mezz'ora, altri tentano di risolvere distribuendo password valide solo per le suddette durate.
Sia chiaro che non sono contrario alle reti aperte e all'uso di tablet e simili in luoghi pubblici. La prima stesura di questo post è nata proprio mentre aspettavo il mio potaje e le sardine fritte. Viaggiando quasi sempre da solo da sempre ho approfittato dei tempi morti per leggere o scrivere, non avendo con chi conversare, passare da un libro o un giornale a un e-book o Internet e prendere appunti in modalità digitale invece di utilizzare carta e penna non mi fa sentire colpevole e sono comunque sempre pronto a sospendere ciò che sto facendo per scambiare qualche parola con baristi, cuochi, camerieri e altri avventori.

Situazione diversa, ma forse ancora più triste, è quella di quei gruppi seduti attorno a un tavolo "giocherellando" con i loro smartphone senza scambiarsi una sola parola. Che escono a fare???

Si è perso lo spirito dei bar con discussioni e polemiche prive di possibili soluzioni (che siano di argomento politico o sportivo poco importa), punto d'incontro per pettegolezzi, lamentele, prese in giro e progetti senza speranza?

Dove sono finite socialità e comunicazione diretta, vis-à-vis?
Sono destinate a scomparire del tutto e definitivamente?

domenica 20 novembre 2016

Ficus macrophylla f. columnaris, un albero eccezionale

Si tratta di un baniano (famiglia Moraceae, genus Ficus) che, come vari altri suoi stretti parenti, crescendo produce numerose radici avventizie. Queste hanno origine dai rami, giungono fino al suolo, piantano vere radici e con il tempo si trasformano in veri e propri tronchi supplementari, spessi e robusti come colonne, da cui il nome di questa sub specie.

I Ficus macrophylla f. columnaris sono endemici della piccola Isola di Lord Howe (nel sud Pacifico, circa 600km a est dell’Australia), ma per essere molto particolari nei secoli scorsi furono piantati (con evidente successo) in numerosi Giardini Botanici.

Questo é uno degli alberi più affascinanti fra quelli che conosco e che ho avuto occasione di ammirare in più di una occasione. Oltre la sua imponenza, colpisce la sua struttura composita e articolata, che conferisce a ciascun esemplare un aspetto diverso, ma sempre spettacolare.
L'albero delle foto si trova in quello che comunemente è conosciuto come Orto Botanico di Puerto de la Cruz (Tenerife), ma che in effetti è il Jardín de Aclimatación de La Orotava, fondato nel 1788, secondo Orto Botanico di Spagna dopo il Real Jardín Botánico de Madrid.
Fu creato con l'obiettivo di far adattare piante delle Americhe al clima della penisola iberica, veniva inteso come una tappa intermedia fra i climi tropicali e quelli temperati dell’Europa meridionale, ma questa idea non aveva alcun vero fondamento scientifico.
     
Non vi fate ingannare dalle foto: si tratta di un unico albero, si potrebbe dire con molteplici tronchi. Un esemplare di baniano, avendo il supporto di un sufficiente numero di “colonne”, può raggiungere un’altezza di varie decine di metri e arrivare a coprire una superficie di 2 ettari. In varie religioni, a cominciare dal buddismo, i  baniani sono ritenuti sacri forse anche per la loro longevità. Per esempio, Lo Sri Maha Bodhi è un baniano (Ficus religiosa) che si trova a Anuradhapura, nello Sri Lanka. È un discendente diretto dell'albero di Bodhi piantato nel 288 a.C. ed è l’albero più antico del quale si conosca “la data di nascita”.
Queste ed altre foto sono in questo album Google+

venerdì 18 novembre 2016

Diversi modi di spendere milioni (chi ce li ha)

Di recente varie di notizie di spese esagerate hanno attirato la mia attenzione, si tratta di opere d’arte battute all’asta e di un matrimonio in India. 
In pochi giorni a New York da Christie's sono stati venduti il dipinto ''I covoni'' (1890-91) di Claude Monet per 81,4 milioni di dollari (76mln euro) e la tela del maestro dell'astrattismo William de KooningUntitled XXV" (1977) per 66,3 milioni di dollari (62mln euro), mentre da Sotheby's per “soli” 54,5 milioni di dollari (51mln euro) qualcuno si è aggiudicato "Ragazze sul Ponte" (1902) di Edvard Munch, autore del famoso quadro "L'urlo".
    
Il matrimonio indiano era quello della figlia di Gali Janardhan Reddy (ex-ministro da poco scarcerato dopo aver scontato una pena per corruzione, ma i soldi provengono in gran parte dalle sue miniere in Africa) e pare che sia costato 5 miliardi di rupie pari a circa 69 milioni di euro, anche se gli organizzatori sostengono che questa cifra sia il triplo di quella reale. Lo sfarzo dei festeggiamenti ha indignato l'opinione pubblica indiana, e ci sono state proteste perfino in parlamento.
Il ricevimento si è svolto nel Bangalore Palace (costruito nell’800 in stile Tudor) e nel parco circostante di 183 ettari sono stati ricreati ambienti dell’epoca dell’Impero di Vijayanagara (XIV-XVII sec.) con villaggi completi di templi, mercati, case e spazi per i giochi delle feste dell’epoca, compresi i combattimenti fra tigri, e ovviamente non mancavano figuranti vestiti in modo da rendere ancora più reale il set. Le installazioni, distribuite su quasi 15 ettari, sono state curate dai migliori scenografi di Bollywood sotto la direzione di Shashidhar Adapa il quale ha sottolineato di come si trattasse di una mega-ricostruzione del sito storico di Hampi, completo del grande tempio dedicato a Vitthala, Shiva e Ganesha. Il matrimonio è durato 5 giorni e la cerimonia religiosa è stata officiata da 8 sacerdoti.
Fra gli oltre 50.000 (proprio cinquantamila, una città!) convenuti c’erano numerosi politici (ma tanti altri hanno declinato l’invito) e tutte le stelle di Bollywood. L’originale (ma molto kitsch) invito arrivava in una scatola azzurra contenente uno schermo LCD sul quale all’apertura partiva in automatico un video di poco più di 2 minuti e mezzo. 

Non solo in India ma anche in altre parti del mondo sembra che i commenti indignati siano quasi esclusivamente all’indirizzo del magnate indiano, il che mi sembra irragionevole ed ecco il perché. Indipendentemente dal modo in cui abbia fatto soldi almeno si sa chi è, probabilmente evade parte delle tasse, è stato condannato per una frode e si è fatto oltre 2 anni di galera. Al contrario, l’identità di chi ha comprato i quadri è sconosciuta e chi ha speso ancor di più dell’ex-ministro potrebbe anche essere un criminale della peggiore specie, un trafficante di droga, armi, uno che si occupa di riciclaggio di danaro sporco, o altro. In ogni caso penso che chi ha soldi ha il diritto di spenderli come meglio ritenga.
Venendo al punto della “immoralità” di tale quantità di denaro “sperperato”, penso che almeno il signor Raddi abbia contribuito al bilancio familiare di migliaia e migliaia di lavoratori indiani considerando che ne sono stati impiegati 3.000 solo per la sicurezza e ad essi vanno aggiunte centinaia di cuochi, camerieri, giardinieri, carpentieri, elettricisti, artisti (oltre a quelli locali c’erano anche ballerine fatte venire direttamente dal Brasile), musicisti, quelli che guidavano i carri trainati da buoi con i quali gli invitati venivano portati al palazzo, e chi più ne ha più ne metta. Da considerare anche il valore immateriale del piacere della stragrande maggioranza dei partecipanti per aver goduto di questa festa memorabile, quasi unica.
Al contrario, quelli che hanno comprato i tre succitati dipinti probabilmente li custodiranno gelosamente in un caveau, godendo raramente della loro vista, e nessuno oltre pochi amici avranno più il piacere di ammirare quelle opere (che starebbero molto meglio in un museo). 
I soldi sono passati da un conto ad un altro e nel passaggio una parte si è fermata nelle casse della casa d’asta che ne ha curato la vendita.

Personalmente, preferisco quelli che fanno circolare il denaro come Raddi distribuendolo in numerose tasche, anche se in minime quantità, e non chi si spende cifre enormi in modo egoistico facendole passare da un mega-conto ad un iper-conto.

mercoledì 16 novembre 2016

Zoo sì, zoo no? Dipende da come sono gestiti ...

Come per la maggior parte dei dilemmi, forse tutti, non si può fornire una risposta univoca e definitiva ... si deve valutare caso per caso. 
Premetto che non sono particolarmente amante dei giardini zoologici, ma ne ho visitato vari che sono ben organizzati, ottimamente tenuti e che sono amministrati da fondazioni che spendono fior di quattrini per la salvaguardia dell’ambiente e di alcune specie animali in particolare.
   
Quest’anno ho visitato lo Zoo di Washington (USA) gestito dalla Smithsonian Foundation e ieri il Loro Parque di Tenerife (gestito dalla Loro Parque Fundación), secondo al mondo per gradimento del pubblico, primo in Europa. In questi ultimi anni ha promosso 109 progetti, in 30 paesi di cinque continenti, con un investimento di quasi 16 milioni di dollari.
   
Entrambi spendono quindi per la ricerca scientifica, preservazione di ambienti particolari, protezione di specie a rischio, ripopolamento e altre attività simili. Per quanto riguarda gli animali, entrambi adottano la politica di avere un numero limitato di esemplari e specie, concedendo loro spazi più ampi di quelli che in passato erano la norma e ricostruendo, per quanto possibile, l’habitat naturale per ciascuna specie.
   
Negli zoo di qualità come i suddetti (per esempio, San Diego, Omaha, Singapore, Zurigo, ecc.) si possono ammirare specie più o meno rare, quasi impossibili da trovare allo stato selvatico e alcune di esse ormai sopravvivono solo in cattività grazie proprio ai giardini zoologici, parchi natura e simili. 
Gli spettacoli ... non sono proprio il meglio dal punto di vista degli animali, ma c’è da dire che molti di quelli che si esibiscono sono nati in cattività e che sono molto predisposti al tipo di compiti ai quali vengono chiamati e, spero tutti convengano su questo punto, sono ben altra cosa rispetto ai circhi. Non si deve dimenticare inoltre che proprio questi show sono quelli che, attirando migliaia di visitatori paganti, permettono di raccogliere cifre considerevoli che poi vengono "investite" in progetti di conservazione e salvaguardia. 
Gli animali sono seguiti da staff di specialisti, si studiano le loro abitudini e loro debolezze, seguono tutti diete ottimali, sono recuperati in caso di ferite, debilitazioni o handicap. 
   
Proprio in merito a quest’ultimo punto è esemplare la storia di Morgan, un’orca del Loro Parque, che soffre di sordità quasi completa e che è stata recuperata “socialmente” ed è diventata una delle star dello spettacolo delle orche ma, a differenza delle altre, viene guidata tramite segnali luminosi invece che acustici.
Molti avranno letto delle polemiche sorte in seguito ad un suo strano comportamento nel giugno scorso quando deliberatamente saltò fuori dell’acqua e rimase a secco per più tempo del normale. Si parlò di tentato suicidio, di un tentativo di fuga dalle minacce delle altre orche o di un comportamento normale visto che è una tecnica che si insegna per permettere visite veterinarie e alte analisi.

La SeaWorld, l'organizzazione che gestisce parchi marini in tutto il mondo e che è proprietaria di Morgan, sostiene che non può essere liberata, perché è sorda e non potrebbe sopravvivere in ambiente naturale. Altro argomento per discussioni senza fine e senza controprova ...

sabato 12 novembre 2016

Come “perdere tempo” online ... piacevolmente (non xxx)

Si entra nel sito del National Geographic, si va alla pagina di apertura del concorso di fotografia naturalistica 2016 e non se ne esce più!

Canocchia pavone (foto di David Seaman)
Questo vale per gli amanti della natura, di quelli che apprezzano non solo la mera tecnica fotografica ma anche e soprattutto l’attimo scelto e le inquadrature. Di quelli che sanno andare al di là del soggetto principale e “sprecano” un po’ di tempo esaminando le posizioni dinamiche degli animali, i dettagli della loro espressione, i colori del manto, lo sguardo (se percepibile), la loro struttura, le capacità di movimento e, infine, il loro rapporto con l’ambiente (animale, vegetale e minerale) in quel preciso istante.
   
zebre al tramonto (Zhayynn James) * aironi bianchi maggiori (Zsolt Kudich) 
Mi entusiasmano le foto che richiedono più di pochi secondi di attenzione per coglierne il significato per le quali è indispensabile al di là del puro e semplice contenuto carpibile a prima vista. Alcune talvolta possono sembrare di difficile comprensione (almeno a chi le guarda frettolosamente) e proprio per questo c’è poi la soddisfazione di scoprire particolari e dettagli poco alla volta. 
Nell'immagine a sinistra, a prima vista estremamente confusa, non si percepisce all’istante cosa si stia guardando e per questo probabilmente molti la trascurano. Al contrario, a chi la osserva bene si rivela  essere un’affollatissima foto che somiglia a un noto disegno di Escher e infine i più pazienti potranno esaminare le varie posizioni delle ali e del corpo, i colori del piumaggio, la testa ed il becco, le penne alle estremità delle ali allargate a ventaglio di queste oche delle nevi (Eileen Johnson).
Questa in basso a sinistra la trovo “geniale”, non è una semplice vista da un aereo, a prima vista quasi banale se non fosse per il particolare ambiente. Analizzandola, si va ad apprezzare l’ombra del piccolo aereo sulla neve e più in alto tre uccelli in volo e le loro relative ombre. Si può pensare ad uno scatto fortunato, ma certamente non è del tutto casuale e sicuramente la composizione dell’inquadratura è eccellente. (Jasen T.) 
   
Nel terzo scatto "confuso", ma di soggetto completamente diverso (sopra a destra) appare un feroce scontro fra una leonessa e quattro iene che le contendono una carcassa. Nella nuvola di polvere si possono distinguere i vari esemplari e immaginare come si stia effettivamente svolgendo la scena e prevederne gli sviluppi. Probabilmente quasi ognuno, a prescindere dall’attenzione con la quale legga la foto, parteggerà per l’una o per le altre ... perché? (NingYu Pao) 
   
ippopotamo (Sam Kurtul)     *     leone (Sonalini Khetrapal)
   
caimano jacarè  (Giovanni Mari)  *   gufo della Virginia (Graham McGeorge) 
Fra le centinaia di foto se ne trovano di tutti i tipi, dalle macro ai panorami, dalle foto d’azione a incredibili primi piani. Questi ultimi in particolare permettono di “guardare negli occhi” animali con i quali pochissimi di noi potranno mai avere un incontro ravvicinato, nel loro ambiente. In queste immagini traspare tutta la loro magnificenza, al di là della paura che possano suscitare o del vero terrore che possano incutere a distanza molto ravvicinata.
   
(Jerry am Ende)   *   aquile calve   *   (Eric Esterle) 

Oltre al fatto di potersi godere queste straordinarie immagini (ce ne sono centinaia e centinaia, per ogni gusto e per ciascun specifico interesse) dovunque voi siate, l’ulteriore buona notizia è che tutte queste foto sono liberamente e gratuitamente scaricabili in buona definizione (misure standard 1600x1200 pixel)