martedì 31 marzo 2015

Sabato alle falde dell’Etna

Ancora in Sicilia, sono andato per l’ennesima volta in un’altra area protetta completamente differente da Vendicari (oggetto del precedente post), molto più vasta, anch’essa varia e assolutamente affascinante. Sto parlando del Parco dell’Etna, che comprende quasi tutta la parte alta dell’omonimo vulcano. Questo, con i suoi circa 3350m di altitudine (varia con le eruzioni), è il più alto d’Europa anche se gli spagnoli reclamano questo primato con i 3.718m del Teide (Tenerife, Canarie) che però geograficamente appartiene all’Africa e solo amministrativamente al nostro continente. Proprio a causa della sua altezza offre la possibilità di effettuare interessanti e piacevoli escursioni in ogni periodo dell’anno. Considerate che normalmente fra il margine inferiore del Parco (sotto i 1.000m) e la vetta del vulcano c’è una differenza di una quindicina di gradi. La percezione di queste variazioni sono talvolta ridotte per il soleggiamento, ma più spesso accentuate a causa del quasi costante vento in quota. Sono tanti gli sprovveduti che, fuggendo dal caldo della costa, si presentano al Rifugio Sapienza (circa 1.900m, punto più alto raggiungibile in auto) in pantaloncini e magliettina e ovviamente “si cioncano di freddo”. In questa mia breve visita di fine marzo, mi sono ovviamente limitato alla parte bassa, visto che le prime chiazze di neve erano al di sotto dei 1.500m. 
Giornata escursionistica divisa in due parti, separate dalla sosta “obbligatoria” a Bronte (capitale del Pistacchio) per rifocillarci gustando i famosi, seppur poco diffusi, arancini al pistacchio. Nonostante il cielo coperto e le nuvole molto minacciose, guidato dal mio omonimo “il professore”, ho effettuato un bel giro a monte di Bronte, in parte nuovo per me. Tutte le foto di sabato 28 marzo 2015
   
Non mi era mai capitato di salire da quel lato a marzo e quindi è stata la prima volta che finalmente ho visto tantissima Euforbia rigida (Euphorbia rigida) in fiore, con il suo giallo assolutamente predominante sugli altri colori. Appena usciti da Bronte e fino alla fine della spettacolare strada in basolato lavico i campi ai lati ne sono pieni. A valle dei Monti (ex coni vulcanici) Minardo, Ruvolo, Peloso e Tre Frati (che abbiamo “circumnavigato”) gli stradoni di sabbia vulcanica sono invece bordati da enormi Ginestre dell’Etna (Genista aetnensis), una specie endemica che, avendo spazio e tempo, può raggiungere anche i 10m di altezza. Non per niente questa ampia valle dalle pendenze minime viene chiama Piana delle Ginestre.
Ingollati gli arancini - fritti al momento – siamo andati in un’altra area a me sconosciuta: le Favare di Maletto. Un ambiente assolutamente inusuale per il l’Etna in quanto è l’acqua che la fa da padrona. Pare che sia un riaffioramento delle acque generate dallo scioglimento delle nevi che corrono sotto i campi di lava e qui, incontrando uno strato basaltico impermeabile vengono in superficie. Ma per poco … infatti si ingrottano nuovamente e il percorso successivo fino al mare non è certo. Alcuni dicono che vadano a confluire nel Simeto (il fiume che scorre nel fondovalle), come sarebbe logico presupporre, mentre altri sostengono che si versino direttamente in mare presso Catania seguendo un loro percorso indipendente.
   
Comunque sia, è strano vedere questi ruscelletti scorrere placidamente, ma allegramente, fra rocce, prati, fiori e piccole paludi, al limite di un territorio caratterizzato dall'estrema aridità caratteristica delle aree vulcaniche. Se da un lato mi è andata male per il cielo molto nuvoloso e scuro, dall'altro sono stato fortunato ad andare alle Favare alla fine di un inverno caratterizzato da notevoli precipitazioni e quindi trovando tanta acqua. Osservando la carta generale del Parco, questa piccolissima area si trova nella lingua a nord-ovest, al limite inferiore dello stesso. Pur non essendoci indicazioni è semplicissimo arrivarci: da Maletto scendete per circa 4km lungo la SP159 e le troverete alla vostra destra, all’incrocio con la SS120 fra Cesarò e Randazzo, non potete non vederle.

giovedì 26 marzo 2015

Vendicari, area protetta di facile accesso e interessante per tutti

La denominazione ufficiale è Riserva Naturale Orientata Oasi faunistica di Vendicari, ricade interamente nel territorio comunale di Noto (SR) ed è gestita dal Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali. Consta di una striscia di terreno calcareo e sabbioso parallela al mare, lunga circa 8 km e mediamente larga un chilometro. Include quattro grandi “Pantani”, da nord a sud Piccolo, Grande, Roveto, Sichilli attorno ai quali svernano una gran quantità di uccelli. Giusto per citare i più conosciuti e più grandi (e quindi visibili) si trovano quasi sempre cormorani, volpoche, aironi, garzette e fenicotteri (in alcuni anni ne sono stati censiti anche oltre un migliaio). Oltre agli uccelli potrete ammirare tante lucertole dai colori molto vivi e i più attenti e fortunati riusciranno a vedere qualche coniglio selvatico mentre attraversa velocemente un sentiero o si muove in campo aperto fra i cespugli.
   

   
La vegetazione è estremamente particolare in quanto l’intera area è quasi sempre battuta dal vento e, a causa della vicinanza del mare, è condizionata dalla salsedine e dal terreno che varia dal sabbioso al calcareo. In molti punti a qualcuno può sembrare una zona semidesertica, ma fra i bassi e duri arbusti si trovano una “marea” di piccole piante la cui altezza media è di pochi centimetri.
Anche rimanendo per lo più lungo i sentieri (in parecchi casi è obbligatorio) si riescono ad identificare (e a fotografare) tanti fiori, in qualunque stagione. Questi in breve sono i motivi del fascino del posto dove è possibile camminare per ore attraversando ambienti diversi, facendo birdwatching (non dimenticate il binocolo, ci sono vari capanni a disposizione in punti strategici), passeggiando sulla spiaggia o nell’area della ex-tonnara nelle cui vicinanze c’è anche la cosiddetta Torre Sveva, il centro visite e una piccola area archeologica nella quale spiccano le vasche scavate nella roccia in prossimità del mare nelle quali si produceva il famoso garum. Tutto si va ad aggiungere alla bellezza della ricca e interessantissima vegetazione, sia per qualità che quantità di specie.

D’estate può fare molto caldo (e non c’è un filo d’ombra), ma la buona notizia è che ci sono vari tratti sabbiosi che consentono un facile e sicuro ingresso in acqua e circa 3 km a nord dell’ingresso principale c’è la fantastica Calamosche.
Stamattina ho caricato oltre 40 foto macro in un album al quale potrete accedere anche dalla pagina pagina viaggi e da quella specifica delle macro. Fra le specie fotografate ce ne sono varie caratteristiche dell’area e troverete anche 5 diversi tipi di Orchidee spontanee, alcune delle quali presenti solo in Sicilia
A breve pubblicherò altre foto scattate nel corso della seconda delle tre visite delle ultime settimane e un breve filmato che sto montando utilizzando le riprese effettuate nella stessa occasione. Ciò nel tentativo di darvi un’idea di questo ambiente affascinante che ho avuto la fortuna di conoscere nel 1999 e da allora ci torno con estremo piacere ogni volta che mi si presenta la possibilità. Se sono riuscito a stimolare la vostra curiosità, vi suggerisco di approfondire l'argomento visitando alcuni dei siti "seri", vale a dire quelli con notizie precise e affidabili in merito alla flora e all'avifauna della Riserva di Vendicari.

martedì 24 marzo 2015

www.giovis.com, tutto in un solo sito

Continuando nell’opera di ottimizzazione del mio sito sorico www.giovis.com, dopo aver inglobato alcuni mesi fa i contenuti degli altri miei domini giovistravels.com (foto di viaggio) e maratrail.com (MaraTrail e Trek), ho ora aggiornato la home page rendendola, spero, di più facile lettura.
Pur lasciando la struttura di base sostanzialmente invariata, per facilitare agli utenti abituali l’immediato accesso alle pagine, ho sistemato a sinistra i link alle sezioni meno dinamiche (descrizioni sentieri, cartine, video, …), evidenziate da icone molto facilmente comprensibili affiancate dai titolo in chiaro.
   
Nella colonna di destra ho invece raggruppato i 3 banner che indirizzano alle pagine che più frequentemente aggiorno: Blog, Macro, Viaggi. Sotto ciascuno di essi ci sarà anche la data dell’ultimo aggiornamento in modo che ognuno possa immediatamente sapere se ci siano novità. In calce ad essi, inoltre, ho spostato dal fondo pagina il banner di Meditflora, sito gestito dal naturalista Nando Fontanella che lo aggiorna con continuità.
 

 
Ma la vera novità è la creazione dello spazio centrale nel quale pubblicherò (come chiaramente scritto) News e Avvisi, praticamente quello che negli ultimi tempi facevo postare su FB Camminate. Scorrendo le tre attualmente presenti è abbastanza evidente che le notizie saranno sempre concise e ove sorgesse la necessità di integrarle con foto o testi più lunghi questi saranno inseriti in apposite pagine o in post sul Blog, chiaramente linkati.
In conseguenza di ciò la pagina FB Camminate, pur non chiudendo, sarà aggiornata molto raramente, solo in caso di eventi importanti o di necessità.
Pertanto, gli internauti interessati alle mie pagine hanno ora la possibilità di essere aggiornati su qualsiasi attività (blog, foto, cartine, macro, video, ecc.) andando solo e semplicemente alla homepage www.giovis.com e di lì poi proseguire a loro piacimento nel caso trovassero qualcosa di nuovo o di interessante. 
Chi frequenta unicamente sezioni specifiche, oltre ovviamente ad inserire fra i preferiti la pagina in questione, ha anche la possibilità di registrarsi su uno o entrambi i miei account Google+, indicati in calce alla colonna di sinistra, a seconda che sia interessato ai nuovi album di foto e video o ai post di Discettazioni Erranti e agli archivi di foto degli anni scorsi. 
Al momento pare che tutto funzioni, tuttavia sarò grato a chi volesse segnalarmi link interrotti o errati.

venerdì 20 marzo 2015

Il piacere delle foto macro

Mi è sempre piaciuto fotografare, in oltre 40 anni di “carriera” ho cambiato soggetti, apparecchiature, stili, scopi e interessi. Ho cominciato con foto di viaggio, necessariamente poche in quanto rollini, sviluppo e stampa erano cari e il mio budget era limitatissimo (molte volte dormivo in treno per risparmiare sugli ostelli). A 17 anni avevo la mia prima vera macchina fotografica (una Zenith, russa) e qualche anno dopo comprai una Pentax e cominciai anche a stampare in b/n, soprattutto foto sportive e di spettacoli. Poi sono passato alle diapositive, ho cambiato qualche altra macchina e infine sono passato al digitale.
Questo passaggio mi ha aperto nuovi orizzonti, non ho stampato quasi più niente per me - anche se varie mie foto sono apparse su riviste, giornali, cartine, opuscoli e depliant – e nell’ultimo decennio ho pubblicato online varie decine di migliaia di foto sui miei vari siti. 
Da quando nel giugno 2004 creai www.meditflora.com (attualmente gestita mirabilmente e con maggior competenza dal naturalista Nando Fontanella) fui ovviamente costretto ad interessarmi meno dei panorami ed avvicinarmi ai soggetti: nella fattispecie i fiori. Di pari passo con l’evoluzione della fotografia digitale è aumentata rapidamente la qualità delle immagini ed è diminuita la distanza minima di messa a fuoco dando così la possibilità di evidenziare sempre più dettagli, spesso non rilevabili ad occhio nudo. Le compatte che ho utilizzato negli ultimi anni (e che ancora uso quando voglio viaggiare leggero e non ho molto tempo da dedicare alle foto) mi hanno permesso di avere risultati soddisfacenti - per il web – ma pochi mesi fa ho deciso di dedicare più tempo alle macro e mi sono attrezzato di conseguenza. Avendo ridotto di molto i miei impegni, ora me ne vado in giro scattando foto soprattutto ai fiori e, credetemi, per ottenere buoni risultati ci vuole tanto tempo, pazienza e passione.
Invece di procedere a passo spedito lungo i sentieri, con lo zaino in spalla (non sempre) e la compatta in tasca, scattando foto “al volo”, con una sola mano, fermandomi solo raramente casomai per un’orchidea poco comune, ora mi muovo portando con me non solo lo zaino, ma anche una macchina fotografica ben più ingombrante della compatta, un secondo obiettivo e un relativamente pesante cavalletto. Questo è il necessario prezzo da pagare per il piacere della macrofotografia anche se, per ora, sto ancora combattendo con settaggi, esperimenti e tentativi. Indipendentemente dalla mia scarsa esperienza in questo settore specifico, mi sto confrontando con dei problemi oggettivi creati da tante variabili distinte, a molte delle quali ci si deve per forza adattare essendo impossibile controllarle. Ma questo aumenta la gratificazione quando, per abilità o per fortuna, si realizzano buoni “scatti”.
Fra le concrete difficoltà in primis metterei il vento. Anche la minima brezza fa ondeggiare i soggetti a meno che non siano veramente raso terra. Mi è capitato più volte di piazzare il cavalletto, scegliere l’inquadratura, regolare tutto, mettere a fuoco un certo punto di un fiore fino a quell’istante immobile (o quasi) ma che al momento di scattare comincia a ondeggiare. 
Al vento segue la luce: se la si vuole naturale (quindi senza usare fonti di luce artificiale come il flash) si deve trovare un fiore che sia rivolto più o meno nella direzione giusta, che non abbia grandi contrasti o ombre nette. E non dimentichiamoci della posizione: tante volte i fiori che si vogliono fotografare si trovano in punti dove è impossibile posizionarsi con il cavalletto, altre volte ci si deve arrampicare o si è quasi costretti a stendersi a terra, cosa non sempre piacevole (fango, spine, pietre e anche peggio se l'area è frequentata da animali al pascolo ...). In questi ultimi giorni sto facendo pratica in Sicilia dove ci sono tanti possibili soggetti di macro, ma non c’è quasi mai calma di vento ed in particolare oggi è peggio del solito. In compenso c'è un sole splendente adatto all'arrivo della primavera (stasera alle 22:45) .
Ma la soddisfazione nello scattare macro deriva anche dall’inaspettato, da ciò che si scopre solo osservando attentamente le foto. Potrei sottoporvi infiniti esempi, da linee colorate non apprezzate a prima vista, spine e peli microscopici, ospiti che pensano di essere perfettamente mimetizzati come quello sul Lotus tetragonolobus (ginestrino purpureo, foto in alto a sx), granelli di sabbia su quest’altra Fabacea (in basso a sx, probabilmente una Medicago), o giovani coppie (clandestine?) colte in flagrante nonostante il loro tentativo di nascondersi (in basso a dx).
   
Chi fosse interessato all’argomento (dal punto di vista fotografico o botanico) può trovare una cinquantina di foto in tre diversi album ed esattamente
A breve aggiungerò le didascalie con i nomi delle specie fotografate (quelle che conosco). Se in futuro vorrete vedere altre mie macro sappiate che le caricherò, parimenti alle foto di viaggio e di escursionismo, sul mio account Google+

mercoledì 18 marzo 2015

Sentieri “pericolosi” e loro “messa in sicurezza”

Ho usato le virgolette nel titolo per sottolineare il fatto che in questo post discetterò di sentieri veramente pericolosi e della loro effettiva messa in sicurezza, in questo caso necessaria per consentire il transito. Ho già affrontato il tema in passato cercando di evidenziare come le operazioni di "messa in sicurezza" dalle nostre parti siano spesso inutili e oltretutto mal realizzate. Inutili perché la maggior parte dei sentieri interessati da questi interventi non presentano alcun elemento di pericolo particolare se non quelli derivanti dall'essere un percorso in natura, di montagna. Mal realizzati in quanto, al di là di come siano fissate le staccionate, queste sono realizzate con di pali di castagno "di scarto". Pur essendo vero che quelli impiegati nei pergolati possono durare vari decenni, non è altrettanto vero per le loro cime e per quelli più giovani e più sottili ... gli scarti, che oltretutto vengono spesso pagati come se fossero i migliori allirti. Provate a confrontare qualità e diametro dei pali di staccionate e pergolati. Non da ultimo, questi passamano danno un falso senso di sicurezza e, sperando che non accada, mi chiedo di chi sarebbe la colpa in caso di un malaugurato incidente. Ho sempre l'impressione che le "messe in sicurezza" così fatte servano solo ad arricchire progettisti, direttori dei lavori e fornitori di materiali.
   
Questa era la dovuta premessa ad una notizia che forse vi è sfuggita o ne avete letto solo il titolo senza approfondire l’argomento. Il Caminito del Rey, da anni reputato uno dei più pericolosi sentieri al mondo (in queste classifiche è impossibile e quindi stupido dire il più), fra pochissimi giorni sarà rimosso dalla lista. Infatti il 26 marzo verrà inaugurato il percorso completamente ristrutturato (a regola d'arte) e messo in sicurezza (ma veramente ...) ed in questo caso l'operazione non solo era giustificata, ma anche indispensabile.
E udite, udite! Il costo complessivo dell’opera è stato di 5 milioni di Euro (soli 2,24 milioni per tutta la passerella e il resto per l’adeguamento delle strade di accesso e le infrastrutture). Gli escursionisti pagheranno un biglietto di 6 Euro, ma per i primi sei mesi sarà gratis. E’ stato sottolineato che, visto che non è un servizio pubblico necessario, è giusto che lo paghino gli utenti.
Vi invito ad effettuare una rapida ricerca e comparare quelle cifre con quanto è stato speso e quanto si pensa di spendere in Penisola e sui Monti Lattari per “mettere in sicurezza” pochi chilometri di sentieri costruendo pochi scalini, la maggior parte con semplici paletti di castagno, e realizzando poche centinaia di metri di ringhiere instabili e poco durature. Nel paragone considerate anche che per il Caminito del Rey le problematiche erano ben diverse, il trasporto materiali possibile solo con elicotteri, il personale necessariamente specializzato.
   
Perché non invitare alle gare di appalto anche qualche ditta spagnola? Con pochi milioni, ma veramente pochi, metterebbero a posto l’intera rete sentieristica dalla Valle delle Ferriere, al Faito, a Punta Campanella.
Questo incredibile tracciato fu costruito fra il 1901 e il 1905 per far passare gli operai che lavoravano alla costruzione della diga del Chorro. Alla sua inaugurazione (21 maggio 1921) intervenne il re Alfonso XIII che, affascinato dallo spettacolare scenario, lo percorse completamente “seguito da un impaurito séguito” e da allora in poi fu chiamato Caminito del Rey.
Negli ultimi 20 anni è diventato sempre più famoso fra gli escursionisti "avventurosi" di pari passo con l'aumento del dissesto e della conseguente pericolosità. A causa del suo stato, già oltre 10 anni fa l'accesso fu bloccato e fu ufficialmente interdetto (multa di 6.000 Euro per i trasgressori) e ne fu addirittura distrutta volontariamente una parte per rendere “impossibile” l’accesso. Ma niente di tutto ciò ha fermato i più spericolati (o addirittura incoscienti assolutamente impreparati) e quindi non sono mancati incidenti mortali.
In questo campo (parchi, sentieri, ambiente, ecc.) in Spagna le cose funzionano diversamente e quindi con un progetto congiunto Stato, la Junta de Andalucía, Diputación Provincial de Málaga, e vari Ayuntamientos in meno di un anno hanno ricostruito i 3km di passerelle, quasi sempre sospese nel vuoto fino a oltre 100m dal fondo della gola. 
Di conseguenza, anche con tutte le nuove sicurezze, resta un percorso assolutamente non percorribile da pavidi e da chi, seppur minimamente, soffra di vertigini. Qui di seguito vi propongo vari dei tanti video che potrete trovare in rete digitando "Caminito del Rey". Per dare la giusta idea li ho scelti fra quelli dell'ultimo anno, alcuni ripresi degli "abusivi" che mostrano come si fosse ridotto (e come non si vedrà più), da altri abusivi che sono entrati a cantiere aperto e mostrano lo stato di avanzamento della ricostruzione, altri più o meno ufficiali che illustrano i lavori, in corso e quasi terminati.
Infine vi propongo questo filmato che assembla foto e video di varie epoche, (Historia del Caminito del Rey) da quando era percorso da operai e lavoratori fino ai nostri giorni, e include anche una "curiosità" cinematografica che mostra come si trovasse in ancora ottimo stato alla fine degli anni ‘50. Fra 3'22" a 4'07" vedrete il poster e varie sequenze di Never so few, proposto in Italia con l‘incredibile titolo Sacro e profano, ma in America latina non hanno fatto meglio chiamandolo Cuando hierve la sangre (Quando il sangue bolle). In ogni caso questo film del 1959, nonostante la fama di John Sturges (regista di I magnifici sette, La grande fuga) e la partecipazione di star come Steve McQueen, Frank Sinatra e Gina Lollobrigida, è notoriamente reputato molto scadente e per questo molto poco conosciuto.

domenica 15 marzo 2015

Pupi siciliani, Museo di Siracusa

Sono stato quasi rimproverato (simpaticamente) per aver chiesto alla direttrice del Museo dei pupi di Ortigia se quelli esposti fossero di tipo "palermitano" o "catanese". Con una lunga e dotta spiegazione, mi ha detto che nella maggior parte dei testi (e quindi dei siti) si fa questa semplicistica divisione, non del tutto esatta. Infatti oltre a queste due scuole, che pur avendo molti elementi in comune hanno sostanziali differenze, ce ne sono molte altre tipiche di varie città o aree siciliane. Per farla breve, i pupi palermitani hanno molti più movimenti di quelli catanesi ma sono più piccoli (ma comunque alti circa 80cm). Potete leggere un interessante e puntuale approfondimento in questa pagina

Ovviamente quelli esposti nel Museo dei Pupi di Siracusa sono di scuola siracusana, più simile alla catanese che alla palermitana e con la particolarità dell’uso di maschere di cartapesta montate sulla testa di legno. In questo album Google+ ho raccolto una quarantina di foto scattate nel Museo che vanno dai pupi classici (paladini e mori) ai personaggi fantastici di contorno (draghi e diavoli), dalle scene ai pupi utilizzati per rappresentazioni più moderne (per esempio Cavalleria rusticana) e a una serie di marionette di altre culture.
Continuando “l’intervista” sono passato a chiederle quale fosse il numero standard di personaggi e mi ha raccontato che ogni puparo degno di tale nome ne ha almeno 100, ma il numero arriva addirittura a 1500 anche se la maggior parte ha ruoli brevissimi, come le comparse in un film. Attenzione, ciò non significa che si abbiano altrettanti pupi. Infatti pur essendo vero che i protagonisti non vengono modificati, i personaggi secondari vengono spesso creati cambiando parte del pupo, di solito la testa (la sola maschera per i pupi siracusani) o parte dell'abbigliamento.
Potrete cominciare ad approfondire l’argomento navigando all’interno di www.teatrodeipupisiracusa.itanche del vecchio sito www.pupari.com dove troverete ben descritta la storia delle famiglie di pupari Mauceri e Vaccaro i cui discendenti si occupano oggi del Museo, del Laboratorio e del Teatro. Si trovano tutti e tre lungo via Giudecca ad Ortigia (l’isola centro storico di Siracusa) e nel teatro si svolgono frequenti rappresentazioni la cui durata standard varia fra 45 minuti e un’ora. Spesso vengono presentate storie singole (con inizio e conclusione), ma in altri casi vicende più complesse suddivise in puntate, proposte in giorni consecutivi. 

venerdì 13 marzo 2015

Nuovi indicatori CAI?

Ho ricevuto un messaggio "misterioso" (per non avere avuto seguito) con il quale sono stato messo al corrente di una proposta di aggiornamento della segnaletica verticale lungo i percorsi CAI (Club Alpino Italiano). Lungi dall'essere stato approvato, il progetto raccoglie molte idee e prospetta varie possibilità non solo in merito alle tabelle/frecce riportanti destinazioni e tempi, ma anche ad altri cartelli informativi. 

Dovrebbe essere superfluo dire che sono assolutamente d'accordo con la proposta nel suo complesso (anche se non ho voce in capitolo) e spero che in particolare vengano adottate le tabelle, come questa in alto, riportanti gli orari teorici di percorrenza preceduti almeno da una bella hma apprezzerei soprattutto l'inserimento della seconda riga con le distanze (misure assolute) al di sotto di quella dei tempi (soggettivi).
Non mi dite che non sono mai contento o sono ipercritico, ma perché non copiare semplicemente la giusta scrittura da anni utilizzata in Svizzera (freccia in alto) e combinarla quello che si fa in Spagna (freccia in basso) dove si limitano a segnalare (correttamente) le distanze? 
In particolare mi preme sottolineare che per i tempi, pur non inserendo min per minuti, almeno dopo le ore ci sono i due punti.
Avete presente le tabelle in legno lungo il sentiero fra Pontone ed Amalfi via Ferriera con indicazioni del tipo 0,40 che, a essere rigorosi, significa 40/100 (quaranta centesimi) che equivalgono a 24min? In quel caso anche la semplice indicazione 40', seppur non del tutto corretta, sarebbe stata una miglior soluzione visto che è comunemente accettata ed è senz'altro più chiara.
Tutte le proposte incluse nel progetto sono migliorative e quindi, comunque andrà a finire (a patto che si porti effettivamente a termine quanto sarà stabilito), gli escursionisti dovrebbero trarne vantaggio. 
Anche la semplice decisione di preporre h ai tempi, seppur senza min e senza indicare le distanze, mi sembra un passo avanti rispetto al passato (a destra indicatore sull'Altopiano di Asiago). Mi fa piacere che alla fine qualcuno se ne sia reso conto.
Questi sono vari post di oltre un anno fa relativi alla segnaletica (spesso errata):

mercoledì 11 marzo 2015

Gelatina di maiale, Pizza siciliana + un insolito spuntino

Due ricette siciliane molto tradizionali e poco conosciute in continente e uno snack di altri tempi che non scambierei con nessuna delle fantastiche “prelibatezze” (sic!) piene di coloranti e conservanti che vengono proposte e suggerite tramite pubblicità martellanti. Appena giunto in Trinacria mi sono attivato per procurarmi la prima (non si trova dappertutto) e oggi ho dovuto girare mezza Siracusa per trovare un forno (forse l'unico) che ancora fa la Siciliana in quanto la pizzeria sulla quale contavo ha chiuso i battenti. Lo dico giusto per dare l'idea della tipicità e della poca diffusione di questi piatti al di fuori delle arre di origine. 
Gelatina di maiale (in siciliano liatina)
Si prepara con le parti povere del maiale (cotenna, zampe, testa, coda, lingua ed orecchie) che vengono lessate per almeno 3 ore in acqua salata con foglie di alloro. Poco prima di spegnere il fuoco si aggiunge aceto. Successivamente il tutto viene separato dal brodo, fatto raffreddare, disossato, tagliato a pezzetti e sistemato in ciotole, teglie o simili contenitori aperti. Quindi, dopo varie ore di riposo, si copre con il brodo (riscaldato quel tanto che basta per sciogliere il grasso) e si aggiunge il limone che lo farà coagulare formando così la gelatina. La ricetta è inserita nell’elenco dei P.A.T. (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ed era già presente in un ricettario del Regno delle Due Sicilie.
La gelatina di maiale la potrete trovare anche in ottimi ristoranti attenti alla cucina tradizionale, debitamente variate e “migliorate” (punti di vista). Per esempio a Chiaramonte Gulfi il Ristorante Majore (attivo dal 1896, locale storico d’Italia) la prepara usando le parti migliori del maiale. Ma lì sanno ciò che fanno e dichiarano apertamente la loro venerazione per le carni suine nella loro sala affrescata con la famosa epigrafe "Qui si magnifica il porco" … e ho detto tutto!
   

Pizza fritta siciliana con tuma e acciughe 
Quasi tutti concordano nell’attribuire l’origine di questo calzone fritto a Zafferana Etnea (alle pendici orientali del vulcano, a circa 600m s.l.m.). Oggi sono proposte numerose diverse imbottiture, ma quella tradizionale è di tuma e acciughe. La tuma è un tipico formaggio siciliano di latte ovino e viene prodotto dalla cagliata senza alcuna aggiunta di sale. La mancanza di sale ne impedisce la conservazione e quindi questo formaggio semifresco, dal sapore molto deciso e particolare, deve essere consumata entro una decina di giorni dalla sua produzione.
Qualcuno propone anche versioni “più salutari” cotte in forno, ma quando la Siciliana (o pizza siciliana) è preparata e fritta a regola d’arte - al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare – non assorbe olio ed e quasi completamente asciutta all’esterno (e ciò dovrebbe essere la norma per qualunque frittura fatta bene). Un cuoco di Zafferana spiega che questo merito si deve all’impasto (farina, lievito, zucchero, sale, strutto) se fatto fermentare e riposare per il tempo giusto. Sono veri e proprio gioielli dorati e più che leggeri”. “Una vera delizia per il palato”. 

Spuntino di pane caldo e acciughe
Ho avuto il piacere di “scoprirlo” vari anni fa a Petralia Sottana (PA) sulle Madonie, dove tenevo un corso di Orientamento per docenti. A metà mattinata l’organizzatore pregò il custode della scuola che ci ospitava di provvedere a fornire uno spuntino. Se pensate che sia tornato con cornetti o cose del genere siete molto lontani dalla realtà, in quanto poco dopo ci fu servito pane caldo condito con olio, acciughe e olive sott'olio, schiacciate e condite con aglio e spezie. So che molti storceranno il naso (come spesso accade quando descrivo cibi poveri veramente tradizionali), ma vi assicuro che era una bontà anche grazie agli ingredienti “originali” e in quanto preparato al momento e non impacchettato, implasticato, surgelato, ecc. Provare per credere!

lunedì 9 marzo 2015

Confronto tracce GPS (es. Sentiero Sirenuse)

Come preannunciato, ho inserito in un unico file le tracce rilevate il primo marzo e ne ho aggiunte un altro paio inviatemi da amici. Le ho chiaramente colorate in modo diverso per distinguerle facilmente e, tranne che negli evidenti punti totalmente discordanti per essere tracce relative a varianti dell’itinerario principale, posso assicurare che sono stati seguiti gli stessi sentieri. Lo scopo era quello di evidenziare i soliti classici punti critici che, anche in un sentiero aperto come questo, ci sono e risultano evidenti.

Da questa prima immagine complessiva si notano immediatamente i tratti nei quali le tracce differiscono maggiormente. Ho evidenziato le maggiori discrepanze tracciando un linea nera limitata da barrette fra le due tracce più esterne al fascio e al lato ho aggiunto la distanza in metri.
In qualunque senso si percorra il Sentiero delle Sirenuse, non si può contare più di tanto sull’affidabilità del gps attraversando l’area urbana di Sant’Agata. Infatti è risaputo che procedendo a ridosso di edifici di due e più piani perdiamo i segnali dei satelliti da quel lato e se le strade sono strette li perdiamo da entrambe i lati e restano “visibili” solo quelli davanti e dietro di noi. La cosa dovrebbe essere ben nota e chi ha letto nel manuale dell’utente gli avvertimenti in merito alla precisione del proprio gps. Nell’immagine, a parte il percorso a pallini azzurri (via Nastro Azzurro), gli altri seguono via Termine e quindi  la distanza fra le tracce non dovrebbero superare i 2 metri in quanto tale è la larghezza approssimativa della stradina. Si osserva invece un intrico di linee con brusche deviazioni e angoli acuti che si distanziano fino ad allontanarsi fino a 62m le une dalle altre. 

Un altro classico caso in cui la ricezione é scarsa è quello dell'attraversamento dei rivoli abbastanza infossati, spesso delimitati da pareti rocciose pressoché verticali. Puntualmente ciò si è verificato in prossimità del valloncino a est di Monticello, quello con la ripida rampa in cemento. Le tracce qui si dividono e curiosamente 3 vanno da un lato e tre dall'altro, distanziandosi fino a un massimo di 60m. Eppure, possiamo essere più che certi che i 6 rilevatori sono passati lungo quel tratto - non essendoci alternativa - e che quindi non possono essersi allontanati più di 2 metri gli uni dagli altri.
Probabilmente, già osservando i tracciati completi in scala ridotta, avrete avuto l'impressione che le tracce per un lungo tratto a est del Pizzetiello sono assolutamente sovrapposte e avete visto bene. Infatti, dal cocuzzolo fin quasi all'ingresso nel castagneto, si attraversa un'area aperta e si procede fra bassi cespugli che non creano in benché minimo disturbo alla ricezione. Le tracce si incrociano e sovrappongono continuamente, ma non si allontanano più di tanto dalla traccia media e la distanza fra quelle più esterne non supera mai i 5 metri. 
Al contrario, giunti sulla statale, nel seppur breve passaggio ai piedi della parete rocciosa fra il tornante e l'inizio della salita di San Martino, la distanza ancora una volta supera i 20 metri.
L'ultima situazione "critica", comune ma spesso sottovalutata dai più, è quella che si verifica nei boschi, in particolare quelli con alberi alti e/o fogliame molto fitto che creano una specie di schermo. Infatti nell'immagine in basso è evidente che attraversando la pineta delle Tore lungo il vialone centrale, costituito da due tratti assolutamente rettilinei che formano un angolo poco accentuato in prossimità della “fu” capanna, nessuna delle tracce rappresenta una vera dirittura in quanto tutte si sviluppano molto a zig-zag distanziandosi fra loro anche di oltre 30m e anche questo saltava all'occhio già nella cartina complessiva.


In conclusione, ribadisco per l'ennesima volta che, a mio modesto parere, il gps può senz’altro essere utile ma solo se utilizzato con criterio, tenendo sempre ben presente la sua limitata precisione in ambito urbano, in prossimità di alte falesie, nei valloni e nei boschi di alberi alti e/o molto frondosi. E comunque è assolutamente sconsigliato avventurarsi lungo nuovi percorsi affidandosi esclusivamente al gps. Le stesse case produttrici specificano che dovrebbero essere utilizzati in combinazione con una carta topografica.

domenica 8 marzo 2015

Corridos revolucionarios e Corridos de caballos

Vi sottopongo due classici esempi di corrido, uno revolucionario e l'altro de caballos. In entrambe i casi, anche sapendo poco di spagnolo, si noterà la dovizia di particolari che includono nomi completi, date e in qualche caso addirittura orari. Chi ne sa abbastanza potrà apprezzare ancor più i testi. I video che propongo includono foto degli avvenimenti e di alcuni dei protagonisti, tutti realmente esistiti e citati con i loro veri nomi. Dei tanti montati sulla base di El cuartelazo (o La decena tragica) ho scelto questo cantato dalle Hnas. Mendoza che, pur utilizzando una vecchia registrazione dal suono poco pulito, ha il pregio di presentare un eccelente mix di foto e video dell’epoca. Una migliore esecuzione (con testo ridotto) è quello degli Hnos. Zaizar abbinata però ad una immagine fissa della loro foto.
Dei vari testi che descrivono gli avvenimenti dei 10 giorni (9-19 febbraio 1913, Ciudad de México) che segnarono la storia messicana dell'epoca, il più conosciuto e apprezzato è quello di Samuel M. Lozano, uno degli indiscussi padri del corrido mexicano. Molte volte, però, vengono cantate solo un numero limitato delle 29 quartine originali che potrete leggere cliccando sull'immagine in basso a sx. A mio modo di vedere e qualunque sia la versione, la descrizione del colpo di stato che culminò con l’assassinio del Presidente Francisco Madero e del suo vice Pino Suárez così come è riportata nel corrido La decena tragica è un eccelso esempio di sintesi, precisione e completezza.
   
Il secondo esempio (de caballos, testo a dx) è ancor più singolare in quanto descrive una "storica" sfida fra cavalli famosi: el Relámpago de Agua Prieta (detto anche el zaino, il suo colore particolare) e el Moro de Cumpas. Entrambi alla fine dei loro giorni ebbero degna sepoltura e successivamente nelle loro rispettive città furono eretti monumenti a loro dedicati. La sfida ebbe luogo il 17 marzo 1957 ad Agua Prieta, Sonora e richiamò un incredibile numero di persone. All'epoca, il Peso messicano valeva e i poveri riuscivano a sopravvivere con pochi centavos al giorno, eppure in quella occasione furono scommessi pesos a decine di migliaia.

Nel video si alternano foto dei protagonisti, dei proprietari, degli assistenti, dei cavalli e del compositore del corrido Leonardo Yanez "El Nano" a vari spezzoni del film El Moro de Cumpas (1977, di Mario Hernández, con Antonio Aguilar, famoso cantante e attore). Nel corso della mia ricerca ho trovato anche una notizia curiosa: l'autore scrisse i versi prima della corsa ma, essendo di parte, li concluse con la vittoria del suo favorito, che invece perse. Pertanto, nel poco tempo fra la fine della sfida e la festa successiva nel corso della quale era prevista l'esecuzione del corrido, dovette cambiare il finale.
Parlando degli autori e interpreti dei corridos Pablo Neruda li descrisse quali persone dalle “mani rozze e sagge, che accumularono foglietti, riportarono catastrofi, celebrarono i propri eroi, difesero i propri diritti, incoronarono i santi e piansero i morti.

mercoledì 4 marzo 2015

Dall’Odissea al narcotraffico … 3000 anni di cantori

Aedi e Rapsodi - Nella Grecia antica, cantori di professione e spesso anche compositori di canti epici, che accompagnavano col suono della cetra.
Bardi - antichi poeti cantori dei popoli celti, simili agli aedi dei Greci; scomparsi dalla Gallia dopo la conquista romana, sopravvissero fino al XVII sec. in Irlanda e al XVIII in Scozia e Galles; cantavano soprattutto poesie celebrative o elogiative, accompagnandosi con uno strumento simile alla lira.
Trovatóri - Poeti provenzali del XII e XIII secolo, rappresentanti della nuova lirica d’amore sorta negli ambienti aristocratici della cultura romanza e della società feudale della Provenza dell’ultimo medioevo, e diffusasi successivamente in varie corti e città di Catalogna, Aragona e Castiglia, Francia e Italia, influendo sulla lirica delle letterature europee neolatine e anche germaniche.
Menestrèlli - recitavano e cantavano le poesie composte dai trovatori, raramente da loro stessi. Erano anche uno strumento sociale di grande valore, raccontando di costumi ed ambienti diversi.
Cantastorie – Divulgatori girovaghi, e talvolta compositori, di storie in versi generalmente a soggetto drammatico o passionale che recitavano commentando i semplici disegni raccolti su cartelloni descrittivi della storia stessa. Famosi cavalli di battaglia dei cantastorie (eredi degli aedi e rapsodi greci e dei trovatori e menestrelli medioevali) sono la Baronessa di Carini e la storia del bandito Giuliano”. 
A partire dal XIV secolo contribuirono a diffondere in dialetto le gesta dei paladini carolingi, successivamente argomento favorito dell'Opera dei Pupi. Ebbero grande successo e diffusione nella Sicilia del XVII secolo dove furono anche appoggiati dalla Chiesa con lo scopo di diffondere presso il popolo le storie dei santi e della Bibbia. Nel 1661 a Palermo i Gesuiti costituirono la congregazione degli Orbi, cantori ciechi a cui veniva insegnato a suonare uno strumento musicale e che erano legati a temi esclusivamente religiosi sotto il controllo ecclesiastico. 
Recentemente l'UNESCO ha dichiarato il Teatro dell'Opera dei Pupi Capolavoro del patrimonio Orale e Immateriale dell'Umanità, primo italiano a esser inserito in tale lista. I pupari curavano spettacolo, sceneggiature e pupi e, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso. L'opera è tipica della tradizione siciliana dei cuntastori (da non confondere con i "cantastorie" che narravano fatti di cronaca).
Con la Conquista molti dei suddetti generi poetici e musicali approdarono anche nelle Americhe dove la tradizione carolingia mise radici in particolare in Nicaragua e Gualtemala. In Messico, invece, nacque il Corrido, forma musicale e letteraria caratteristica della cultura mestiza, diretto discendente del romance español (composizione in versi di tema epico o lirico). Raggiunsero il massimo sviluppo durante la Rivoluzione Messicana, periodo nel quale contribuirono a diffondere notizie, esaltare imprese e raccontare semplici avvenimenti. Successivamente si sono evoluti di pari passo con le rancheras, condividendone famosi interpreti come Pedro Infante, Jorge Negrete e, in tempi più recenti, Vicente Fernandez e oggi formano il repertorio quasi esclusivo dei Mariachi. 
Infine, cambiando ulteriormente i protagonisti dei testi, da qualche anno si è giunti ai narcocorridos che cantano le “gesta” dei trafficanti di droga nel nord del paese, al confine con gli Stati Uniti. Hanno contribuito a far aumentare sparatorie, attentati, e quindi numero morti, tanto da essere addirittura messi al bando: è proibito suonarli e cantarli in locali pubblici. Gli stessi cantanti sono stati oggetto di minacce, attentati e vari sono stati assassinati per aver cantato di o per un gruppo rivale. 
  
Bei tempi quelli dei corridos de caballos, nei quali i protagonisti erano i cavalli (realmente esistiti e famosi), da quelli preferiti da Pancho Villa a quelli morti per salvare chi li montava e a quelli la cui fama era legata alle popolarissime corse nelle quali quasi tutti scommettevano e a causa delle quali molti hanno perso tutto ciò che avevano. 
La diffusione orale ed itinerante di storia e storie, leggende e religione, imprese eroiche, battaglie e rivoluzioni, è argomento interessante e affascinante, presente in quasi ogni cultura e epoca.

lunedì 2 marzo 2015

Buone nuove dal Sentiero delle Sirenuse

Come preannunciato, domenica 1 marzo siamo andati ad effettuare un sopralluogo per verificarne lo stato. A parte il solito tratto molto fangoso al limite orientale di Monticello, dove inizio lo sterrato, non ho rilevato alcun problema e, al contrario, nel complesso mi è sembrato in ottime condizioni.
Andiamo per ordine, affrontando il percorso il senso antiorario. Da S. Agata al tratto appena citato si procede come al solito senza alcun problema.
Superato abbastanza facilmente il fango (con tutta la pioggia caduta nelle settimane scorse mi aspettavo di peggio) si continua speditamente fino alla “casa rosa” che si deve superare a valle e seguendo i nuovi segni, ben evidenti. Saliti i pochi scalini al limite del castagneto si deve girare a destra lungo il percorso “ufficiale e storico” segnato dal CAI da anni e ripassato con grande abbondanza di vernice (foto a dx) l’anno scorso. Da allora in poi la maggior parte degli escursionisti non passano più attraverso il castagneto e di conseguenza il loro frequente transito ha fatto sì che il passaggio fra gli arbusti si sia mantenuto evidente e facile. Oltretutto in questo modo si torna a godere delle piacevoli viste transitando più vicini al margine del pianoro pieno di cisti e altri arbusti.
La salita fino al Pizzetiello non presenta problemi di sorta ed è anche stato ridotto il rischio di imboccare per sbaglio il sentiero verso la grotta del Brigante in quanto qualcuno ha “costruito” una specie di muretto (poche pietre sovrapposte) in modo da indicare chiaramente che non è quello il sentiero da seguire. Al contrario, chi non conosce il sentiero per la grotta e vi volesse andare, ora sa con esattezza dove lasciare il CAI 300. A questi ricordo che comunque è un percorso da fare andata e ritorno e che nell’ultimo tratto potrebbero trovare la traccia quasi completamente ostruita dalla vegetazione.
   
Dal Pizzetiello alla ss 145 al momento è ancora una piacevolissima e semplicissima passeggiata grazie alla discussa (ma solo da alcuni ipercritici) pulizia dell’anno scorso della quale parlai in un post del 4 settembre 2014
Le foto in alto evidenziano lo stato del tratto in piano a est del Pizzetiello che negli anni scorsi era spesso appena transitabile fra la bassa gariga (con rami duri). Questi in basso sono invece due scatti (verso monte e verso valle) che ben illustrano lo stato della discesa attraverso il castagneto verso la rotabile. Grazie alle ridotte dimensioni dei castagni (tagliati pochi anni fa) e all'assenza di fogliame il suddetto tratto non è scivoloso e tantomeno fangoso. 
   
A partire dalla statale, dopo il tratto selciato, abbiamo percorso senza grandi problemi anche il resto della comunale San Martino (a destra del castagneto e addossato al muro). Resta chiaramente umido e dissestato, ma è assolutamente transitabile rendendo quindi inutile il più lungo aggiramento del castagneto a sinistra. Giunti alla sella si torna su fondo duro e di sterrato fino a Sant’Agata resta solo l’attraversamento della pineta sempre possibile, facile e piacevole.
Lungo il percorso l’erica sta iniziando a fiorire e si possono notare anche tante altre avvisaglie della imminente primavera (mancano solo 3 settimane). 
Fra qualche giorno seguirà un commento relativo al rilievo gps.