martedì 17 febbraio 2015

Due film che consiglio: “Boyhood” e "Im Labyrinth des Schweigens”

Entrambe sono diversi dai soliti prodotti proposti nelle sale italiane e quindi il primo, nonostante ben 6 nomination agli Oscar 2015, ha avuto brevissima vita mentre il secondo, presentato in anteprima al Festival di Toronto a settembre scorso e uscito nelle sale europee a novembre non è stato ancora proiettato in Italia, ma dovrebbe essere distribuito prossimamente, pare, con il titolo inglese Labyrinth of Lies.
Boyhood è un "vecchio" progetto di Linklater, infatti le riprese sono iniziate nel 2003 e terminate nel 2014. Segue la crescita di un bambino dagli 8 ai 20 anni utilizzando sempre gli stessi attori che per questo motivo si sono incontrati una volta l'anno. Quindi non ci sono trucchi per farli sembrare più vecchi o più giovani e se una persona dopo i 30 cambia poco e lentamente, ciò non è assolutamente vero nel periodo adolescenziale e l'impiego dei medesimi interpreti risolve brillantemente la situazione. Ci sono chiaramente personaggi che compaiono sono in alcuni periodi e quindi non sono approfonditi, ma i due ragazzi (il protagonista ha una sorella di poco più grande) e i loro genitori invecchiano naturalmente nel corso dei 12 anni.
Data la particolarità del film ci sono anche non pochi detrattori che però, pur criticandolo, lodano il progetto in sé. I critici sono invece assolutamente d’accordo in quanto ai meriti della pellicola. Il sito rottentomatoes che valuta i film sulla base delle recensioni pubblicate ne ha registrate 50 positive contro nessuna negativa fra i top critics e 256 contro 5 considerando tutte le recensioni. Faccio anche presente che oltre alle 6 Nomination all'Oscar Boyhood ha raccolto ben 140 premi e 121 nomination nei festival di tutto il mondo, quindi tanto male non dove essere.
Le 2h45' scorrono velocemente senza grandi avvenimenti, ma in modo fluido e senza pause tanto che a me è sembrato molto più breve di certi filmacci di un'ora e mezza o meno, di quelli che si spera finiscano presto, di quelli che già a metà della proiezione ti spingono a guardare l'orologio. Se, come è probabile, la settimana prossima vincerà qualche statuetta, potrebbe ritornare nelle sale italiane, anche se poi non vi resterà a lungo per essere comunque un film non per tutti e a causa della durata oltre la norma. Quindi, se pensate vi possa interessare, affrettatevi.
Linklater non è del tutto nuovo a realizzazioni simili. Infatti, ha scritto e diretto tre film collegati fra loro - Before dawn (1995), Before sunset (2004) e Before midnight (2013) - con gli stessi attori i quali interpretano gli stessi personaggi che si incontrano una volta ogni 9 anni. 
    

L'altro film, pur essendo stato scritto e diretto dall'italiano Giulio Ricciarelli non è ancora uscito in Italia in quanto si tratta di una produzione tedesca. Il soggetto trae spunto da un fatto storico, il processo di Francofortemolto meno conosciuto ma non meno importante di quello di Norimberga e successivo ad esso. Descrive parte degli avvenimenti che lo precedettero, ma non si addentra nella parte strettamente legale, analizzando piuttosto i risvolti sociali. Verso la fine degli anni '50, già in fase di ripresa economica e in piena guerra fredda, c'era chi voleva dimenticare, chi si vergognava di cosa aveva fatto (a volte costretto), chi scappava, chi nascondeva i suoi trascorsi nazisti e faceva finta di niente, chi voleva scavare nel passato inseguendo ideali di giustizia o solo la pura e semplice vendetta. Il film propone una vera e propria cospirazione (evidenziata nel titolo del film in spagnolo, La conspiración del silencio) per tentare di non far venire a galla quanto fosse realmente successo negli anni '30 e durante la guerra, organizzata da un gruppo di persone convinte che ciò avrebbe forse portato alla giusta punizione di alcuni, ma allo sfascio della società tedesca.
Infatti, in quante famiglie non c'era nessun ex-nazista, per forza o per scelta, e quale era stato il suo effettivo ruolo? Era necessario far sapere alle nuove generazioni cosa avessero fatto i loro genitori fino al 1945? Avrebbero capito i motivi del loro comportamento? Qualcuno a un certo punto ricorda al protagonista "in quegli anni eravamo tutti nazisti". 
Concludo con un riferimento a una situazione evidenziata quasi all'inizio del film che può sembrare incredibile, ma pare fosse reale: verso la fine degli anni '50 in Germania quasi nessuno aveva sentito parlare del piccolo paese di Auschwitz, in Polonia, e quindi di cosa fosse accaduto lì. A seconda del ruolo avuto chi c'era stato o non se ne vantava di certo o da sopravvissuto cercava di dimenticare, si arrendeva all'evidente impossibilità di essere ascoltato e creduto o si nascondeva sapendo che anche fra vicini potessero esserci alcuni dei tanti nazisti convinti, che egualmente si nascondevano seppur per motivi diametralmente opposti.
In ogni caso, e comunque la pensiate, il film non emette sentenze ma fornisce un'infinità di punti di vista e quindi altrettanti spunti di riflessione e valutazione. Essendo oltretutto ben costruito e ben interpretato, con un buona sceneggiatura alle spalle, mi sento di consigliare anche questo ... almeno ai non cinepanettonari. 

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