mercoledì 30 luglio 2014

Escursionismo e Cartografia: sentiero parallelo al Fiume Pozzo

Vi propongo un altro stralcio del foglio 15 della Carta dei contorni di Napoli redatta dagli Ufficiali Borbonici nel secondo decennio dell’800.
Si tratta della zona a monte di Positano, quindi adiacente a quella di Nocelle esaminata qualche giorno fa per la quale le indagini sono in corso. Come già accennato su FB Camminate, anche in questo caso c’è un quesito da risolvere,
Per facilitare i riferimenti ai vari elementi rappresentati, sulla carta ho affiancato alle sottili linee nere originali linee colorate evitando la sovrapposizione in modo da poter osservare il disegno.
Potete facilmente notare che sono chiaramente descritti i collegamenti con Montepertuso (in rosa, in basso a destra) e, seppur di difficile lettura a causa dei tanti tratti di pendenza, sono rappresentate anche le Tese e la bretella da queste alla Croce di Capodacqua evidenziati anch'esse in rosa nella parte centrale della carta, verso sinistra. La viabilità principale di Santa Maria del Castello è praticamente identica a quella attuale (tratteggiate marroni). 
Il percorso Montepertuso - Corvo (con linea verde a monte) è più che evidente ed ha andamento molto simile alla attuale rotabile.
Ora veniamo all'argomento di questo post, la perplessità che mi è sorta interpretando la carta che in linea generale è affidabile nelle parti che sono rimaste simili fino ad oggi.
Non essendo esperto della zona e non avendo mai sentito parlare di un collegamento che corresse parallelo al Fiume Pozzo fra l'attuale strada di Montepertuso e la statale mi ha incuriosito, e non poco, la parte centrale di questo stralcio (pallini rossi).
Osservate la zona fra T. Gianmarino (posta sul pinnacolo calcareo poco a valle della fontana di Montepertuso) e la scritta POSITANO
Valle Pozzo è inequivocabilmente identificata con la linea nera un po’ tremolante (evidenziata dalla mia azzurra, usata anche per gli altri corsi d'acqua) che passa sotto la C di S. M. a Castello e continua fino alle case fra la T e la A di POSITANO per poi scomparire (ma la valle è comunque leggibile con i trattini di pendenza) e riapparire nei pressi del mulino (c’è il simbolo della ruota).
Da nordest arriva un’altra sottile linea nera (molto più diritta di quella di Pozzo) che interseca il sentiero Montepertuso - Corvo (in verde) poco a nord della T della TorreE qui sorge il dilemma: la suddetta linea sembra attraversare il Fiume Pozzo e poi volgere verso sud-sudovest e continuare parallela a Valle Pozzo. Ma è impossibile che due corsi d’acqua possano correre paralleli in una stretta forra, l’acqua può solo scorrere sul fondovalle.
Inoltre si deve osservare che la linea più occidentale (pallini rossi) corre attraverso i trattini di pendenza (quindi in costa) e non alla loro base, quindi non dovrebbe rappresentare un corso d’acqua.
Questa è l'incongruenza alla quale accennavo nel post di lunedì su FB Camminate
Quindi la domanda è: esisteva un collegamento fra il sentiero Montepertuso - Corvo e la zona a nordovest de Li Parlati che correva parallelo a occidente del Fiume Pozzo? O si tratta di un marchiano errore dell'incisore nel copiare i rilievi degli ingegneri? Nel caso fosse esistito sarebbe stato estremamente pendente e avrebbe dovuto essere una ripida scalinata o avrebbe dovuto comprendere numerosi tornati. 
In entrambe i casi dovrebbero esserne rimaste tracce. 
Il tornate della statale con il quale si supera il fiume Pozzo si trova a quota 127m, la corrispondente curva a gomito della strada di Montepertuso dalla quale dovrebbe partire l'ipotetico sentiero è a 285m. Quindi si sarebbe dovuto coprire un dislivello di ben 158m in meno di 170m (in pianta), vale a dire una pendenza media prossima al 100%.
Ho avuto modo di consultare le carte catastali di una sessantina di anni fa e di questo percorso non esiste traccia, né come strada vicinale e tantomeno come comunale. 
Vista l'orografia penso che, anche se fosse stato possibile effettuare il percorso in questione, non sarebbe certamente stato un itinerario principale avendone altri su ambo i lati molto più comodi e quindi non doveva essere riportato in carta.
Sarebbe stata, almeno per me, una scoperta interessante, ma purtroppo comincio a pensare che stavolta la (da me) tanto decantata carta borbonica del 1819 riporti indicazioni errate. 
Nel caso che qualcuno abbia invece notizie certe dell'esistenza del percorso sarò ben lieto di ricredermi e fare pubblica ammenda.

Cartografia: la mappa perfetta non esiste, né può esistere

In Cartografia esistono tre qualità fondamentali: chiarezza, completezza, precisione.
Purtroppo questi tre obiettivi ai quali tendono gli sforzi dei cartografi diventano a un certo punto incompatibili fra loro. Cercherò di spiegare questo concetto brevemente e, spero, chiaramente.
Chiarezza: è la qualità per la quale tutti i dettagli siano facilmente identificabili e riconoscibili e le forme del terreno siano evidenti
Completezza: è intesa come “massimo insieme di particolari planimetrici e altimetrici”.
Precisione: l'ubicazione di ciascun particolare nella stessa posizione che occupa nella realtà, in assoluto e in relazione agli elementi circostanti.
Per ognuna di queste qualità esiste un proprio limite intrinseco. In particolare le prime due collidono in quanto se si vuole mantenere la chiarezza (leggibilità) della carta non si potranna mai riportare “tutti” gli elementi di una certa categoria (sentieri, strade, edifici, ecc.). La scelta sarà fatta dal cartografo non solo in base alla grandezza fisica degli elementi, ma anche in base alla loro rilevanza e rispetto alla  densità di elementi simili in quell’area. Un paio di esempi per tutti: una cappella isolata è cartograficamente più importante di una chiesa in città, un sentiero appena tracciato (e pressoché unico) in montagna è più importante di una strada secondaria cieca in area urbana.
In quanto alla precisione gioca un ruolo fondamentale la scala. Al diminuire di questa (sottolineo che 1:50.000 è minore di 1:25.000, si tratta di rapporti) parecchi simboli convenzionali occupano molto più spazio della loro grandezza fisica. Mi spiego meglio: nelle carte stradali una rotabile è convenzionalmente rappresentata con due sottili linee nere parallele, con o senza colore di riempimento. Considerando uno spessore totale del simbolo di 0,5÷0,7mm (spesso anche di più), ne deriva che raffigura una larghezza di 5÷7m se la scala è 1:10.000 e di 50÷70m se è 1:100.000. 
La cosa diventa ancora più evidente per i simboli puntiformi che indicano particolare piccoli ma importanti come edifici isolati, sorgenti, antenne e via discorrendo. Quando due elementi, anche di caratteristiche diverse, sono vicini il cartografo dovrà distanziarli (e quindi spostarli dalla loro posizione esatta) o dovrà eliminarne uno.
La generalizzazione e la semplificazione sono fra i pregi delle buone cartine.
Discettando di questi argomenti sono stati scritti libri interi e si sono svolti infiniti incontri e dibattiti, ma chiaramente non si è giunti, né si potrà mai giungere a conclusioni che stabiliscano regole ferree.
La simbologia è pesantemente condizionata dalla scala e dal tipo di area rappresentata, sulla scelta degli elementi da rappresentare (per qualità e importanza) influisce la tematicità della carta, la densità di simboli dovrà sempre tendere a un giusto compromesso fra leggibilità e completezza.
Chiudo con un aneddoto. Vari anni fa, nel corso di un convegno fra cartografi organizzato dalla IOF (International Orienteering Federation), una mezza dozzina di essi fu incaricata di realizzare una cartina di una piccola area. Il risultato fu che le mappe erano tutte abbastanza diverse fra loro, ma che tutte erano assolutamente leggibili e precise. Alcuni aveva dato maggior importanza al rilievo, altri alla vegetazione, alla rete di sentieri includendo le tracce meno evidenti, ai particolari rocciosi …

cartina per Corsa di Orientamento (Orienteering), precisissima eppure generalizzata,
leggibile per molti sportivi, ma assolutamente incomprensibile per tanti altri 
Se si chiedesse ad un gruppo di scrittori di descrivere brevemente la Baia di Jeranto o Monte S. Angelo a Tre Pizzi, siate pur certi che si otterrebbe un risultato simile: vari pezzi di ottima prosa eppure tutti diversi. Cartografare significa descrivere graficamente e come ogni altro tipo di linguaggio ognuno lo adatta alle proprie percezioni e valutazioni, l’importante è comunicare (bene) cercando di farsi comprendere anche da chi non sa leggere tanto bene ... 

martedì 29 luglio 2014

Settima Arte: Emilio Fernandez, icona del cinema

Alla maggior parte di voi questo nome risulterà assolutamente sconosciuto eppure tutti avrete visto migliaia di volte la sua statu(ett)a.
Emilio Fernandez “El Indio, regista e attore messicano dal volto inconfondibile, lo ricorderete senz’altro in vari film il più famoso dei quali è sicuramente Il mucchio selvaggio (di Sam Peckinpah, 1969) nel quale interpretava il cattivissimo Generale Mapache.
In patria è stato un apprezzatissimo regista, tant’è che fra le prime trenta pellicole messicane (fino al 1994) ce ne sono ben sei dirette da lui. La suddetta classifica delle migliori 100 pellicole prodotte in Messico fu stilata in quell'anno dalla rivista SOMOS che si avvalse della consulenza di 25 esperti di cinema messicano. Fra esse ce ne sono 7 di Luis Buñuel, 8 ciascuno per Roberto Gavaldon e Ismael Rodriguez e ben 10 di Emilio Fernandez. La più vecchia fra le 100 è El Automóvil Gris (1919) di Enrique Rosas al 98° posto e la più recente Como agua para chocolate (1992) di Alfonso Arau al 56°. La lista completa è disponibile in rete a questa pagina freepeliculasmexicanas.com/100_Best_Mexican_Movies dalla quale, cliccando sui titoli potrete passare ad altra pagina dove poter scaricare o vedere i film (quasi tutti).
Tornando ad Emilio Fernandez, non sto a copiare e/o tradurre la sua biografia (ne trovate qualcuna anche in italiano), ma mi limito a citare i fatti salienti della sua vita avventurosa, quasi straordinaria. Nel 1920 lasciò il collegio militare per arruolarsi con il Generale de la Huerta. Questi, dopo essere stato sconfitto riparò a Los Angeles dove aprì una scuola di musica mentre Fernandez fu condannato a 20 anni di prigione. Dopo solo otto mesi riuscì a scappare da galera con la dinamite e raggiunse il suo generale che lo introdusse nel mondo nel cinema dove, cominciando come comparsa, apprese le basi della cinematografia. Nel 1928 la sua famosissima connazionale Dolores Del Rio, star di Hollywood negli anni ’20 e ’30, gli propose di posare per la statuetta simbolo e premio dell’Academy Award, da tutti conosciuta come Oscar.
Negli anni ‘40 Dolores Del Rio fu protagonista di ben 4 film diretti da Emilio Fernandez fra i quali María Candelaria - Xochimilco (titolo tradotto in italiano alla solita pessima maniera: La vergine indiana) che vinse il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes nel 1946.
Nel corso della sua carriera El Indio è comparso in 89 film e ne ha diretti 42, fra i quali si deve menzionare La perla, sceneggiato in collaborazione con John Steinbeck e vincitore di un Golden Globe.
I miei preferiti sono due "quasi" noir: Salón México (1949, 28°) e Víctimas del pecado (1951, 20°). 
  

domenica 27 luglio 2014

Altri Mondi: tranquilla valle nel Carso Sloveno

Lokve, 122 abitanti, neanche un negozio. Ma ci sono 5 stazioni WiFi, gratuite e liberamente accessibili senza username e/o password. Delle tre strade di accesso due sono strade bianche, ma ottimamente tenute. Vale a dire che manca l'asfalto, ma non ci sono buche!
Ci sono vari sentieri segnati, alcuni adatti anche ai cicloturisti, attrezzati con segnavia e tabelloni con cartina e informazioni, anche storiche.
Qui è stata organizzata una 5 Giorni di Orientamento (Bubo Cup) e quindi ci sono più stranieri che residenti. Tutto funziona, anche con questo "sovraffollamento".
In questo set di foto potrete farvi un'idea del luogo, potrete vedere segnavia inusuali, un tabellone, funghi, fragole (ma ci sono anche tanti lamponi), fiori, insetti, cavalli e vacche al pascolo, prati e boschi. 
Le ultime sono le cartine delle gare della Bubo Cup che mi hanno portato a Lokve.

sabato 26 luglio 2014

Toponomastica: una considerazione-smentita in merito all’etimologia di Punta della Campanella

Nel post del 15 luglio trattavo dei toponimi costieri dei Golfi di Napoli e Salerno presenti su alcuni portolani visti a Mallorca (vedi post cartografia-nautica-maiorchina-del-500.html)
Su numerose carte del '500 appare il toponimo C: Campanella

“L'etimologia del nome della punta è chiaramente legato a una cam­pana, ma esistono due differenti versioni circa il perché del nome. La più semplice delle due teorie sostiene che sulla Torre Mi­nerva, dove stavano i soldati di guardia per avvistare eventuali navi saracene in avvicinamento, esisteva una piccola campana che veniva suonata in caso di pericolo.

L'altra è molto più colorita e fantasiosa e di conseguenza anche più conosciuta. Si narra che in una delle scorribande dei Sarace­ni nella Penisola Sorrentina (i più dicono che si trattasse pro­prio di quella tristemente famosa del 1558) fu saccheggiata anche la chiesa di Sant'Antonino Abate, protettore di Sorrento. Quando la flotta pirata giunse alla Punta della Campanella, la nave che trasportava la campana e gli altri oggetti trafugati nella chiesa fu bloccata da una forza misteriosa e, nel tentativo di procedere e di raggiungere le altre fuste che intanto si al­lontanavano, i predoni cominciarono ad alleggerire l'imbarcazione gettando in mare parte del loro bottino. Ma solo quando si libe­rarono della campana di bronzo di Sant'Antonino riuscirono a dop­piare la punta. La leggenda vuole che, non appena la campana fu gettata in mare, si levò un improvviso e fortissimo vento che consentì al vascello pirata di raggiungere in pochi attimi le al­tre fuste. C'è anche chi sostiene che ogni 14 febbraio, festa del santo protettore di Sorrento, si sente la campana suonare sott'acqua, e chi non ci crede può andare a controllare!”.
Da Le coste di Sorrento e di Amalfi - G. Visetti (1991)
Ma la leggenda che lega il toponimo ai saraceni si riferisce agli avvenimenti del giugno 1558, quindi posteriori o quasi contemporanee alla redazione delle pergamene. Ciò esclude definitivamente la già remota possibilità che da questo colorita narrazione di un fatto storico, tristemente vero e tragico per i sorrentini e i massesi, derivasse il nome Campanella.

venerdì 25 luglio 2014

Toponomastica: un’integrazione all’etimologia de Li Galli

Nel mio libro Le coste di Sorrento e di Amalfi oltre 20 anni fa scrivevo:
“Ruggero I di Sicilia scelse Li Galli quale sua base navale nella Magna expeditio contro Amalfi; in un documento dell'epoca, datato 1131, vengono indicati nel loro insieme col nome di Guallo.
L'Imperatore Federico II, con decreto imperiale del 25 agosto 1225, donò Li Galli al Monastero di Santa Maria di Positano. Nel documento, scritto in latino, sono così individuati: "le tre iso­lette, cioè le tre sirene, che si chiamano Gallo". Il nome Li Galli apparve invece per la prima volta in documenti ufficiali durante il regno di Carlo d'Angiò. L'origine del nome Galli è piuttosto misterioso ed in passato, parlando di questi isolotti, fu scritto: "Galli o Sirenuse, Galli forse perché vi si fa preda di pesci detti Galli" e in dialetto con questo termine si indica­no i Pesci San Pietro (Zeus faber L.).”
Ai giorni nostri il termine dialettale è poco usato anche perché di questi pesci non se ne vedono più tanti, ma ho trovato una importante conferma in Spagna dove sono comunemente chiamati Gallos (chiaramente pronunciato Gaglios).
Questo è il nome più frequentemente usato per indicare lo Zeus faber, ma in alternativa sono anche chiamati San Pedro, Sanpedro o Pez (o Peje) San Pedro
   
C’è anche una leggenda che giustifica questo secondo nome identificando le due caratteristiche macchie nere ai lati del pesce con le impronte del pollice e indice di San Pietro. Infatti nel Vangelo di Matteo si legge che a Cafarnao Gesù lo mandò a prendere un pesce in riva al lago, nella cui bocca avrebbe trovato una moneta per pagare la tassa del Tempio.
In conclusione, anche se ci sono ovviamente altre teorie in merito all'etimologia del toponimo Li Galli, io propendo per questa che andrebbe ad arricchire la lunga serie legata a pesci e molluschi come: grotta d''e Ciefari, Dentici, Guarracinale, Marvizzi (questo in verità potrebbe anche riferirsi agli uccelli, tordi), scoglio della Murena, grotta dei Palamiti, 'nterra 'a Patella, grotta d''e Piscetielli, grotta Ronchetiello, Ruonco, grotta d''a Seccia, per citarne alcuni. 

giovedì 24 luglio 2014

Altri Mondi: Cineteca Nacional Mexico, Coyoacan. Tutti al Cinema!

Così come passai dal Palau e Fondazione March alla Fondazione Slim e al Museo Soumaya ora, rimanendo a Ciudad de Mexico, passo da Polanco a Coyoacan per parlare della Cineteca NacionalCoyoacan è una delle 16 delegaciones del D.F. (si pronuncia Defe, sta per Districto Federal, per i messicani è sinonimo preferito di C. de Mexico) a sud del centro con il quale è molto ben collegata. Tutta l’area è molto tranquilla e piacevole, vicina all’Università, e oltre alla Cineteca ci sono vari musei (fra i quali quello di Frida Khalo), giardini, negozi d’arte e librerie che attraggono molti visitatori dalla città per i fine settimana. Hernan Cortés la scelse come sua prima sede nel 1521.
Si sa che in Italia le chiusure di sale sono più delle nuove aperture, la programmazione è in generale estremamente scadente e pare che facciano registrare buoni incassi solo gli squallidi cinepanettoni nostrani e le megaproduzioni americane (fra le quali per fortuna qualcuna buona c’è). Le sale che propongono retrospettive, classici, pellicole indipendenti prodotte in paesi che non hanno accesso alla grande distribuzione sono pochissime, anche nelle grandi città.
La Cineteca Nacional Mexico procede in direzione diametralmente opposta, in tutti i sensi.
Dopo aver raggiunto i 700.000 spettatori nel 2011 (quasi 2.000 al giorno), nel 2012 ha aperto altre 4 nuove sale da 180 posti ciascuna portandole a 10 oltre a una grande arena all’aperto (con accesso gratuito). Sono stati anche costruiti un grande archivio con temperatura e umidità controllate capace di ospitare oltre 50.000 pellicole e un laboratorio per il loro restauro digitale. Si prevede che alla fine del 2014 sarà raggiunto il milione di spettatori, grazie anche a sostanziali lavori di ristrutturazione eseguiti l’anno scorso. Infatti è anche un centro di aggregazione di giovani, studenti della vicina Università, professionisti e tanti cinefili di ogni età, c’è una biblioteca, una videoteca e vengono organizzati vari tipi di corsi e conferenze con tema cinematografico.
La missione dichiarata è quella di “preservare, custodire e mantenere la memoria cinematografica” … e di “promuovere e diffondere le migliori opere della cinematografia nazionale e mondiale, nonché stimolare la formazione di nuovo pubblico nell’apprezzamento della cinema d’arte internazionale.”
Ho appena dato un’occhiata al sito ufficiale www.cinetecanacional.net per vedere cosa c’è in programma oggi e ho trovato film prodotti in Islanda, Iran, Giappone, Cile, Uruguay, Cuba, Argentina, in vari paesi europei e un solo americano (film di Frank Capra del 1934) nella sezione storia del cinema. Considerato che in varie sale si proietta più di un film al giorno e non più volte lo stesso, non dovrete meravigliarvi nell'apprendere che oggi in cartellone ce ne sono ben 19. Film che probabilmente non arriveranno mai in Italia anche perché se proiettati “senza adeguata preparazione” nessuno li andrebbe mai a vedere.
I prezzi? Tariffa piena 40 Pesos (circa 2,30 Euro), ma studenti, giovani ecc. ne pagano solo 25. Tutti i martedì e mercoledì "Siamo tutti studenti!" e quindi prezzo unico per tutti 25 Pesos (1,43 Euro).
Lì ho avuto occasione di vedere il famoso Guerra e Pace (1966) di Sergei Bondarchuk proiettato in edizione integrale e senza intervalli. A chi si chiede cosa ci sia di strano faccio presente che il film completo dura oltre 7 ore … e la sala seppur non piena era abbastanza affollata. Neanche la famosissima Cinematheque Francaise di Parigi www.cinematheque.fr propone programmi così ricchi e vari.
Quando vedremo qualcosa del genere in Italia? Non c’è ancora un pubblico adatto? Non abbiamo abbastanza cultura cinematografica?
Potrebbe essere considerato un classico caso di gatto che si morde la coda, ma se non si cominciano a proporre buone pellicole (anche e soprattutto in televisione) tanta gente rimarrà sempre lontana dalle sale ed in particolare dal buon cinema.
Ultima considerazione: gli italiani dovrebbero abituarsi a leggere i sottotitoli! Nella maggior parte dei paesi i film, tranne quelli per bambini e qualche colossal, vengono proiettati in lingua originale sottotitolata e non doppiati. Questo auspicabile adeguamento faciliterebbe moltissimo la diffusione di buone pellicole in quanto i costi sarebbero molto minori, si sentirebbero le vere voci degli attori (e quindi sempre le stesse per tutta la loro vita senza cambiarla quando cambia il doppiatore), il movimento delle labbra sarebbe sincronizzato con le voci, si potrebbe imparare qualche parola straniera o migliorare la propria pronuncia, stendendo un velo pietoso sul vantaggio di non dover subire alcuni pessimi doppiaggi.
Ritornerò sul tema.

mercoledì 23 luglio 2014

Altri Mondi: Foto naturalistiche (segue)

Ricordate il post del 4 luglio u.s. Foto naturalistiche ... e che foto!?
Ebbene, ho scaricato circa la metà delle foto riprodotte per quella esposizione a Palma de Mallorca e le ho caricate in una pagina del sito nel quale pubblico le mie foto di viaggio 
http://www.giovistravels.com/14oriEP/fotonaturepl.htm
Ve ne propongo un paio in "anteprima":

Vi ricordo che tutte le foto (come è anche evidente dalla filigrana) sono di proprietà della Nature Picture Library e sul sito www.naturepl.com ne troverete oltre 35.000 liberamente visibili e scaricabili (fino alla grandezza di 1.000pixels)

martedì 22 luglio 2014

Altri Mondi: Museo Soumaya Slim, Ciudad de Mexico, D.F.

Parlando del Palau March con un amico, siamo poi passati a discutere di fondazioni filantropiche ed in particolare quelle a sostegno dell’arte fondate da miliardari come Guggenheim e Rockefeller e mi è tornato in mente il fantastico Museo Soumaya di Ciudad de Mexico.
Il messicano di origini libanesi Carlos Slim, uno degli uomini più ricchi del mondo che negli ultimi anni si è alternato al comando di questa speciale classifica con Bill Gates, è fondatore e principale finanziatore di ben tre fondazioni con sede a Città del Messico quali la Fundación del Centro Histórico de la Ciudad de México A.C., la Fundación Telmex e la Fundación Carlos Slim Helú creata nel 1986 e principale (forse unica) sostenitrice del Museo Soumaya.
Slim vari anni fa comprò un'intera area industriale dismessa a Polanco, poco distante dal centro della città, e l'ha poi riqualificata facendovi costruire un edificio assolutamente all'avanguardia, sia per stile che per tecniche costruttive e materiali, destinato ad accogliere il suo museo. 

Vi suggerisco di guardare il video linkato in basso che illustra il progetto (chiaramente molto discusso, ma quale opera all'avanguardia non lo è stata?) e varie fasi della costruzione.
Quest'altro video, invece, è relativo all'inaugurazione (28 marzo 2011): 
Per pura curiosità sappiate che nel 2011 Slim era al quinto posto della classifica mondiale dei “donatori” e pochi giorni fa, il 15 luglio 2014, è tornato ad essere l’uomo più ricco del mondo con un patrimonio stimato di 79,6 miliardi di dollari.
Le visite al Museo Soumaya Slim (aperto 365 giorni l'anno) sono gratuite
Per scoprire le collezioni e le attività del museo visita il sito ufficiale

lunedì 21 luglio 2014

Escursionismo e Cartografia: esiste ancora il sentiero Nocelle - Laurito?

Visto che ne scrivo qui, ripropongo lo stralcio cartografico proposto ieri su FB Camminate
Non so quanti di quelli che lo hanno letto hanno poi esaminato con attenzione la cartina.
Questa parte per essere al limite della parte cartografata, per non affacciarsi sul Golfo di Napoli (oggetto della serie di mappe), per trovarsi in zona impervia, poco abitata e molto scoscesa (anche le carte moderne non riescono ad essere precise) non è così facilmente sovrapponibile alla situazione reale come invece accade per altre aree.
Tuttavia, possiamo ricavare informazioni molto interessanti:
* il percorso Montepertuso - Nocelle è chiaramente molto simile a quello attuale. La moderna rotabile corre poco a valle del vecchio percorso della fino alla Tagliata, vi si sovrappone quasi fino al ponte e di lì in poi ne resta a monte
* il percorso oggi conosciuto come Sentiero degli Dei è tutto chiaramente rappresentato (anche se non tutto compreso in questo stralcio) ed è evidente il passaggio a monte di Santa Maria di Castro (nome originale della chiesa oggi tutt'uno con il convento di San Domenico)
* la sottile linea nera che corre più in basso più o meno parallelamente alla costa è il vecchio tracciato di collegamento fra Positano e Praiano, con andamento simile all’attuale statale
* è perfettamente individuato quello che oggi è conosciuto come Vallone Porto nel quale scorre il Fiume di Arienzo che sfocia in mare sulla spiaggia omonima (dove è indicata l’esistenza del Molino), ad ovest della Punta d’Arienzo
* più ad est viene rappresentato un altro corso d’acqua (minore) con il nome Rivo del Varco. E’ quello che corre nella valletta che si attraversa all'inizio del Sentiero degli Dei, dove termina la parte cementata e inizia lo sterrato
* ancora più a est (solo parzialmente incluso nello stralcio) c’è l’altro grande vallone (oggi Vallone Grarelle) indicato con il nome Rivo della Fontana e terminante a Laurito
* a ulteriore conferma delle suddette identificazioni, qualora ce ne fosse bisogno, sono chiaramente indicate Punta San Pietro e San Pietro dell’Alto (la cappella a monte dell’Hotel San Pietro, simbolo in carta) al temine dello spartiacque fra il Rivo del Varco e quello della Fontana (vallone Grarelle)
Inquadrata la carta con riferimenti allo stato attuale dei luoghi ben evidenti vengo alla parte più interessante di questa discettazione (vedi dettaglio in basso).

Pur notando poca accuratezza nelle distanze fra il primo edificio occidentale di Nocelle (quello a sin. della N), la discesa per la chiesa (S. Croce di Nocelle) e il Rivo del Varco è inequivocabilmente rappresentato un collegamento (unico in questa zona) fra l’attuale Sentiero degli Dei e la Statale Amalfitana.
E’ rappresentato con la classica linea nera sottile  che ha origine poco a est di Nocelle e si immette sulla strada Positano - Praiano a ovest di San Pietro, attraversando il rivo del Varco a ovest della R.
Passato il rivo il sentiero si dirigeva direttamente verso il mare passando a ovest di un edificio abbastanza notevole da essere riportato in carta. Sulle aerofotogrammetrie moderne è riportato un edificio in quell'area a quota 230m circa, visibile anche sull'immagine da satellite su Googlemaps e sicuramente abbastanza antico in quanto sono evidenti le volte di copertura. L’altro edificio riportato sulla cartina a sud di questo, in corrispondenza di un paio di tornanti dovrebbe essere quello che sull'immagine da satellite appare come un lungo rettangolo con 4 volte allineate quasi esattamente in direzione nord-sud.
Sull’aerofotogrammetria in mio possesso viene rappresentato un sentiero che dalla curva del San Pietro sale lungo il crinale fino a quest’ultima casa (a quota 145m circa) e prosegue per pochi metri e poi scompare. Non c’è traccia del collegamento con la strada più a est del San Pietro, così come non c’è nessun sentiero rappresentato attorno all'edificio a 230m (che comunque dovrebbe essere accessibile) e non c’è assolutamente niente neanche fra questo e la parte orientale di Nocelle.
Che fine ha fatto questo collegamento? Fino a quando è stato utilizzato? Nelle vostre valutazioni considerate anche che il collegamento Nocelle - Arienzo via Santa Croce (gli oltre 1.500 scalini tuttora frequentati) viene rappresentato solo nella parte alta, suggerendo che allora i Nocellesi utilizzassero più la discesa (scomparsa) verso Laurito e quindi Vettica.
Spero che qualche lettore possa fornire informazioni.  

domenica 20 luglio 2014

Cartografia antica: toponimo misterioso, risposta al commento

Nel ringraziare Peppe per il suo commento/suggerimento in merito al toponimo incerto che appare fra C: canpanella e Salerno nella cartina proposta nel post del 15 luglio cartografia-nautica-maiorchina-del-500, sono costretto a rispondere con un post per poter mostrare questo ingrandimento dell'area in questione (ruotata e ingrandita per facilitare la lettura).

Sono abbastanza d'accordo nell'identificazione delle ultime tre lettere come lfa, dico abbastanza in quanto la terzultima potrebbe anche essere una i
Assumendo che il finale sia effettivamente lfa, farebbe pensare a qualche variante del toponimo Amalfi (nell'immediato ero giunto alla medesima conclusione). Resto comunque estremamente dubbioso in merito alla prima parte che mi sembra troppo lunga per essere interpretata come una ma. Confrontatela con ma di castellammare ... in particolare notate che tutte le altre a hanno una "gamba" più o meno evidente in basso a destra, ma nel nostro caso manca.
Spero che anche Peppe concordi con queste valutazioni. Io resto molto dubbioso anche se in effetti non ci sono tante altre possibilità. Ricordo che si tratta di un portolano e quindi i toponimi si riferiscono ad approdi importanti o elementi geografici notevoli e fra Punta Campanella e Salerno non ce n'erano molti. 
Ulteriori idee e proposte saranno benvenute.

sabato 19 luglio 2014

Altri Mondi: Palma de Mallorca, una cittadina molto civile e interessante

Con i seguenti quattro gruppi di foto concludo la breve cronaca del mio soggiorno maiorchino.
In giro per la città, soprattutto nel centro storico, non mancano le occasioni fotografiche legate o meno che siano a luoghi di interesse come musei, chiese, fortificazioni, giardini, fossati, ecc. 
Ho inserito anche una foto che dimostra come neanche i cavalli che trainano le carrozze per turisti lasciano … odorose tracce …
Nel secondo album ho inserito foto di edifici di vario genere, storici, liberty, bagni arabi.
Ho tenuto a parte le foto dei mulini a vento ancora visibili in vari punti di Palma.
Infine, ci sono lei foto scattate in altri luoghi dell’isola come Soller e la spiaggia di Es Trenc.
Tutte le foto sono anche linkate a www.giovistravels.com

venerdì 18 luglio 2014

Altri Mondi: Palau March a Palma de Maiorca

Continuando nella pubblicazione di foto di Maiorca e dei relativi commenti eccoci a Palau MarchSi tratta di un palazzo al centro di Palma fatto costruire appena una settantina di anni fa dal finanziere Juan March Ordinas, noto come il 'banchiere di Franco'. Si dice che divenne uno degli uomini più ricchi del modo con affari non sempre chiari, ma almeno ne spese una buona parte per costituire la Fondazione March che riflette le sue passioni e quelle di suo figlio Bartolomé, anch'egli appassionato collezionista d'arte.
Lo splendido porticato con vista sul Palacio de la Almudaina accoglie una serie di sculture di arte moderna e contemporanea, incluso un busto realizzato da Auguste Rodin.
All'interno, oltre ai portolani maiorchini del‘500 e opere di vario genere, è esposto un presepe napoletano del '700 ricco di ben 2.000 pezzi.
Vi propongo una ventina di foto del terrazzo porticato, delle sculture e di qualche pezzo del presepe.

giovedì 17 luglio 2014

Altri Mondi: cose da marinai ... inglesi

All'esterno dello stesso negozio di libri antichi che esponeva il portolano di cui al precedente post, c’era anche questa sagace spiegazione del perché in inglese la nave, invece di essere un sostantivo neutro come dovrebbe essere, è femminile.

Chiaramente solo quelli che hanno una certa dimestichezza con la lingua di Albione potranno cogliere le sfumature e i giochi di parole.
E non mi tacciate di maschilismo … leggetela come una arguta barzelletta.

mercoledì 16 luglio 2014

Altri Mondi * Arte contemporanea a Mallorca Picasso, Dalì e Mirò

A Maiorca, non solo a Palma ma anche in alcune altre località minori come Sollér, si possono ammirare tante opere di arte contemporanea. 
Particolarmente numerose sono quelle di Joan Miró il quale dal 1956 fino alla sua morte (1983) risiedette nell'isola dove svolse un’intensa attività creativa. 
Vi propongo qualche foto di sue opere
Ma c'è anche tanto Picasso del quale vi propongo una serie di piatti e, nel secondo gruppo di foto, altre ceramiche insieme con varie opere di Salvador Dalì e una di Léger.

martedì 15 luglio 2014

Cartografia nautica maiorchina del '500

Passeggiando nel centro storico di Palma, in una stradina un po' fuori mano mi sono imbattuto in un negozio di libri (usati e antichi). All'esterno era esposta la riproduzione di una carta del '500 rappresentante l'intero Mediterraneo. Pur essendo di dimensioni relativamente ridotte, l'autore era riuscito a piazzare un buon numero di toponimi, nella stragrande maggioranza costieri visto che che era un portulano destinato ai navigatori.
Chiaramente ho subito focalizzato la mia attenzione sul Tirreno meridionale. Nella prima foto ho inquadrato l'Italia intera e nella seconda solo le coste campane e le sue isole. Fra la dozzina di toponimi costieri dal Garigliano (solo Gari) a Sapri c'è anche C. Campanella, unico toponimo fra Castellammare e Salerno. Oltre alle tre Pontine più a ovest, sono evidenziate le isole maggiori del Golfo di Napoli, Capri e Ischia, ma non Procida. 
Singolarmente, però, il cartografo aveva correttamente rappresentato i tre Galli!
  
Dopo qualche giorno ho letto che nel Palau March (del quale parlerò più dettagliatamente in un prossimo post) esiste una sala esclusivamente dedicata alla cartografia maiorchina dei secoli XVI-XVII e, inutile dirlo, ci sono andato. 
portolani in questo caso erano originali e disegnati su pelle (pergaminodi solito di vitello), da cui la forma non regolare. Questo in basso è del 1535 e misura 55 x 93,5 cm, compreso il "cuello al oeste" come precisato in didascalia. Similmente alla maggior parte delle altre carte esposte rappresenta il Mediterraneo e "los mares Negro y de Azov y las costas atlanticas de Europa y norte de Africa". 
In linea di massima i portulanos erano molto simili fra loro, ma talvolta i relativamente pochi toponimi erano diversi. 
Nel primo stralcio in basso (da un pergamino del 1561) a destra di Napoli si leggono nell'ordine: Tore, Castelammare, Sorento (addirittura in rosso come Gaeta, Napoli e Salerno), Maiora e Salerno. Manca la Campanella, ma in compenso oltre ai tre puntini per Li Galli, ce ne sono anche due per quelli che dovrebbero essere i Faraglioni di Capri.
Nel secondo (1620) sono invece riportati: Latorre, Castellammare, C. Campanella, un toponimo che non mi è chiaro (i suggerimenti sono benvenuti), Salerno. Per quanto riguarda scogli e isolotti, oltre ai soliti Galli appare un puntino fra Torre e Castellammare che dovrebbe essere Rovigliano e un altro più in basso che dovrebbe essere il Vervece, ma non ci sono i Faraglioni.
  

Altri Mondi: Bellever, un castello circolare

Il Castell de Bellver, costruito fra il 1300 e il 1311 in stile gotico maiorchino, fu progettato per essere al tempo stesso palazzo reale e struttura difensiva.
Salta subito all'occhio la particolare struttura circolare di questo castello, unica in Spagna. Le mura, la corte interna e anche i tre bastioni addossati al castello sono di forma circolare così come la Torre del Homenaje, esterna dall'edificio ma collegata ad esso. 
Il palazzo è su due livelli disposti attorno alla corte circolare al centro della quale c’è un pozzo attraverso il quale si estraeva l'acqua dalla grande cisterna sottostante.
Tutte le stanze affacciano sulla corte attraverso una galleria di archi gotici. 
Il castello è circondato da fossato.
Attualmente è visitabile, ospita il Museo della Città e nella corte centrale si svolgono concerti.

lunedì 14 luglio 2014

Botanica, curiosità e precisazioni: Cycas revoluta L.

Le Cycas (e non chicas che sono le ragazze spagnole), pur essendo piante introdotte e non prettamente mediterranee, si vedono spesso nei giardini sia pubblici che privati e anche se quasi tutti le riconoscono, sono pochi quelli che le conoscono
Costituiscono una famiglia a sé (Cycadaceae) spesso erroneamente associate alle palme, con le quali non hanno niente a che vedere avendo invece quali parenti più prossime le conifere.
Infatti sono gimnosperme, cioè piante capaci di produrre semi che però, mancando un vero fiore, non sono protetti da un vero frutto. Il nome gimnosperme deriva dal greco e vuol dire proprio "a seme nudo".
Oltre al vasto gruppo delle conifere, cui appartengono pini, abeti, larici, ginepri e cipressi, tra le più note gimnosperme attualmente presenti sulla Terra ci sono due specie abbastanza comuni come Cycas revoluta e Ginkgo biloba, esempi di fossili viventi.
Le Cycas revoluta sono dioiche (piante solo maschio e piante solo femmina), vale a dire che portano fiori di un solo tipo. Guardando semplicemente la pianta, eccetto quando è in fiore, è impossibile sapere se si tratti di una Cycas femmina (la maggior parte) o di una Cycas maschio (molto più rare).
Le prime producono queste specie di fiori formati da macrosporofilli,
  
mentre le seconde generano strobili (alias coni, ossia pigne) formate da microsporofilli disposti a spirale che possono raggiungere notevoli dimensioni. Basti pensare che quelli nelle foto, pur appartenendo a piante non certo centenarie, cresciute in ambiente non ottimale (a Maiorca, clima mediterraneo e non tropicale, una addirittura coltivata in vaso in un centro commerciale), erano entrambi alti ben oltre mezzo metro.
  
  
Nel caso avessi suscitato la curiosità di qualcuno, ricordo che in rete potrete trovare infinite informazioni relative alle Cycas, da quelle di taglio strettamente scientifico a quelle con consigli per coltivarle, anche in vaso. 
Ma attenzione alle fonti! Diffidate da chi scrive “Cycas revoluta - Palma nana” in quanto, ribadisco, le Cycas non sono palme e il nome comune Palma nana (o Palma di San Pietro) si riferisce alla Chamaerops humilis L., famiglia delle Arecaceae (le palme), angiosperme e non gimnosperme

sabato 12 luglio 2014

Altri Mondi: mangiare al mercato

Comincio la serie dei post Mallorquines parlandovi di un mercato di Palma. 
Manco a dirlo è grande, organizzato, moderno, attrezzato e pulito. C'è una grande sala dedicata esclusivamente alla parte marina ed una ancora più grande a verdure, frutta, carni, insaccati, formaggi e l'onnipresente Jamon Iberico. 
Nella prima ci sono anche un paio di banchi dove si possono mangiare non solo le solite tapas di gamberi, seppioline o alici fritte, ma perfino gustare aragoste, granchi e ostriche accompagnate da buoni vini. 
Inoltre c'è anche un banco, per la verità molto poco iberico, di sushi.
  
Nella vasta parte terrestre ci sono frutta a verdure in quantità, tutte ben esposte e con i prezzi ben in vista, insaccati di tutti i tipi e in una quantità di banchi si tagliano a coltello i venerati e idolatrati Jamon Iberico. I prezzi di questo famoso prosciutto spagnolo partono da poche decine di Euro e salgono (perfino qui al mercato, in linea di massima economico) fin oltre i 150 Euro al chilo. Io ho annotato un 167,50 Euro/kg, ma ricordo di averlo visto in un aeroporto (notoriamente cari) in vendita a 280 Euro/kg, a mio modesto parere una vera follia. 
  
Oltre a tutto ciò esiste un piano superiore con un supermercato (di una grossa catena) ed un paio di ristorantini uno dei quali oltre a tapas, menù e piatti del giorno offre il servizio di cucinare il cibo acquistato dai clienti. Vale a dire che chiunque può andare al mercato, controllare la qualità e freschezza dei prodotti, scegliersi il pesce, taglio di carne, crostacei o molluschi che più gli aggradano, portarli al cuoco e dirgli come li vogliono essere cucinati.
  
Come potete vedere, non si tratta di una lurida bettola, bensì di una cucina moderna attrezzata e completamente a vista, arredamento moderno e, sorpresa finale, il servizio cottura varia da appena 3,50 euro fino a un massimo di 6,00, che comunque non è assolutamente caro. 
Si può sia portare via il cibo cucinato, sia consumarlo sul posto completando ovviamente il pasto con tapas e/o pinchos (come antipasto), contorni a scelta, vino o birra e caffè. 
Perché qui non ci sono questi tipi di mercati?